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Detroit: Become Human – l'anteprima del nuovo titolo di Quantic Dream

Sony quest’anno non sembra volersi arrestare: appena uscito God of War (ecco la nostra recensione) subito pensa alla sua prossima esclusiva, il nuovo lavoro di Quantic Dream, Detroit: Become Human. Qualche settimana fa abbiamo avuto occasione di provare di persona il titolo, giocando le prime due ore iniziali e avendo anche il piacere di intervistare Adam Williams, Lead Writer del progetto. Vi raccontiamo dunque le nostre prime impressioni.
La prima cosa mostrataci durante l’evento è stato un filmato dietro le quinte sullo sviluppo del gioco, in cui David Cage, fondatore di Quantic Dream, ci rendeva partecipi del meticoloso lavoro di motion capture e di recitazione realizzato per sviluppare il titolo. Sono stati necessari oltre due anni di riprese per riuscire a rendere al meglio le varie scene che giocheremo dal 25 maggio prossimo. Salta subito all’occhio, paragonando filmati di gameplay e le scene girate dal vivo, quanto la motion capture di Quantic Dream sia sempre più avanzata, riuscendo a ottenere risultati davvero impressionanti a livello di espressioni facciali e animazioni dei personaggi virtualizzati.
Abbiamo potuto constatare ancora di più la qualità grafica del titolo una volta messe le mani sul pad, iniziando così la nostra prova. Un veloce ripasso per chi fosse all’oscuro dei temi del titolo; Detroit: Become Human è ambientato in un futuro prossimo, nel 2038, in una società dove gli androidi sono divenuti indispensabili per la vita di tutti i giorni, una nuova rivoluzione nella vita delle persone molto più d’impatto anche rispetto all’avvento degli smartphone di poco tempo fa. Gli androidi sono in grado di svolgere qualsiasi compito, soprattutto quelli più umili, e pian piano stanno sostituendo il personale umano in diversi tipi di lavori, creando anche una tensione sociale causata dalla perdita del lavoro per molte persone. Queste, frustate dal fatto di essere state sostituite da una macchina, non di rado danno vita a proteste, manifestando in strada e prendendosela, anche in modo violento, con gli ignari androidi. Detroit, dove il gioco è ambientato, è la città simbolo di questa nuova rivoluzione industriale: come lo era stata molti anni fa per il settore automobilistico, adesso lo è per quello relativo agli automi di forma umana. Qualcosa però sta cambiando, infatti iniziano a verificarsi i primi casi di androidi che sembrano avere delle emozioni, violando spesso gli ordini ricevuti. Questi sono identificati con il nome di Devianti, androidi in grado di sviluppare una propria individualità.
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Da qui inizia la nostra avventura, in cui vestiremo i panni di tre differenti androidi: la prima è Kara, protagonista di una tech demo dal nome omonimo che ha ispirato la realizzazione del progetto. Unica protagonista femminile delle vicende, è un androide designato in origine per faccende domestiche, ma che presto diventerà una deviante per salvare una bambina dal padre alcolizzato e drogato, che con la sua violenza minaccia l’esistenza delle due. C’è poi Connor, un modello specializzato in dotazione alla polizia, un vero e proprio investigatore, il cui compito è quello di tracciare e catturare gli androidi che sono diventati dei devianti. Infine abbiamo Markus, androide in origine appartenente a un anziano artista, che lo ha sempre trattato più come un amico (quasi come un figlio) che come una semplice macchina. Ben presto Markus deciderà di ignorare il suo programma e far valere con ogni mezzo i valori degli androidi, dando vita a un’importante rivoluzione.
Nelle oltre due ore di gioco della fase iniziale abbiamo potuto vedere le storie introduttive di tutti e tre i protagonisti, notando come la struttura del titolo sia tornata a qualcosa di più simile a Heavy Rain nelle meccaniche del gameplay, piuttosto che al mezzo passo falso fatto da Quantic Dream con Beyond Two Souls. Il titolo è diviso in diverse “scene2, in ciascuna delle quali controlleremo uno dei tre protagonisti. Ogni scena presenterà degli obiettivi e delle scelte da compiere e che potranno influire sull’evolversi della storia. La sensazione provata è che le nostre decisioni abbiano un effetto molto importante sui futuri eventi, dandoci una sensazione di libertà difficilmente provata anche nei precedenti titoli della casa di sviluppo, ma non potremo verificare queste sensazioni fino alla prova finale del gioco.
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Alla fine di ogni scena avremo un riepilogo, il “flowchart”, un comodo diagramma che ci mostrerà le scelte da noi compiute e quelle ancora non fatte, così da poter vedere subito in quanti modi differenti si potrebbe evolvere la storia. Per fare un esempio, ma evitando troppi spoiler, vi racconteremo soltanto della prima scena che ci è stato possibile giocare, ossia la famosa scena dell’ostaggio mostrata in diverse occasioni da Quantic Dream. Utilizzando Connor dovremo salvare una bambina tenuta in ostaggio da un deviante: per riuscire ad aumentare le nostre possibilità di negoziazione dovremo indagare sul luogo del delitto e ricostruire quanto accaduto prima del rapimento. La tensione sarà alta perché non potremo prenderci tutto il tempo che vogliamo per investigare, infatti l’androide minaccia di buttarsi giù dal palazzo con la bambina. mentre la polizia lo tiene sotto tiro con diverse unità.
