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C’era una volta a… Hollywood, l’inchino di Quentin Tarantino | Recensione

Debutta ufficialmente oggi al cinema C’era una volta a… Hollywood, nuovo film di Quentin Tarantino. Dopo l’esordio a Cannes esattamente 25 anni dopo Pulp Fiction (che valse al regista la Palma d’Oro), il film è uscito piano piano in diversi mercati, fino ad arrivare finalmente a toccare l’Italia. L’attesa, come per tutti i film dell’autore, è già alle stelle. Come sarà andata? Scopriamolo insieme nella nostra recensione!

Di cosa parla C’era una volta a… Hollywood?

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Leonardo DiCaprio star in Columbia Pictures Once Upon a Time in Hollywood”

In questo nuovo film di Quentin Tarantino siamo catapultati nella Los Angeles della fine degli anni ’60, nel pieno del fervore della rivoluzione hippy. Qui facciamo la conoscenza di Rick Dalton, un noto attore ex-protagonista di uno show televisivo western seguitissimo, e la sua controfigura (ma anche miglior amico e autista tuttofare) Cliff Booth. Entrambi stanno affrontando la fase di declino della carriera del primo che fatica ad accettare il proprio destino.

Parallelamente si sviluppa una delle vicende più tragiche e indimenticabili della storia americana, quella degli omicidi di Charles Manson e della sua Family. Roman Polański e sua moglie Sharon Tate sono infatti da poco diventati i vicini di casa di Rick, che però non li ha mai formalmente conosciuti. Il film segue la loro storia principalmente dal punto di vista della donna, mostrando gli eventi che hanno portato al cruento epilogo.

Tutto ovviamente è funzionale a realizzare un affresco completo della cultura degli anni ’60, vista da innumerevoli aspetti. Meglio ancora, il focus è proprio sull’industria cinematografica e televisiva, raccontandone il dentro e il fuori, il lato dell’industria, ma anche quello dello spettatore. Tarantino ci guida non soltanto a scoprire come si facevano film e TV in quel decennio, ma anche come il pubblico ne fruiva.

Per farlo, si prende tutto il tempo che vuole. Al di là della durata effettiva (vicina alle tre ore), C’era una volta a… Hollywood procede con estrema calma, senza affrettarsi verso la propria meta. Lo spettatore è invitato ad assaporare ogni momento della narrazione, perdendosi nel racconto. In alcuni momenti il coinvolgimento è tale da fare quasi smarrire il senso della prospettiva allo spettatore, facendogli perdere di vista le storie parallele. Che però sono lì e proseguono, inesorabili.

L’inchino al pubblico di Quentin…

Come gli appassionati più accaniti dell’autore americano sanno bene, C’era una volta a… Hollywood dovrebbe essere il suo penultimo film, almeno da regista. Da lungo tempo Tarantino sostiene di volersi ritirare dopo aver diretto la sua decima pellicola e il termine si sta avvicinando.

E forse proprio per questo motivo, C’era una volta a… Hollywood è per certi versi un ritorno di Tarantino alle proprie origini. Superata la parentesi western di Django Unchained e The Hateful Eight, l’autore recupera tutta una serie di elementi tipici del proprio cinema, che aveva (parzialmente) accantonato o che semplicemente vengono posti ancora di più sotto il riflettore.

Ritroviamo ad esempio la riflessione metacinematografica, gli omaggi diretti a film, soprattutto quelli d’exploitation, e serie TV (assenti nei lavori precedenti per ovvi motivi narrativi), l’esagerazione nella caratterizzazione dei personaggi e nella violenza, la celebrazione del ruolo dello stuntman… In maniera minore è presente anche un montaggio non cronologico, sebbene con un livello di incisività inferiore ai primi film. Da un certo punto di vista, anche il ritorno a Los Angeles è indicativo di questo desiderio di recuperare il proprio passato.

C’era una volta a… Hollywood diventa così una sorta di raccolta dei simboli chiave del cinema di Tarantino, quasi come se volesse ricordarceli tutti prima dei saluti finali. C’è però molto di più in questo film.

…Tarantino con un occhio al futuro

Nonostante quanto vi abbiamo appena raccontato infatti, non dovete immaginare questo film come una semplice summa di quanto visto lungo la carriera del regista. Anzi, in C’era una volta a… Hollywood Tarantino sembra essere assolutamente libero e desideroso di sperimentare il più possibile.

Nella sceneggiatura, come abbiamo detto, si abbandona a prove originali, con una struttura narrativa difficile da inquadrare davvero. La scrittura in alcuni momenti sembra, un po’ come il protagonista Rick Dalton, abbandonare il mondo del cinema, per viaggiare verso quello televisivo. Addirittura in alcuni punti pare flirtare con l’horror, genere caro a Tarantino che però non ha mai davvero esplorato nei suoi film. La gestione del tempo dell’azione è diversa da quanto siamo abituati a vedere e prosegue su una strada originale.

Lo stesso vale per l’operato di Tarantino dietro la camera. Pur non rinunciando ad alcune immagini iconiche, il regista si diverte a creare nuove strade, provare soluzioni differenti, testare e sperimentare. Non tutto è perfetto, come è ovvio che accada quando si tentano diverse vie, bisogna dirlo.

Tuttavia nel complesso, quello che emerge è il ritratto di un autore perfettamente consapevole delle proprie radici e felice di abbracciare la propria carica dirompente ed esplosiva, ma che al contempo è assolutamente maturato in questi anni, regalando un’opera ambiziosa e complessa al suo pubblico.

C’era una volta a… Hollywood: imperfetto, divisivo, ma eccezionale

È molto probabile che, in Italia come già all’estero, C’era una volta a… Hollywood sarà un film che dividerà sia il pubblico che la critica. E non stiamo parlando soltanto dell’ambiente nel suo insieme, ma anche nelle cerchie più ristrette degli amanti del regista di Knoxville. L’impressione finale è di una pellicola che manca di una coerenza stringente, portandoci spesso per lunghi (e bellissimi) viaggi senza però che questi siano davvero indispensabili.

Un aspetto dove tuttavia non ci saranno grosse spaccature tra gli spettatori è sicuramente quello attoriale. Il cast regala performance superbe, a partire chiaramente dai tre protagonisti Leonardo DiCaprio, Margot Robbie e (soprattutto) Brad Pitt. Menzione d’onore a Damon Herriman: la scena della sua prima apparizione come Charles Manson è tremendamente carica di tensione anche grazie al suo ottimo lavoro.

C’era una volta a… Hollywood quindi probabilmente non è il miglior lavoro in assoluto tra quelli portati al cinema da Quentin Tarantino. Ciononostante si tratta comunque di una pellicola eccezionale, che spicca nel panorama cinematografico attuale e di cui sentiremo parlare ancora molto, molto a lungo

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