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La rabbia (mal gestita) dei Giapponesi

Uno dei principali problemi del popolo giapponese è che non è abituato a gestire un conflitto in maniera aperta e diretta.
Hanno dato prova di questo in molte occasioni durante gli anni e, forse non tutti lo sanno, tendono a dire "Sì" anche quando intendono "No" , per poi trovare un escamotage per fare quello che vogliono loro.
Questo accade molto spesso e quando si trovano chiusi in un angolo, dal quale si accorgono di non poter uscire, reagiscono in maniera quasi imprevista, ma spesso fuorviante e fuori luogo.
Nel 2009 usciva il documentario di Louie Psihoyos “The cove”, raccontando dell'annuale caccia ai delfini che avviene una volta all'anno nella baia di Taiji, in Giappone.
Non mi soffermerò troppo sull'argomento perché ne avevo scritto in un precedente articolo della mia rubrica. Vi linko il pezzo nel caso vogliate andare a dargli una lettura veloce.
Sei anni dopo vede la luce “Behind the cove” un documentario girato da Yagi Keiko, che potete facilmente trovare su Netlifx.
Lo scopo di questo prodotto è quello di dimostrare quanto il primo documentario sia mendace, di scoprirne le menzogne dette e rivelare le verità taciute.
Ma non solo.
L'intenzione primaria sembra quella di ripulire la coscienza dei Giapponesi. Il loro onore e il loro buon nome è stato macchiato e bisogna porre rimedio.
Purtroppo oltre a non riuscirci, genera nello spettatore un certo fastidio di fondo che porta a incolparli ancora di più.
Vi spiego subito perché.
Il problema principale di questo film è che invece di destrutturare “The cove” smantellandolo pezzo per pezzo, si sceglie di accusare gli Americani di serbare rancore nei confronti dei Giapponesi.
In sostanza sarebbe quello il nocciolo della questione.
Non se effettivamente la mattanza dei delfini ha luogo, qual è il reale impatto ambientale, qual è l'utilizzo che viene fatto della carne di delfino (e di balena, perché ovviamente si parla anche di quello), non ci sono dati – i pochi che vengono forniti non sono rilevanti -, non ci sono ragioni né tesi che tengano.
La questione non è se il film “The cove” ha basi o meno. 
La questione è che i Giapponesi vengono insultati e a loro non sta bene quindi battono i piedi e si arrabbiano… con sorrisi e frasi educate.
Si basa su un razzismo fittizio corredato da una buona dose di comodo vittimismo.
L'unico modo in cui controbatte è accusando gli Americani di altre cose, tirando in ballo Nixon, la guerra del Vietnam, la Seconda Guerra Mondiale, spie e segreti.
All'accusa : “Voi uccidete le balene e non dovreste per questa questa questa ragione” viene ribattuto con un comodissimo ma poco utile: “Ok ma voi usate i sonar, che in ogni caso ”.
Una volta che abbiamo appurato che entrambi siamo dei pessimi esempi di umanità, e che entrambi stiamo sbagliando, le accuse rimangono e non vengono confutate!
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Ad un certo punto, per fornire del sostegno alla caccia alle balene, vengono intervistati degli anziani  pescatori dei grandi cetacei, viene chiesto loro qual è la ragione per cui si dovrebbe mantenere tale pratica: “è una cosa che ti fa sentire un vero uomo” risponde orgoglioso uno di loro.
È questo il motivo fondante dello sterminio di una specie?
La maggior parte delle testimonianze è portata da persone di una certa età, e quando è tempo di far parlare i giovani si nota come vengano imboccati con le risposte che la regista vuole che diano.
È su questo che vuoi basare il tuo documentario, Yagi Keiko?
Sono ancorati a vecchie tradizioni che, sebbene siano retaggio di una nazione, stanno comunque distruggendo una specie animale.
È talmente infantile da risultare ignorante e imbarazzante.
Riesce addirittura a far sembrare i membri di Sea Sheperd dei personaggi posati, quando invece il suo scopo è tutt'altro.
Le scelte sbagliate di questo documentario sono così tante che praticamente non si riesce a salvare quasi nulla!
Il problema non è tanto e solamente questo film di 2 ore circa.
Il vero problema è che ci troviamo davanti ad un atteggiamento non nuovo nella gestione delle problematiche internazionali del Giappone.
Nella stessa maniera sono stati gestiti gli errori fatti dal paese figlio degli dei, con il revisionismo storico.
Cancellare, omettere, dimenticare, gettare sabbia negli occhi.
Ma la cosa peggiore in assoluto è il vittimismo.
Utilizzare come un'arma, continuamente e senza ritegno, tutto il dolore e la devastazione causati dalle due bombe atomiche. Usarlo a piacimento quando fa comodo per vincere le discussioni è il modo più infido e sbagliato che si possa fare.
A mio parere un insulto a tutti coloro che hanno perso la vita in quel tremendo capitolo della storia dell'umanità.
Come sempre quando mi occupo di queste spiacevoli sfumature, mi trovo a dover aggiungere la seguente postilla: la generalizzazione di un popolo è sbagliata, chiaro è che non tutti sono così. Alcuni tratti fanno parte della società e della cultura che l'ha sfamata, ma questo non vuol dire che non esistano persone in grado di riflettere con la propria testa e fare una scelta che esula dalla massa.
See you space cowboy

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