Dovremo quindi essere il più veloci possibili nel cercare indizi così da aumentare le nostre probabilità di successo. Per darvi un’idea della struttura del gioco, questa sequenza ha sei possibili esiti finali (noi ne abbiamo visto soltanto uno), rendendo la rigiocabilità piuttosto alta. La nostra speranza è di vedere, nel gioco completo, scene inedite o magari altre totalmente rimosse a seconda delle nostre decisioni. Non tutte le scene presentano finali multipli, altre, come ad esempio la prima in cui abbiamo utilizzato Markus, prevede un solo esito finale, dato che quel capitolo, in cui l’androide svolge una commissione per il suo padrone, serve principalmente a mostrare il contesto sociale in cui il gioco è ambientato.
Sicuramente possiamo dirvi che la rappresentazione di questa Detroit del futuro, specchio di una società tecnologicamente avanzata che porta con sé conflitti nuovi e conosciuti, è costruita in modo molto curato, con particolare attenzione ai problemi sociali del futuro, che in verità rispecchiano molti dei problemi attuali. I tre personaggi principali sono, per quanto visto, ben scritti, e la loro introduzione delinea tre caratteri molto diversi fra loro, ognuno con i propri conflitti interiori e convinzioni. Ognuno di loro rappresenta anche un diverso modo di rapportarsi con la società, che andremo poi a plasmare con le nostre scelte; prima o poi probabilmente li vedremo entrare in contatto, con esiti per il momento difficilmente immaginabili, ma che non vediamo l’ora di scoprire.
La nostra prova è stata eseguita su una PS4 Pro, dove il titolo sfoggiava un comparto grafico fra i migliori della generazione, con un livello di dettaglio nella resa dei modelli poligonali dei protagonisti davvero di altissimo livello; questi sono resi incredibilmente vivi grazie alle animazioni facciali ottenute con il motion capture di cui parlavamo in apertura. Ci riserviamo di valutare meglio in sede di recensione la qualità grafica, ma a prima vista God of War ha già un ottimo rivale da questo punto di vista.
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Dopo la nostra prova di gioco abbiamo anche avuto occasione di prendere parte a una chiacchierata, insieme ad altri colleghi, con Adam Williams, Lead Writer del titolo, che ha soddisfatto diverse nostre curiosità.
Alla domanda sulle possibilità di scelta all’interno del titolo e sul conseguente numero di finali Adam ha risposto dicendo che l’obiettivo di Detroit: Become Human non è far prendere una strada giusta al giocatore, punendolo per delle scelte sbagliate. Non esisteranno scelte giuste o sbagliate, ma esisteranno invece conseguenze alle nostre decisioni. Queste conseguenze potrebbero persino portare alla morte di uno dei protagonisti, ma ciò non sarà un game over, la storia proseguirà comunque fino alla fine, rendendo sempre più ampia, rispetto ai titoli del passato, la libertà dei giocatori all’interno del mondo creato da Quantic Dream. L’obiettivo della storia non è dunque quello di portare il giocatore dal punto A a quello B tramite diverse scelte, ma quello di dare peso alle decisioni del giocatore, in modo che rifletta sulle sue scelte e che alla fine abbia uno specchio di sé basato su come ha deciso di agire in tutto il gioco.
La nostra domanda è stata relativa all’interattività del videogioco, elemento principale che lo contraddistingue da altri media come il fumetto o il cinema. Abbiamo chiesto se con l’aumentare della tecnologia sarà possibile avere un titolo talmente elaborato da essere unico a ogni nuova partita giocata: Adam ci ha risposto dicendo che si tratta di un’ipotesi interessante e che in un futuro prossimo potrebbe persino diventare realtà, ma attualmente il loro obiettivo non è quello. Per realizzare un titolo come Detroit bisogna gestire bene il bilanciamento fra libertà d’interazione e struttura del gioco, in modo che il giocatore si senta come se avesse una tela da dipingere: ci sono dei limiti strutturali definiti dallo spazio, ma all’interno di quello spazio il giocatore è libero di dipingere ciò che vuole, e in futuro questa tela potrebbe diventare sempre più grande.

Detroit: Become Human
ci ha favorevolmente incuriosito e se le promesse verranno rispettate potremo avere una delle più interessanti storie interattive mai realizzate. Non ci resta che aspettare ancora un mese per l’uscita del nuovo titolo di Quantic Dream.

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Silvio Mazzitelli

Di stirpe vichinga, sono conosciuto soprattutto con il soprannome “Shiruz”, tanto che quasi dimentico il mio vero nome. Videogiocatore incallito sin dall’alba dei tempi, adoro il mondo videoludico perché dopo tanto tempo riesce sempre a sorprendermi come la prima volta. Scrivo ormai da diversi anni di questa mia passione per poterla condividere con tutti. Sono uno dei fondatori di Orgoglio Nerd e sono anche appassionato di tutto ciò che riguarda la cultura giapponese e la mitologia (in particolare quella nordica).

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