Il “58 Buchi”

Il gioco è costituito da due file di 10 buchi ciascuna, circondate da un arco di altri 38 buchi. Nell’arco, un buco ogni 5 è segnalato in qualche modo, e il buco all’apice è sempre il più grande, e da molti è ritenuto come l’obbiettivo da raggiungere per vincere. Le regole di 58 Buchi sono sconosciute, ma potrebbero ricordare quelle del moderno Backgammon (che però sembra derivare dal romano Tabula, nato molto più tardi), con pietre o bastoncini usati come segnalini e spostati lungo i buchi, fino al raggiungimento di un obbiettivo.

“58 Buchi” è anche conosciuto come “Cani e Sciacalli”, animali con cui erano rappresentati i pezzi del gioco, ritrovato integro nella tomba del Faraone Amenemhat IV (sec. XVIII A.C.).

Il gioco si diffonde rapidamente a partire dall’Età del Bronzo nelle regioni dell’antico Medio Oriente, tanto che lo ritroviamo tra le altre in Egitto, Mesopotamia e Anatolia. Ritrovare entro un così ampio territorio lo stesso gioco, nello stesso periodo, mostra come già allora questo genere di passatempi fosse in grado di attraversare i confini culturali e geografici esistenti con stupefacente velocità.

“Le persone usano i giochi (da tavolo) per interagire tra loro” dice Crist, e sono “qualcosa di unicamente umano. Spostare pietre da uno spazio all’altro per terra non ha effetto nella tua vita quotidiana, ma ti aiuta ad interagire con un’altra persona. Il gioco diventa quindi un mezzo per interagire quasi simile ad un linguaggio.”

La versione scoperta in Azerbaijan potrebbe essere più antica del famoso set ritrovato in Egitto, ma non è il gioco più antico conosciuto: datati intorno al 3000 A.C. troviamo infatti il Gioco Reale di Ur e i giochi egiziani di Senet e Mehen.

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