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Lo Hobbit: Ori, Nori e l’architettura nanica

Rieccoci a un nuovo speciale de Lo Hobbit! Continuiamo il nostro percorso che ci porterà all’uscita del film, proseguendo dall’ultimo approfondimento su Dori e parlando dunque del resto della sua famiglia, o meglio, dei suoi due fratelli minori Ori e Nori. Giusto per introdurvi brevemente i personaggi, vi diciamo che Ori è il più giovane, di cui Dori deve prendersi cura di continuo e ricordato come uno dei nani entrati a Moria con Balin. Tra le altre cose è anche tra gli ultimi a venire ucciso e menzionato da Balin stesso nel Libro di Mazarbul. Rievochiamo invece Nori che indossa un cappuccio porpora e suona il flauto, ma soprattutto ama mangiare con Bilbo Baggins, mentre dalla Warner Bros, nella panoramica sui protagonisti de Lo Hobbit, apprendiamo che nessuno sa mai bene cosa egli stia facendo, ma sicuramente è qualcosa di losco e illegale.
Abbiamo già percorso e ancora esploreremo molti aspetti legati ai protagonisti del Viaggio inaspettato, tuttavia se vi diciamo nano, qual è la seconda cosa che vi viene in mente, dopo un ometto basso e tozzo con tanta barba? A noi viene in mente tutta la loro architettura, del resto è lo stesso Tolkien a ricordarci  che i nani hanno scavato troppo a lungo e troppo in profondità.
Il pensiero non può che andare al centro delle Montagne Nebbiose, a Khazad-Dum, meglio conosciuto come Miniere di Moria, che per quanto avessero un’entrata segretissima decifrabile non dai nani ma bensì dai loro nemici elfi, sono un’opera architettonica eccezionale, a partire dal celeberrimo ponte, teatro di scontro tra Gandalf e il Balrog. Strette passerelle poste a difesa, archi altissimi e passaggi angusti costituiscono la maggior parte dell’area che tuttavia comprende anche la parte della città, relegata nel settore orientale. Si tratta della zona più antica, che contiene sia le parti di difesa sia le camere meglio illuminate, come la Camera di Mazarbul, situata all’estremità del Settimo Livello delle Miniere, famosa perché nella Compagnia dell’Anello, è il luogo dove Frodo e gli altri trovano la Tomba di Balin, irraggiata da un fascio di luce che arriva direttamente dall’esterno. Le miniere vere e proprie si estendono invece nei Sette Abissi verso ovest, dove si trovano le Porte di Durin, snodandosi attraverso tunnel e passaggi nelle profondità, che non arrivano tuttavia fino al baratro nel quale risiedono tremende creature, tra cui il già citato Balrog.
Non sono solo i nani di Tolkien ad avere architetture straordinarie, basta pensare ad Ironforge, la capitale nanica di Azeroth nell’universo di World of Warcraft, costruita all’interno delle montagne di Khaz Modan e con entrate ben distinte, protette da guardie armate d’ascia e non da un indovinello. Rispetto a tutte le altre città, Ironforge è tremendamente complessa, con passaggi serrati, mura di roccia e stanze che in realtà sono caverne; tutta la vita rumorosa e industriale dei nani si svolge tra le taverne e i negozi, da cui si sentono provenire spesso risate, anche se tutta questa giovialità sparisce nel momento in cui si cade nella lava. Sì, perché l’anello centrale della città è circondato da un fiume infuocato, che scorre anche tra edifici e aree ampiamente percorse, anche se almeno a volte c’è una rete di protezione, ma solo a volte, perché il brivido del cadere nel magma deve mantenersi costante e inaspettato, specie se non si è pratici della città.
Non lasciamoci però intimorire dal mondo fantasy, gli esseri umani (quelli veri) hanno saputo architettare strutture se non migliori, almeno simili a quelle descritte. In Cappadocia (Turchia) si trova Derinkuyu,  una città sotterranea antica di migliaia di anni composta da tredici piani che s’inabissano nelle profondità della terra, il tutto corredato di pozzi e bocchette di ventilazione che permettono di respirare agevolmente fino al livello più profondo. Sono stati rinvenuti segni di vita consistenti, da magazzini a stalle, da cucine a botteghe, da scuole a centri religiosi, e si stima che la capienza del luogo era ed è di oltre ventimila persone (alcuni calcolano fino a 50.000). Ciò che più stupisce è che a oggi sarebbe difficile edificare qualcosa del genere, figuriamoci nell’epoca in cui è stata costruita questa città e anche se la datazione resta incerta, il primo a nominare Derinkuyu è Senofonte, nel IV secolo. Da qui come in ogni cosa apparentemente inspiegabile, subentra l’immaginazione umana, con ipotesi su un intervento alieno (gli stessi alieni che hanno aiutato gli Egizi a costruire le piramidi), ma se possiamo scegliere, preferiamo fantasticare su attività naniche sotterranee, alla fine sembrano i più qualificati a creare qualcosa del genere.
Abbiamo visto dunque quanto i nani siano grandi costruttori, ma non dimentichiamoci delle loro abilità artigiane e di sopravvivenza, quindi c’è ancora molto da dire, ma per saperne di più dovrete aspettare questa volta due settimane, infatti la serie di articoli sullo Hobbit si prende una pausa per Lucca. Se per caso vi trovate in zona e volete dirci di persona le vostre impressioni e speranze sul nuovo film venite a trovarci qui!

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