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Bud Spencer: l’ultimo a rimanere in piedi

Una sera di tanti anni fa, una sera della nostra infanzia, un piatto di fagioli in tavola, pronti a essere divorati con grande voracità, “bisogna far presto che inizia il film” dice mio padre. Finito di mangiare quel piatto di fagioli fumanti con gran gusto, proprio come il protagonista del film che ci si appresta a guardare, ci si piazza sul divano in trepidante attesa dell’inizio. Pugni, risate e scazzottate e quel senso di leggerezza che accompagnava ogni suo film. Nostro padre rivive attraverso i nostri occhi pieni di gioia la sua infanzia, e noi, forse un giorno, la rivivremo attraverso gli occhi di nostro figlio. Questa è una scena vissuta da tante persone, sia che si parli degli anni settanta, ottanta, novanta, ecc. Ieri è scomparso colui che ha reso possibile innumerevoli serate di divertimento e risate non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Ci lascia Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, all’età di 86 anni. All’attivo oltre cento film, di vario genere, fra cui un film con Ermanno Olmi. Una grande carriera sportiva, soprattutto nel nuoto, sua grande passione; è stato infatti il primo italiano a fare i cento metri in meno di un minuto. Carlo ha inoltre provato a cimentarsi nella pallanuoto, nel pugilato e nel rugby. Tantissimi interessi diversi, dal volo alla musica, che lo rendevano una persona dinamica sempre pronta a provare qualcosa di nuovo. Dichiara infatti in un’intervista di aver fatto di tutto nella sua vita, tranne, detto con ironia, il ballerino classico e il fantino.

Bud Spencer ci ha dato tanto con i suoi film, sia da solo che col suo inseparabile amico Terence Hill. Ogni loro pellicola ci trasmetteva un senso di bontà e semplicità unico (senza scadere nel melenso), che poche altre cose riescono a darci, quel senso che ci fa dimenticare tutti i nostri problemi per un momento, che ci diverte e ci intrattiene con semplicità e una classe unica; è una sensazione provata solo in compagnia di un vero amico, ossia quello che lui era un po’ per tutti noi. Bud Spencer era anche un eroe, forse uno dei primi veri eroi del cinema italiano. Non aveva super poteri e non ne aveva bisogno, era grosso e i suoi cazzotti potevano stendere chiunque, ma non era nemmeno questo a fare di lui un vero eroe. Tutti gli eroi lottano contro il male, ma c’è differenza fra eroe ed eroe. Per quanto nello svolgimento di una storia l’esito sia scontato, non tutti trasmettono al pubblico il loro eroismo allo stesso modo.  Alcuni li senti più vicini a te, provi maggiore empatia, sai che in loro puoi riporre la tua fiducia al 100% e sai che, quando arriveranno, non ci sarà più nulla da preoccuparsi, perché loro non ti deluderanno mai e saranno sempre lì nel momento del bisogno. Questa sensazione si genera inconsciamente, quasi indipendentemente dallo scontato contesto narrativo. È un sentimento che tutti da bambini abbiamo provato nei confronti dei nostri eroi preferiti; crescendo e diventando adulti, solo pochi personaggi sono riusciti a trasmetterci questa sensazione così genuina. Bud Spencer era uno di quelli. Il gigante burbero ma dal cuore d’oro nella sua semplicità ci ha insegnato tante cose: a sfruttare i nostri doni (nel suo caso l’essere grossi e forti) a fin di bene, a non montarsi mai la testa e a farsi una risata in ogni situazione, anche nelle peggiori.


Se volete sapere di più su Bud, su Carlo, sulla sua vita vi consigliamo il libro "Altrimenti mi Arrabbio" scritto con Lorenzo De Luca. Una biografia che racconta nel dettaglio quella che è stata la sua straordinaria vita, lui non si definiva un attore, si definiva un personaggio, un personaggio che conoscevamo tutti e che, in un modo o nell'altro, ci ha ispirato.
Ecco l'esperienza del nostro direttore Daniele Daccò:

"La sindrome del Grosso non colpisce tutti, ma chi ne "soffre" scopre i primi sintomi da piccolo. Tutto magari comincia, come è stato con me, con un film di Bud Spencer. Ti siedi lì nella grande sala insieme a tuo nonno e vedi il titolo "Trinità" in televisione.

In realtà sei sempre stato "portatore sano" della sindrome del grosso, sei sempre stato un po' ciccio, con le spalle un poco più larghe di quelle dei tuoi compagni di elementari, magari un poco più forte e quando giocavate in cortile a "Cip & Ciop: Agenti Speciali" tu facevi sempre Monterey Jack.

I parenti guardavano te e poi tuo nonno, così è stato, e vedevano questo omone di due metri e 150 chili e sapevano che, in un modo o nell'altro, tu non potevi essere poi così tanto differente.
Quando hai dieci anni, ma gli altri sanno già che un giorno porterai la barba.
Ma sapete, non puoi esser grosso e basta, devi essere grosso, magari un po' burbero, ma sempre buono.

Perchè non serve a niente essere grossi se sei malvagio, se fai la cosa sbagliata. Bud Spencer mi ha insegnato questo: non a picchiare perchè sei grosso, ma a difendere perchè sei grosso.
Anche per questo amo i personaggi forzuti, anche per questo ho scelto lo pseudonimo "Rinoceronte", ricordo Fezzik, La Cosa dei Fantastici 4, tutti i miei Barbari Orchi di D&D, i libri di Conan, il Razziatore, anche oggi ho scelto Roadhog in Overwatch.

Bud Spencer mi ha insegnato a essere grosso, grosso in molti modi, un grosso personaggio, un grosso esempio, un grosso omone più coerente possibile a se stesso.
Perchè non importa se sei nel Far West, nella Giungla, a Miami o in Puglia a metà del 1400, devi sempre essere te stesso.
E se sei Grosso, a modo tuo, è meglio."

Il figlio Giuseppe riferisce che l’ultima cosa detta da Bud è stata “Grazie”, ma siamo noi che vogliamo ringraziarlo, sia come Bud Spencer, il personaggio, che come Carlo Pedersoli, l’uomo, per essere stato un pilastro insostituibile della nostra infanzia e per tutto quello che con la sua vita ci ha insegnato, come uomo che non ha mai smesso di imparare e di migliorarsi cercando di conoscere sé stesso. 
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