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Cassini, il sacrificio per la speranza aliena

Lo, sappiamo, è troppo presto per parlare già di Cassini-Huygens, nessuno di noi ha ancora elaborato il lutto. Sono passate appena un paio di settimane da quando  la sonda, lanciata nel 1997 da una collaborazione di NASA, ESA e ASI (l’Agenzia Spaziale Italiana: un po’ di orgoglio nazionale, in questo, possiamo concedercelo), ha terminato il suo viaggio con un tuffo finale sulla superficie di Saturno. Un destino triste, e stranamente non condiviso da tutte le altre sonde del suo genere: molte sonde vengono semplicemente lasciate ad orbitare attorno ai pianeti, oppure lanciate nello spazio interstellare, come Voyager 1. Anche Cassini avrebbe potuto rimanere in orbita attorno a Saturno, e continuare a mandarci informazioni.
È vero che il suo combustibile era quasi terminato, ma è anche vero che tale combustibile viene usato esclusivamente per aggiustare le traiettorie, per rigirarsi insomma, sarebbe quindi bastato “parcheggiare” Cassini in una orbita stabile attorno al pianeta, e lasciarla lì ad orbitare per chissà quanti anni ancora. I sistemi di bordo, infatti, quelli con cui la sonda raccoglie dati e li trasmette al nostro sasso blu dall’altra parte del sistema solare, sono alimentati da batterie nucleari dette radioisotope thermoelectric generators (RTGs). Queste batterie usano i decadimenti radioattivi  per produrre calore, che viene trasformato in elettricità da una termocoppia. Si tratta di un sistema lento ma stabile di alimentazione, che sarebbe durato ancora a lungo. E allora, perché Cassini è stata distrutta? 
Se l’è andata a cercare, semplicemente. Durante il suo vagabondare per il Sistema Solare, la sonda ha studiato Encelado, una delle lune di Saturno, e ha scoperto delle cose davvero interessanti su questo piccolo satellite. Innanzitutto, ha trovato attività geologica nel sottosuolo, criovulcani e fuoriuscite di calore sotto forma di geyser, che sparano 200 kg di vapore acqueo nello spazio ogni secondo. Questo vapore acqueo va poi a formare una parte molto significativa degli anelli di Saturno, o ricade su Encelado sotto forma di neve. Vapore acqueo, quindi sì, soprattutto Cassini ha scoperto che su Encelado c’è acqua, l’elemento essenziale per la vita come la conosciamo noi. Questo “per come la conosciamo noi” è una frase detta e ridetta quando si parla di vita su altri pianeti, ma è assolutamente cruciale: quando gli esseri umani cercano la vita al di fuori del proprio pianeta, la cercano sulla base di ciò che sanno essere “vita”, e sul nostro pianeta non c’è vita senza acqua. Per questo riteniamo la presenza di acqua assolutamente essenziale, tuttavia non è del tutto da escludere che qualche forma di vita, ancora incompresa, sia possibile in sua assenza. 
Torniamo ad Encelado, dove l’acqua c’è, e tanta: un'altra delle conseguenze delle scoperte di Cassini è l’ipotesi che sotto la superficie del satellite si trovi un oceano di acqua profondo 10 km
Tutto ciò rende tale luna uno dei posti preferiti dagli astrobiologi, ovvero quegli scienziati che si occupano di cercare la vita al di fuori del nostro pianeta, e di studiare la possibilità di portare altrove la vita terrestre. Ed è proprio questo il punto, e qui sta il crudele destino di Cassini. 
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Se vogliamo che i nostri studi delle lune di Saturno, e di qualsiasi altro corpo celeste del nostro sistema solare, rimangano affidabili, è assolutamente cruciale che questi luoghi non vengano contaminati. Ricordate le batterie di cui parlavamo prima? Un’ottima fonte di energia, ma anche un potenziale nascondiglio caldo per batteri terrestri, che potrebbero essere sopravvissuti nello spazio per vent’anni, e trovare terreno fertile su Encelado, o altrove. Sarebbe alquanto spiacevole se fra qualche decennio riuscissimo a trovare evidenze di vita su un altro corpo celeste, e non sapessimo se ce l’abbiamo portata noi o se era già lì. O ancora peggio, sarebbe drammatico se la vita su Encelado ci fosse già, e venisse sterminata da dei batteri alieni provenienti dalla Terra, portati da una carcassa di sonda umana, o da contaminazione radioattiva dovuta alla degradazione delle sue batterie RTG.
Ecco spiegata la necessità della fine di Cassini: rimanendo in orbita attorno a Saturno avrebbe potuto, un giorno anche lontano, entrare in collisione con Encelado, una luna molto speciale, con delle condizioni apparentemente più adatte alla vita della maggior parte dei luoghi nel sistema solare. Saturno, invece, come molti degli altri luoghi dove le sonde sono andate a morire, o dove continuano ad orbitare abbandonate a se stesse, non è adatto alla vita per quanto ne sappiamo, e in ogni caso ha una atmosfera abbastanza spessa da distruggere qualsiasi cosa prima che raggiunga la superficie, batteri compresi. 
In un certo senso, si può poeticamente dire che Cassini si sia sacrificato perché la vita possa proseguire. Oppure si può osservare che esiste un trattato internazionale su questo tema, firmato da tantissimi paesi fra cui il nostro, che regolamenta in modo molto specifico la contaminazione umana dello spazio.
La versione poetica ci piace di più. 

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Giada Rossi

Laureata in Astronomia, aspirante Astrofisica. Curiosa di natura. Scrivo soprattutto di scienza, ma preferisco parlare di cani buffi.

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