Intrattenimento

Quarta parete: i personaggi che sanno di essere personaggi

Succede ogni tanto. Stai guardando lo schermo, i personaggi nello schermo, la loro vita fittizia, le loro vicende. Ti stai appassionando a quei canovacci che molto spesso sono prevedibili e ti piacciono per quello, perché rassicuranti, o forse al contrario cerchi di venirne stupito. Ti immergi in un altro mondo.
E poi, dall'altra parte dello schermo, qualcuno si gira. Guarda la telecamera come se sapesse che là dietro ci sei tu. E a volte ti parla.
Si chiama rottura della quarta parete, dove per quarta parete si intende la divisione tra il mondo fittizio e la realtà.  Ed è una grossa tentazione per un autore, e assieme un'arma a doppio taglio. Fare metafiction, inserire nella tua storia degli strappi alla sospensione dell'incredulità, rendere i personaggi consapevoli di essere dei personaggi, farli rivolgere all'audience, allo spettatore, all'autore. O fare entrare l'autore nella storia stessa. Sono strumenti che, se possono aggiungere intelligenza alla storia, rischiano anche parecchio: se non gestiti bene possono farla apparire inutilmente pretenziosa, fredda, e distogliere il coinvolgimento dello spettatore per un tentativo sballato di apparire intelligenti.
Sono strumenti – come tutti quelli della narrazione, in fondo – che van saputi usare bene. Ma quando vengono usati bene hanno effetti molto interessanti, per esempio di commento. O possono essere estremamente divertenti. Deadpool per esempio è il beniamino della rottura della quarta parete, un personaggio consapevole di esserlo e capace di riflettere sulla natura delle scatole gialle in cui sono scritti i suoi pensieri. Però non è stato il primo nell'universo Marvel: lo precede l'adesso meno conosciuta She Hulk, che dalla gestione di John Byrne (1989) in poi si mette a parlare con l'autore, di solito litigandoci o minacciando di licenziarlo dalla gestione del proprio stesso personaggio. Tanto che in Marvel Vs. Capcom 3 la verde avvocatessa e il mercenario in rosso possono combattere tra di loro, e se D. viene sconfitto da She-Hulk come ultimo nemico lei lo sbeffeggerà dicendo che "se fossimo nel 1991 ti picchierei IO con una barra della salute": da notare che la barra della salute per picchiare l'avversario è esattamente la mossa finale del rosso. Considerato che nel '91 Deadpool era appena stato creato, capiamo le ragioni della rivalità.  
L'autore che entra nella propria opera: un altro piatto che scotta, e non è detto che possa essere usato solo a fini comici. Per esempio Stephen King, il Re in persona, si autoinserisce nella sua saga epica della Torre Nera, anche se in modo peculiare (in quel mondo, Roland Deschain e compagni esistono davvero anche se King ne scrive le avventure.) Mentre nella sua gestione di Animal Man, il nostro amato scozzese diabolico Grant Morrison appare per davvero in un'accorata discussione con Buddy, l'eroe colpito da troppe tragedie, cercando di giustificarsi col fatto che più il protagonista soffre più può riscuotere successo di pubblico. La riflessione metanarrativa può andare lontano, colpire gli stessi limiti del tuo mezzo espressivo e andare oltre le risate.
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Opere nate come parodia/omaggio, o comunque fortemente referenziali e citazioniste, possono ricorrere a questo mezzo. Pensiamo a Rat-man, a quando si mette a parlare col lettore o ad essere consapevole della propria natura di personaggio, o alle apparizioni dello stesso Leo Ortolani. O ad un altro piccolo capolavoro come Order of the Stick, la parodia del classico gruppo di avventurieri da Dungeons & Dragons che in modo simile al Ratto sa destreggiarsi tra battute assassine e personaggi indimenticabili, che a volte soffrono come (e a volte in modo più credibile) delle loro controparti 'vere'. Mai smettendo però di ricordare che sono personaggi, in uno stranissimo equilibrio tra sospensione dell'incredulità e riflessioni meta-. Tanto che uno degli antagonisti di OotS ha proprio l'obiettivo di mantenere la storia 'perfetta': ha deciso chi degli eroi è il protagonista, quali dinamiche narrative lo devono colpire e quindi cercherà di eliminare chiunque esca fuori dal canovaccio.
Oppure può essere un rimando al teatro, dove i personaggi monologano spesso rivolgendosi al pubblico. La nuova serie TV House of Cards per esempio, piuttosto shakesperiana nella sua storia di un politico pronto a tutto per l'ascesa al potere, vede Kevin Spacey – nella parte da protagonista – rivolgersi spesso alla telecamera come se solo noi dall'altra parte dello schermo, incapaci di intervenire, abbiamo il diritto di saperne i segreti. E' una serie di espedienti, insomma, molto meno unicamente Nerd di quanto non sembri.
E potremmo andare avanti per ore a nominare opere che infrangono il quarto muro: Supernatural (in un episodio i fratelli Winchester finiscono in un universo alternativo dove esiste una serie chiamata Supernatural imperniata sulle loro vicende), gag da manga, la bellissima visual novel Ever17, il classico della comicità inglese Blackadder… il fascino di questo passo dall'altra parte dello specchio continua a colpire. E ogni tanto è salutare sapere che una storia è una storia, e rifletterci su.

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Commenti

  1. Io speravo uscisse anche per psp, ma dall’uscita della Vita la sony ha abbandonato la sua vecchia console portatile :/ Comunque anche io ci spero tanto, adoro i giochi lego e questo secondo me sarà migliore degli altri!

  2. Anche in Metal Gear Solid , se ricordate il momento con Psycomantis , ne e’ un esempio nel campo vidoludico.

  3. Mel Brooks utilizza la rottura della quarta parete molto di frequente nei suoi film, come non ricordare in “Balle Spaziali” lord Casco Nero che guarda una videocassetta piratata proprio di Balle Spaziali.

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