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Il salmone del dubbio

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Molto spesso mi capita, quando discuto su internet -ma non solo- di religione, di arrivare al punto della conversazione in cui mi si rivolge una frase che inizia con “ma voi atei…”, o “tu sei ateo, quindi…”. Tutte le volte che succede, la conversazione così com'era proseguita fino a quel momento si interrompe necessariamente, perchè io non posso far altro che rispondere “no, guarda, non sono ateo, sono agnostico”, e questo diventa immancabilmente il nuovo argomento di discussione.
Se, poi, è presente anche un ateo, le cose tendono a farsi molto interessanti molto in fretta.
Ho deciso quindi di sfruttare questo spazio per dire la mia sulla questione teismo v. agnosticismo v. ateismo. Siccome ho la fortuna di poter articolare il discorso con la calma che questo argomento richiede, prima di tutto voglio esplicitare un numero di concetti chiave, sulla cui definizione spesso, come si dice, casca l'asino.
-Credere e sapere (o conoscere): credere, almeno per quanto riguarda il discorso che sto facendo, è un termine tecnico. Significa essere convinti di qualcosa per fede, cioè senza che ci siano prove. Si può credere che dio esista, si può credere che gli ufo abbiano visitato la terra, si può credere che l'universo sia governato da leggi. Non si può covare l'illusione che questa sia però null'altro che una decisione arbitraria, e non si può credere a qualcosa per cui si hanno delle evidenze. O meglio: si può, ma è sciocco, perchè una volta che si possiede la prova che qualcosa esiste (o non esiste, o è fatta in un certo modo…) si sa che quel qualcosa esiste (o non esiste, o è fatta in un certo modo). Sapere (o conoscere) è un altro termine tecnico, che si riferisce all'atto di convincersi di qualcosa sulla base di fatti, di evidenze, di prove. Io so che la Terra è tonda, non ho bisogno di crederci. So che sono fatto come sono fatto a causa dell'evoluzione e della selezione naturale. E così via.
-Prova: di nuovo, un altro termine tecnico: quando parlo di prova, o di evidenza, mi riferisco specificamente al tipo di prova che può offrire la scienza (nell'accezione più lata possibile), ovvero il tipo di prova che è condivisibile senza dipendere strettamente dall'esperienza individuale, che può essere di tanti tipi. Mi spiego con un esempio banale: se chiedo a un amico di darmi la prova che il giorno precedente non è potuto venire alla mia festa di compleanno perchè ha fatto una visita medica, quello può agevolmente produrre documenti che testimoniano il fatto, e una volta fatto questo la sua persona viene rimossa del tutto dall'equazione. Non serve affinchè la prova sia valida. Se invece gli chiedo di darmi la prova che la Madonna esiste, e lui mi risponde dicendomi che è apparsa davanti al lui e lui solo mentre andava dal medico, io non ho modo di essere sicuro di quel che mi sta dicendo. Occhio: non voglio dire che non sia vero. Solo che io non ho modo di saperlo, non senza tirare in ballo concetti come fiducia ed affidabilità personale. Quindi, questa non è una prova.
-Dio: per questo discorso utilizzerò la parola “dio” sempre con la minuscola, perchè non mi riferisco ad alcuna entità in particolare, ma al concetto. Sempre per questa discussione, definisco “dio” come ciò che non appartiene al mondo fisico, ma esclusivamente a quello metafisico. Questo lo rende, per definizione, inconoscibile, e prove della sua esistenza inconcepibili. Tutto il resto delle caratteristiche tipiche di dio (ha una volontà, è infinitamente buono, è onnipotente, interviene nel mondo, non interviene nel mondo, è geloso, ha la testa di elefante, ascolta le preghiere…) non rientrano strettamente in questa definizione, che è volutamente la più ampia possibile.
Ora che ci siamo messi d'accordo sulla terminologia, posso affrontare il discorso che mi sta più a cuore. Io non credo in dio. Perchè mi considero agnostico, anziché ateo? Una fastidiosamente comune ed erronea idea vuole che l'agnostico è quello che risponde “non lo so” alla domanda “credi in dio?”, cioè che è quello che non sa se ci crede o meno. Da questo poi deriva quell'aura di codardia intellettuale (o peggio, di scarso intelletto!) che spesso ci troviamo sul groppone (insinuazioni di questo tipo si sentono anche in certe uscite di gente notevole, tipo Richard Dawkins, che pure, se torchiato abbastanza, si dichiara a sua volta agnostico). Si pensa cioè che essendo quella una domanda difficile, l'agnostico preferisce non rispondere, preferisce non prendere una parte precisa. Nulla di più sbagliato. L'agnostico, posto davanti alla domanda “credi in dio?”, risponde chiaro e tondo di no. No, non credo in dio. Credere in dio vorrebbe dire avere un convincimento assoluto e non suscettibile a cambiamento dovuto a nuovi dati (le prove di cui sopra) nell'esistenza di un'entità metafisica. Nessun agnostico pensa una cosa del genere…altrimenti sarebbe un teista, e non un agnostico.
