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It’s Just a Ride

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La fiera di Lucca è felicemente trascorsa, incontrarci con tutti quelli che ci sono venuti a trovare è stato fantastico, e nonostante sia stata un'esperienza massacrante (dico la fiera, non incontrare voi!) siamo tornati a casa entusiasti e carichi di materiale che piano piano inizieremo a farvi vedere nei prossimi mesi.
Questa però è l'Università Invisibile, il mio angolino personale di Orgoglio Nerd, il luogo dove posso parlare di ciò che voglio, quando voglio, senza rendere conto al calendario e all'attualità. Niente “puntata di Natale”, quindi, né “puntata di Lucca”. Qui quello che conta è solo quanto nutrimento per la mente un argomento contiene. Ci tenevo a dirlo. Prima di abbandonare del tutto la questione Lucca, però, trovo assolutamente doveroso fare un grande salutone e un ringraziamento speciale all'appassionato lettore di questa rubrica, di cui ignoro il nome perchè scioccamente non l'ho chiesto, con cui ho scambiato qualche entusiastica parola mentre ero appollaiato a fare la guardia all'attrezzatura per le interviste: tu sai chi sei. Tantissime grazie per essermi venuto a cercare e per tutte le belle parole di stima! So che stai leggendo, quindi ti esorto a commentare qui sotto e dirmi che sei tu!
E ora, veniamo a noi. Quella di oggi è una puntata monografica dell'Università Invisibile. Voglio presentarvi uno dei miei…uhm, diciamo idoli, perchè non mi piace parlare di eroi a sproposito. Sto parlando di Bill Hicks.
Chi è Bill Hicks? Intanto, purtroppo, la domanda giusta da fare è chi era Bill Hicks, essendo morto di cancro nel '94, all'età di 32 anni. Bill Hicks era uno stand-up artist, un comico satirico. Sono da sempre appassionato del genere, adoro gli spettacoli di George Carlin, di Eddie Izzard, di Lewis Black, di Bill Maher, di un sacco di altra gente. E il bello è che ne scopro sempre di nuovi, ciascuno con il proprio stile, con i propri temi. YouTube, in questo senso, è una miniera d'oro.
Però per quanti comici io scopra e per quanti loro spettacoli io veda, non trovo nessuno che si avvicini ai fasti di Hicks. Non tanto per l'esecuzione delle battute, quello che in gergo è chiamato delivery: tutti i nomi che ho citato sono dei maestri a cui nessuno ha nulla da insegnare da questo punto di vista. Ciò che pone Hicks, per il mio gusto personale, un gradino sopra il resto è che i suoi spettacoli non si limitavano a deridere l'assurdità del quotidiano, né proponevano esclusivamente una critica satirica alla società americana, ma affrontavano questi temi come i sintomi di qualcosa di più profondo, e di cruciale: una vera lotta fra il bene e il male, cioè -parole sue- fra l'amore e la paura, con in palio l'anima dell'America e il destino stesso dell'umanità.
Lo so, sembra esagerato, sembra folle, sembra roba da esaltato. E probabilmente è così, perchè è così che Hicks era. Aveva un approccio filosofico, spirituale, qualche volta addirittura messianico nei suoi spettacoli, ed è evidente che avesse un'idea veramente altissima del suo ruolo di comico: proponeva nuove idee, esplicitamente controverse, per scuotere le coscienze dei propri spettatori; identificava chiaramente chi erano i “buoni”, cioè coloro che contribuivano al rinnovamento spirituale e al progresso dell'umanità, e chi erano i “demoni”, scatenati sulla Terra per abbassare gli standard e per trascinare l'umanità sempre più verso la mediocrità, l'apatia e la paranoia; cercava di far realizzare alle persone a cui parlava il proprio immenso potenziale scaricando l'enorme tara con cui il mondo reale, con le sue illusorie incombenze, grava sull'espressività, sull'arte e sulla creatività degli uomini. Insomma, la sua era una vera e propria missione, quella di obbligare la gente a pensare. Quella di nutrire, anche forzosamente, le menti degli uomini che avevano la fortuna di starlo a sentire con cibi nuovi e mai assaggiati. Una missione che risuona non poco con quello che nel mio piccolo cerco di fare io qui, nell'Università Invisibile.
Quello che mi piace di Hicks è che a differenza di quasi tutti gli altri stand-up artist, che come lui partono da una ugualmente disillusa e cinica analisi della società, per lui il cinismo non è il punto di arrivo, ma una realtà detestabile, da superare. Dove per Carlin il mondo moderno è un “freak show”, e lui si bea, con ironico nichilismo, del suo posto in prima fila, per Hicks il mondo è “just a ride”, una potente illusione, una cavalcata la cui direzione possiamo cambiare in ogni momento, basta volerlo. La sua vita è quindi dedicata a far sbocciare nel resto del mondo la volontà al cambiamento, contrastando tutti coloro che, per interesse o per pura miopia, riempiono la nostra vita di paura e di sospetto.
Pretenzioso? Certo. Ma consapevole di tutte le implicazioni. Per questo lo adoro, e per questo ve lo consiglio. Qua sopra c'è uno dei suoi ultimi spettacoli, dal titolo significativo: Revelations. E' del 1993, e vi invito a vedervelo tutto facendo particolarmente attenzione agli ultimi minuti dello spettacolo, dov'è condensato tutto il messaggio di Hicks per il mondo. Sapendo poi che è morto nei primissimi mesi del 1994, il tutto suona ancora più potente.
La Colonna Sonora Consigliata di questa puntata è facile facile: Third Eye, dei Tool, del loro album Aenima, il quale, guarda caso, è dedicato proprio a Bill Hicks. Hicks e i Tool, oltre ad essere vicini quanto a temi e piglio, hanno concretamente collaborato per diversi anni, con il comico spesso ospite dei loro concerti (nonché dei loro lavori: Third Eye si apre infatti con degli spezzoni di alcuni spettacoli di Hicks). I Tool, peraltro, non sono gli unici ad aver omaggiato il nostro: alcuni riferimenti si trovano nei luoghi più impensati, per esempio in Preacher di Garth Ennis, dove Jesse Custer lo incontra in un bar (o meglio, racconta di averlo fatto) e ha con lui uno scambio significativo: “Holy shit, you're a preacher!” “I guess that makes two of us”. E un piccolo cameo c'è anche in Deus Ex: vi ricordate il terremoto che inabissa Los Angeles lasciando al suo posto Arizona Bay? Bene, Arizona Bay è un'invenzione di Hicks, di cui Warren Spector è un grande fan.
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