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Alla scoperta di Aleksandar Zograf

Saša “Aleksandar Zograf” Rakezić è un gradissimo fumettista, per motivi assai poco ovvi. Come lui del resto: viaggiatore indefesso e conoscitore di una buona parte del pianeta, risiede da sempre nella nativa Pančevo, un sobborgo industriale di Belgrado che di turistico o anche solo di storico e monumentale – a differenza della splendida capitale – ha assai poco.

Posso pensare di vivere solo qui” è una costante saldissima e insospettabile nel pensiero di un autentico globetrotter, cosmopolita per istintiva vocazione e curiosità verso ciò che non si conosce, a partire dal prossimo.

E come capita spesso, è questa saldezza di radici e identità che conferisce al suo sguardo un’apertura e un’ampiezza che abbraccia il mondo.

Saša è “Fratello di sogno” di uno sciamano del Nordamerica, che gli ha conferito un suo nome indiano.

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Ha scoperto l’unico fumettista Inuit di cui – a quanto mi risulti – ancora oggi si sia mai sentito parlare, incontrato dopo anni di corrispondenza (con carta e penna, ovvio).

Fu tra i primi (forse il primo in assoluto) cittadini serbi a recarsi negli Stati Uniti dopo la fine dei bombardamenti NATO del 1999, su invito di una Università.

È un profondo conoscitore dell’Italia, che ha battuto palmo a palmo, visitandone angoli spesso sconosciuti ai residenti (cosa abbastanza normale nel nostro paese): per un italiano, parlare con lui della propria regione significa quasi sicuramente scoprirne luoghi o aspetti nuovi. Sono considerato una persona normalmente aperta e con una ragionevole conoscenza dei luoghi, a partire da quelli in cui vivo e che frequento abitualmente, e regolarmente, da quando ci conosciamo, ogni volta che con Saša si parla dell’Italia o del suo ultimo viaggio nel nostro paese (ospite di un festival, di una manifestazione o semplicemente di amici) scopro qualcosa che non so.

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Si potrebbe continuare a lungo, inanellando un elenco davvero unico di luoghi geograficamente vicini eppure culturalmente remoti, noti eppure esotici, del tutto sconosciuti ma con la curiosa capacità di risultarci stranamente famigliari, che Saša ha visitato lasciandocene una testimonianza unica nei suoi fumetti.

Che, di nuovo, sono come lui. Cominciarono a circolare alla fine degli anni Ottanta in fotocopie di pessima qualità. Esatto: fotocopie infilate in una busta e spedite in giro per il mondo. Il tempo di arrivare nella redazione della Fantagraphics Books – da decenni il punto di riferimento dell’editoria fumettistica indipendente di qualità – e furono pubblicate subito. Erano storie singolarissime con titoli come Life Under Sanctions (“La vita sotto le sanzioni”, con riferimento all’embargo internazionale che a un certo punto colpì il regime di Slobodan Milošević), e Psychonaut, incentrato sulle esperienze ipnagogiche che per anni hanno ispirato i suoi fumetti. Ha anche curato  Flock Of Dreamers (“Stormo di sognatori”), un singolarissimo volume dedicato al fumetto e agli autori di ispirazione onirica.

Aleksandar Zograf

Poi iniziò una serie che prosegue tutt’ora di brevi storie di due pagine, che tra poco festeggeranno il sorprendente traguardo di 500, per 1.000 pagine di fumetto tonde tonde. Episodi minimi, su ogni possibile argomento, in occasione di ogni possibile iniziativa, all’indomani di uno qualunque dei suoi tantissimi viaggi. Privi di personaggi fissi che non fossero lo stesso Saša o provenienti dal suo microcosmo personale, come la moglie Gordana.

È giusto ricordare che il brutto termine “graphic journalism” (perché non “giornalismo a fumetti”?) è entrato nell’uso quando già da anni Saša aveva fatto dei viaggi, della cronaca e del reportage da luoghi e paesi un proprio personalissimo filone di storie, non per nulla rapidamente assurto a dignità di genere.

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Fumetti che attingono a suggestioni ancestrali e dotati di una forza espressiva primordiale, per nulla limitata dall’essenzialità di uno stile grafico elementare. Di una  espressività e una immediatezza che tanti ottimi e blasonatissimi autori inseguono inutilmente per tutta la vita.

Testi di Andrea Plazzi

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