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BlacKkKlansman: gli attualissimi anni '70

Ampiamente celebrato al Festival di Cannes e premiato con il Grand Prix Speciale della Giuria, BlacKkKlansman è finalmente arrivato anche nelle sale italiane. Si tratta del ritorno ufficiale sul grande schermo di Spike Lee, dopo una serie di opere destinate principalmente alle piattaforme di streaming con una distribuzione cinematografica limitata. Ed è un ritorno assolutamente in grande stile, come abbiamo anticipato in apertura del pezzo, con un film di grande qualità, pregno della poetica e dello stile del regista statunitense, capace di colpire le ipocrisie della società moderna e di attaccarla direttamente al cuore. BlacKkKlansman è tutto questo, ma ne parliamo meglio più avanti.

La storia incredibile di BlacKkKlansman

La storia presentata film è apparentemente incredibile. Tratto dall’omonimo libro, edito in Italia da tre60 e scritto dal protagonista stesso, è il racconto di come un detective afroamericano sia riuscito a infiltrarsi all’interno del Ku Klux Klan, una delle più violente e pericolose organizzazioni segrete di suprematisti bianchi mai esistita. Tutto prende il via con l’apertura di una posizione all’interno del corpo di polizia di Colorado Springs, grazie alla quale Ron Stallworth diventa il primo agente di colore della città. Passato al lavoro sotto copertura, dopo una prima missione in cui conosce l’attivista per i diritti degli afroamericani Patrice si ritrova a controllare i giornali alla ricerca di informazioni. È qui che trova, incredibilmente, un annuncio per entrare nel Ku Klux Klan con un numero di telefono da contattare.

Il primo colloquio telefonico avrà un esito molto positivo e così si passerà agli incontri di persona, per i quali Ron avrà bisogno ovviamente di un aiuto esterno. Con la collaborazione del detective Flip Zimmerman, riusciranno quindi a entrare nei ranghi del Klan, arrivando fino ad avere contatti con il Gran Maestro dell’organizzazione David Duke.

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Un film necessariamente politico

Si tratta ovviamente di un film estremamente politico, su questo non c’è dubbio. E non è neanche particolarmente sorprendente, considerata la filmografia del regista, da sempre incline a inserire tematiche sociali, soprattutto legate alla discriminazione razziale, nei suoi film. È infatti importante notare che, nonostante la storia sia ambientata nei primi anni ’70, BlacKkKlansman è estremamente attuale. Non si tratta solo di una connessione generica con tanti, troppi eventi degli ultimi mesi. Lee punta chiaramente il dito e inserisce riferimenti diretti alla situazione politica attuale: frasi, ragionamenti, addirittura profezie, che richiamano alla mente situazioni note della società odierna. Il finale (che non vi racconteremo ovviamente) esplicita del tutto questo parallelismo, toccando nel profondo gli spettatori.

È interessante notare come l’odio rappresentato in BlacKkKlansman sia trasversale. La discriminazione perpetrata dal Klan (e, per estensione, di tutti i razzisti) non è diretta solamente agli afroamericani, per quanto per ragioni narrative siano al centro della pellicola, ma anche agli ebrei, agli omosessuali e alle donne, anche quando sono vicine, sentimentalmente e ideologicamente, all’organizzazione. Un messaggio altrettanto fondamentale, che è importante sia stato messo in luce.

Dal lato tecnico…

Spike Lee è in uno stato di grazia eccezionale, confezionando un film ottimo, che sa far ridere ed emozionare davvero. Tutto il lavoro sull’estetica, dalla fotografia ai costumi, fino alla regia stessa dedicato a recuperare quella tipica dei film di quel periodo è molto apprezzabile. La scena del discorso di Kwame Ture è uno dei punti cinematograficamente più alti del film, nonostante corra spesso il rischio di scadere nella retorica. Il periodo di uscita non è sicuramente ideale in questo senso, ma non ci sarebbe da stupirsi se ai prossimi Academy Awards Spike Lee fosse incluso nel quintetto dei registi in corsa per l’ambita statuetta.

Ovviamente il merito della buona riuscita del film va anche al cast, tutti estremamente in forma. Sono assolutamente convincenti e perfettamente amalgamati fra loro John David Washington e Adam Driver nei panni delle due facce di Ron Stallworth. Laura Harrier offre un’ottima performance nel ruolo di Patrice e il David Duke di Topher Grace è un personaggio reso alla perfezione, ridicolo senza mai però essere caricaturale, per non dimenticare chi sia effettivamente. Anche Alec Baldwin, presente all’inizio del film nel ruolo di un leader razzista alle prese con le riprese di filmati di propaganda, risulta memorabile nonostante la ridottissima presenza a schermo.

Insomma, BlacKkKlansman è un gran film, che merita assolutamente di essere visto, anche oltre il suo (importantissimo) messaggio sociale. Un ottimo ritorno di Spike Lee sul grande schermo.

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