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Nelle Pieghe del Tempo: cosmicomiche

Oggi esce nelle sale italiane Nelle Pieghe del Tempo, ultima fatica Disney, ispirato al primo romanzo dell’omonima serie di libri per ragazzi di Madeleine L’Engle, pubblicato per la prima volta negli anni Sessanta.
Per anni, la complessità della trama, la sua “stranezza” e le trovate estetiche visionarie e bizzarre hanno valso al romanzo la fama di impossibile da tradurre al cinema, e in effetti, a giudicare dai tentativi precedenti, questa fama è meritata. 
Disney ha deciso di affidare questa sfida a Ava DuVernay, rinomata regista indipendente celebre per alcune notevoli prove come Selma e Middle of Nowhere. Come se l’è cavata? Abbiamo preso parte all’anteprima del film, ed ecco cosa ne abbiamo ricavato.
Iniziamo dalla trama: Meg Murry è una ragazzina complicata, intelligente e molto portata per la matematica ma piena di complessi dovuti ad una vita familiare difficile. Naviga attraverso la sua vita assieme al fratello minore Charles Wallace, bambino prodigio, e alla madre, brillante fisica che a sua volta fatica ad accettare la scomparsa nel marito. Il padre di Meg, Alexander, anche lui un fisico d’avanguardia, è scomparso anni fa ed è ufficialmente coinvolto in un progetto governativo top secret. Tutti sono convinti che in realtà sia morto, ed è soltanto grazie all’arrivo di tre bizzarre signore, dai nomi ancora più bizzarri, che Meg e Charles Wallace, in compagnia dell’amico Calvin, scopriranno un mondo molto più vasto e la verità su loro padre. L’universo è impegnato in una cosmica lotta fra il bene e il male, fra la luce e l’oscurità, e la famiglia Murry è rimasta suo malgrado incastrata in questa battaglia quando il padre ha scoperto un modo per viaggiare per lo spazio con la forza del pensiero ed è finito per errore sull’unico punto da cui non è possibile fare ritorno, il pianeta Camazotz, che ha ceduto definitivamente alla personificazione del male, la “cosa nera”. Ora la salvezza di Alexander ricade sulle giovani spalle di Meg, Charles Wallace e Calvin, che scopriranno che combattere il male nell’universo significa innanzitutto combatterlo all’interno di loro stessi.
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Una considerazione di fondamentale importanza riguarda il contesto: come abbiamo detto, questa è una storia per ragazzi nata negli anni Sessanta. Molto di quello che può apparire allo smaliziato sguardo contemporaneo come ingenuo, fin troppo semplice e ovvio, può venir visto sotto una luce migliore se si tiene conto di questo. L’antagonista è molto archetipato, senza particolari caratteristiche che lo rendano memorabile o peculiare: è letteralmente l’oscurità, che si sta lentamente spandendo nell’universo a causa della pigrizia della luce. I protagonisti stessi si imbarcano in un viaggio alla scoperta di sé che può apparire fin troppo semplicistico, soprattutto se confrontato con analoghe esperienze dei protagonisti di altre serie di romanzi e film per giovani adulti degli ultimi anni. Ma, appunto, il contesto è importante: Nelle Pieghe del Tempo ha dalla sua, appunto, il tempo.
Detto questo, parliamo del film. Ci è piaciuto? Per una volta, non ci perdiamo in giri di parole: no, non ci è piaciuto. Non sappiamo dire se si tratta effettivamente dell’”infilmabilità” di cui accennavamo all’inizio dell’articolo, ma questo tentativo della DuVernay ci è risultato confuso, troppo pieno in certe parti e clamorosamente scialbo in altre, con personaggi francamente insipidi che hanno fallito del tutto a creare interesse nelle loro vicende. Visivamente esagerato, coloratissimo, immaginifico all’eccesso, e non lo diciamo come complimento: se certe scelte funzionano, molte altre appaiono così tanto pacchiane da rendere impossibile concentrarsi e prendere sul serio quello che sta succedendo nello schermo, perfino con la tara di essere un film per bambini. In particolare siamo sbalorditi (di nuovo: non è un complimento!) dalla presentazione delle tre signore, Cosè, Chi e Quale.
Dal punto di vista della narrazione, poi, l’intero impianto non funziona. Il film parte lento, impenna quasi subito per mantenersi in crescendo per tutto il tempo, facendoci credere che stiamo ancora all’inizio di una grande avventura fatta di chissà quali colpi di scena…finchè il tutto si risolve così, all’improvviso, senza cerimonie, nella maniera meno soddisfacente immaginabile. Anche tematicamente DuVernay fatica a trovare una dimensione che le sia congeniale: alle volte sembra un film di fantascienza, con tanto di scena con scienziati visionari che spiegano alla lavagna una scoperta che nessun altro comprende, altre volte sembra La Storia Infinita, con personaggi che si trasformano in grosse foglie di lattuga volanti da cui tuffarsi in mezzo a un campo di fiori senzienti, e altre volte ancora ci si ritrova in scene à la Stephen King, con inquietantissimi bambini che palleggiano all’unisono di fronte a villette a schiera tutte identiche. Certo, molto di questa ambiguità tematica è proprio dell’opera originale, ma, per quanto fosse difficile, il film non riesce a districarvisi. 
Gli attori fanno, al meglio, un lavoro di mestiere. Dobbiamo citare Oprah Winfrey nei panni della signora Quale, semplicemente perché è stata una delle trovate pubblicitarie di maggior peso: è l’unico motivo. Per il resto, Chris Pine, Galifianakis, Gugu Mbatha-Raw e soprattutto Reese Witherspoon fanno il loro, ma niente di memorabile, più per responsabilità della cornice che loro personale. I tre attori ragazzini faticano a restituire le complesse emozioni che i loro personaggi stanno vivendo, e purtroppo, essendo un po’ il punto focale del film, è un problema che si percepisce per tutta la visione.
I messaggi, anche molto importanti (amati per quello che sei, apprezza i tuoi difetti, non pensare che gli adulti siano infallibili, non permettere all’odio di controllarti) ci sono, sebbene ben nascosti dietro una trama confusa e un sacco di CGI, e questo rende Nelle Pieghe del Tempo un film adatto ai ragazzi più piccoli. Solo a loro, però, e solo in attesa che siano pronti per saghe cinematografiche migliori.
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