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Cobra Kai: strike hard, strike first, no mercy

Era il 19 dicembre 1984 quando Daniel LaRusso eseguiva la mossa della gru nella finale del torneo di karate più famoso di sempre e stendeva così il “cattivo” Johnny Lawrence
La posizione, l’urlo intimidatorio, lo sguardo sull’avversario, la musica si alza, il via, la fine, la vittoria.
Una sequenza scolpita con immagini di fuoco nella mente di chiunque abbia mai visto il film Karate Kid. Trentaquattro anni dopo, con tre sequel e un reboot al seguito, ecco che ritornano sulla scena i protagonisti di quel famoso torneo nella nuova serie di YouTube Red, Cobra Kai
Johnny, da pupillo dell'upper class di All Valley, si è trasformato in un fallito di mezza età che vive alla giornata, facendo lavoretti e scolandosi litri di birra scadente. Il salvataggio del giovane Miguel da parte di una banda di bulli lo porterà a decidere di riaprire il dojo Cobra Kai, tentando di intraprendere la strada della redenzione, sempre seguendo i crudi e duri insegnamenti con cui è stato forgiato. Daniel, invece, è diventato un facoltoso venditore d’auto che vive in una lussuosa villa, frequenta club privati e si crogiola nell’immaginario dell’ideale famiglia americana. Non appena però verrà a sapere della riapertura del temibile dojo si riaccenderà in lui la rivalità che lo porterà a scontrarsi con il suo vecchio avversario.
Queste poche semplici righe però nascondono quello che la serie, rivelazione insperata, realmente tratta. Quello che potrebbe sembrare una mossa commerciale (a basso budget oltretutto) puntata sul fattore nostalgia e a rievocare piacevoli ricordi passati, così non è. È si nostalgia ma di quella buona. Mostra cosa succede quando si rimane ancorati ai fallimenti/successi compiuti da ragazzi, quando ci si considera il centro dell’universo o si vive alla giornata. Il vincente e il perdente, due stereotipi a lungo vestiti che vengono rispolverati e gettati sul ring. È lo scambio dei ruoli, o meglio dei punti di vista. Durante il primo Karate Kid abbiamo sempre vissuto la storia attraverso la storia di Daniel-san e quindi per noi il nemico risultavano i Cobra Kai. Questa volta invece il vero protagonista è Johnny, e la sua vita sgangherata, e ci vengono narrati i suoi tentativi di diventare un buon sensei, di aiutare i ragazzi bullizzati a rialzarsi ancora una volta e, con loro, ci proverà anche lui. 
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Daniel e Johnny non sono personaggi buoni e neanche cattivi, sono a metà, sono umani. Il primo è sempre stato il bravo ragazzo e sempre lo sarà, ma non è esente da difetti di ego; il secondo invece cerca di fare la cosa giusta ma nel modo sbagliato, quel modo violento che l’ha portato in alto, un modo senza “Mercy”.
Accoglie nel suo dojo tutti gli sfigati e i reietti vittima di bullismo a scuola, con la speranza di potergli dare le armi per combattere la violenza quotidiana che li opprime. La vita è dura, nessuno ti regala niente e se desideri qualcosa, devi essere il primo a colpire, colpire forte e senza pietà. Il bullo che salva i bulli con metodi da bullo per riassumere al meglio. Infine, la serie è rispetto per i tempi andati. Prende tutto ciò che si è amato e lo riutilizza, ma con stile, leggerezza, autoironia e centellinandolo. Raccoglie le citazioni, le ambientazioni, i costumi, le urla da palestra e li porta ai nostri giorni. Non è un caso che Daniel ora sia un venditore d’auto, dopo tutto quel tempo trascorso a passare e togliere la cera (momento ironico). 
Inoltre la serie non si ferma a dare nuovo lustro ai vecchi trofei (personaggi, location o momenti) ma ne presenta di altri lucenti, aprendo le porte anche alle nuove generazioni del karate, lasciando buone aspettative per una seconda stagione (oltretutto già confermata).
Cobra Kai è una resa dei conti, aspettata per più di trentaquattro anni; è una serie sull’elaborazione della sconfitta, sulla forza di continuare a rialzarsi, di continuare a provare anche quando si perde a causa di un colpo “scorretto”. La serie è l’unico modo evidente di affrontare i propri demoni interiori, passati e presenti, è ha il suo cuore nel karate e nella ricerca dell’equilibrio, come sempre insegnato dal maestro Miyagi.

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Mattia Russo

Laureato in Comunicazione, Marketing e Pubblicità per farla breve, e aspirante giornalista. Curioso per natura, dalla vena impicciona, tendo a leggere qualsiasi cosa, con un'inclinazione al fantasy. Non sono uno che ama i silenzi e parlo troppo. Pace.

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