Intrattenimento

Ken Parker: la fine del viaggio

Ken Parker vede il suo esordio nel 1977 per i tipi di Sergio Bonelli, con la storia Lungo fucile ambientata nel 1868. Da quel momento il duo composto da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo costruisce un mondo dall’ambientazione western intorno al personaggio del cacciatore di pelli (trapper) bianco e dal volto per noi singolarmente familiare (per chi ancora non se ne fosse reso conto, le sue fattezze sono quelle di Robert Redford, in particolare quello del film Corvo rosso non avrai il mio scalpo.)
Il genere puramente americano, western, assume qui una profondità unica, di grande valore. Da poco si è concluso il suo viaggio e vogliamo parlarne.
Ken Parker è un eroe che vediamo crescere e cambiare, ogni avventura lascia il proprio marchio sulla pelle e sull’anima di questo cowboy solitario.
La sua condizione non è però di chiusura ottusa verso il mondo, ma la situazione ideale in cui si sviluppa la capacità di entrare in risonanza con l’ambiente circostante.
Lungo fucile ha imparato dalla sua solitudine il valore della vita, si rende conto di cosa valga l’uccisione di un animale e il rispetto che richiede. Al contrario dei bianchi conquistatori, che calpestano quello che incontrano dopo averlo usato, tratteggianti da pochi atteggiamenti. Come le mandrie di bufali a cui sparano da un treno in corsa per puro divertimento.
La sensibilità appresa e maturata dal contatto con gli indiani è connaturata ormai nella visione del mondo, mentre l’effetto straniante del lontano West è strumento per parlare di una realtà e di problemi sociali ben noti anche al di qua dell’oceano, come le rivendicazioni sindacali dei lavoratori della fine degli anni ‘60 (collegamento non casuale con i fatti raccontati nel fumetto di un secolo prima).
Ma c’è tanto di più: la rapida e irreversibile rovina delle popolazioni indiane americane, l’annientamento della primaria risorsa di sostentamento, data dalla non curanza e dalla violenta ingordigia dell’uomo bianco e raccontata con durezza, attraverso lo sguardo disilluso e malinconico del trapper.
Ken cresce, impara e invecchia; nell’ultima storia nel Montana del 1908, i segni sul suo viso sono visibili; sono passati più di trent’anni da quell’esordio nel 1868. 
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Certo Ken Parker è un fumetto d’azione, ma il senso di quella che dovrebbe essere la giustizia sociale, rimane come filo conduttore, rendendolo un’opera impegnata.
Lo sforzo in più richiesto ai lettori è dato anche dalla scelta (innovativa per gli anni ’70) di far scarseggiare le didascalie, scegliendo anche la narrazione muta, espressiva. Il lettore è messo nelle condizioni di orientarsi da solo, interpretare il messaggio tramite i dialoghi e la narrazione per immagini, lungo i suoi vari viaggi attraverso gli Stati Uniti di fine secolo XIX.
Il destino che sembra ripetersi continuamente vede Parker coinvolto in vicende storiche più grandi di lui, spesso almeno inizialmente, nelle file della parte del più forte, chiamato a mettere ordine e a reprimere le richieste e le esigenze di chi è oppresso.
Ma non appena entra in contatto con le fasce più deboli, si trova invece a lottare dalla loro parte (gli indiani, i la classe operaia sfruttata di Boston)
È un personaggio che spesso deve scegliere, sbagliando e che deve pagare un prezzo amaro per questo. Non è l’eroe con tutte le risposte pronte e che non sbaglia mai.
Ma è una sua scelta, quella di rassegnarsi al proprio destino, accettando la sconfitta, che non potrà comunque spezzarlo come uomo.  
Tra le varie peripezie che dovrà affrontare, svolgerà anche la professione di detective a Boston, trasformandosi da cacciatore di pelli a trapper di uomini, in un lungo percorso, quello di  un uomo coerente con la sua natura.
Tra il Montana e Boston quello che continua a fare è cercare di salvare le vittime della società che trova sul suo cammino. Svolta un’indagine o costruito un ranch, una volta compiuto il suo dovere dovrà riprendere il pellegrinaggio.
Perché la fine del viaggio per lui potrà derivare soltanto da una scelta difficile.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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Commenti

  1. Probabilmente il miglior fumetto western mai pubblicato, e uno dei migliori di sempre. Fate un cenno ad un ultima storia ambientata nel 1908, forse mi manca O_o Potreste dirmi il titolo? Grazie

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