No: la domanda  a cui l'agnostico risponde “non lo so” è quest'altra: “dio esiste?”, che è una domanda molto ma molto differente. Ed è dalla risposta a questa domanda che salta fuori la differenza fra un agnostico ed un ateo. L'ateo darebbe la stessa risposta alla prima domanda, ovviamente: “credi in dio?” “no”. Ma l'ateo risponderebbe di no anche alla seconda domanda: “dio esiste?” “no”. Ed è qui, a mio parere, che emerge il problema. Su che basi l'ateo dice che dio non esiste? Non certo scientifiche. Non esistono prove della non esistenza di dio, esiste solo la mancanza di prove della sua esistenza. Ma questo non è assolutamente abbastanza. E per quanto mi riguarda, una presa di posizione in cui si afferma qualcosa senza possedere delle prove è una presa di posizione per fede: l'ateo crede nella non esistenza di dio, non si limita a non credere alla sua esistenza.
Spesso, spessissimo, ho chiacchierato con atei che rigettavano questo pensiero, sostenendo che il fatto che non ci fosse alcuna prova dell'esistenza di dio giustificasse affermarne la non esistenza. Di più, ho parlato anche con gente che faticava a cogliere che dire “dio non esiste” non è semplicemente la negazione di un'affermazione, ma un'affermazione in sé, e quindi, se la si vuole considerare non fideistica, è necessario fornire delle prove al suo supporto. 
Altrettanto spesso mi viene presentata una distinzione ulteriore fra “ateo debole” ed “ateo forte”, secondo cui il primo si limita a non credere, senza affermare la non esistenza di dio, mentre il secondo fa quel passettino in più che lo fa rientrare nel campo dei credenti. Francamente mi sembra molto poco necessario, anche perchè “ateo debole” è solo un altro modo per dire “agnostico” senza rinunciare alla parolina “ateo” che per qualche motivo viene considerata preferibile. 
Da Bill Maher, per il quale “l'ateismo rispecchia il grado di certezza che tanto mi infastidisce nei religiosi” al già citato Dawkins, che si presenta come “ateo” per motivi politici e polemistici, il quale dice che, tecnicamente, non può non dire di essere agnostico, perchè sarebbe illegittimo dal punto di vista scientifico, passando per Isaac Asimov, il quale dice che “[essere ateo] presuppone conoscenza che non abbiamo. In qualche modo, suonava meglio dire che sono un umanista, o un agnostico. Finalmente ho deciso che sono una creatura di emozione, oltre che di ragione. Emozionalmente, sono un ateo. Non ho la prova che dio non esiste, ma lo sospetto così fortemente che non voglio sprecare il mio tempo.” e Margherita Hack, la quale è perfettamente consapevole che il suo ateismo è una posizione di fede, la distinzione fra le due posizioni è decisamente netta. Essere agnostico non è essere un ateo senza le palle, né significa non avere la più pallida idea di quello che si crede o che non si crede. E oltretutto, essere agnostico non si limita a dio: è rigettare del tutto il concetto di fede e l'atto di credere, perchè essi non sono altro che la sospensione del pensiero critico, una cosa estremamente nociva da tutti i punti di vista.
Su certe questioni si è destinati a rimanere agnostici per sempre: dio esiste? La fatina dei dentini esiste? L'universo è ordinato? Esistono altre entità al di fuori di me? La risposta a tutte queste domande non può che essere “non lo so”. Su altre questioni, invece, si è agnostici pro tempore: esistono creature senzienti sugli altri pianeti? Esiste una teiera che orbita fra a Marte e Giove? Non lo sappiamo, per ora, ma è concepibile che in futuro lo sapremo. Ma credere affermativamente o negativamente significa esprimersi prematuramente, e significa impedire un'indagine serena e animata dall'opportuno scetticismo.
Vorrei che mi diceste la vostra qui sotto nei commenti, perchè sono curioso di conoscere il vostro punto di vista. Nel frattempo, la Colonna Sonora Consigliata è un altro pezzo dei Rush, che so che ho già sfruttato, ma qui non posso non riproporre, visto che hanno scritto la canzone perfetta, uno splendido “inno all'agnosticismo”: Faithless, del loro ultimo album Snakes & Arrows (che guarda caso è tutto dedicato al tema della fede!)
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