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Disincanto di Matt Groening: dove eravamo rimasti

Pregi e difetti di una serie d’animazione in fase di decollo

Quale miglior opportunità per parlare di Disincanto se non in occasione dell’uscita della seconda stagione? La serie animata ha debuttato su Netflix soltanto lo scorso anno e fin da subito i pareri che hanno circolato in rete sono stati decisamente contrastanti. Vuoi per la presenza di una trama lineare in apparenza piatta, vuoi perché è creata da Matt Groening, padre de I Simpson e di Futurama, vuoi perché ti sei accorto di come Re Zøg di Dreamland ricordi Robert Baratheon de Il Trono di Spade (con tanto di trono di spade!) dopo l’agrodolce fine della serie HBO.

Parliamo della trama: Disincanto racconta le rocambolesche avventure della figlia di Re Zøg, Tiabeanie. Bean è quanto di più lontano dall’immaginario comune della principessa: trascorre le sue giornate a bere birra, ubriacarsi in continuazione, giocare d’azzardo, e a sopportare gli eccessi di ira del padre dei quali è la principale causa. La stagione si apre col suo fallimentare matrimonio con Principe Guysbert di Bentwood, combinato dal Re per cementare l’alleanza con il popolo vicino. Tra i doni di nozze scopre Luci, un demone dalle dimensioni di un gatto che la seguirà in tutte le sue scorribande consigliandola, o meglio, sconsigliandola. Nel bel mezzo del matrimonio fa la sua entrata in chiesa Elfo. Scopriamo che ha da poco abbandonato Elfwood, il mondo felice degli elfi, perché insoddisfatto della sua felice esistenza. Il mago di corte Sorcerio rivela a Zøg che il sangue di elfo è l’ingrediente principale dell’elisir di lunga vita ed è molto prezioso. Cominciano così i suoi tentativi di acciuffare Elfo, che si dà alla fuga in compagnia di Bean e Luci.

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Ogni bravata compiuta dalla principessa nei confronti del padre e dell’insopportabile matrigna, regina Oona, consolida sempre di più il trio. L’ingenuo Elfo si scopre innamorato perdutamente di Bean, e il demone, il cui compito sarebbe quello di traviare la principessa, salva la vita ai due compagni in più di un’occasione. Insieme profanano la cripta reale, organizzano una festa a corte che, in assenza del Re, si trasforma in un massacro, e fanno la spiacevole conoscenza di Hansel e Gretel, qui non tanto ingenui come gli omonimi personaggi descritti dai fratelli Grimm.

Per redimersi dalle ultime bravate, Bean decide di intraprendere un lungo viaggio alla ricerca dell’ampolla dell’eternità per conto del padre. Come dice lei stessa, l’ampolla potrebbe essere la sua carta “Esci gratis di prigione” per sempre. L’avventura va a buon fine: trovano l’ampolla, ma una volta tornati al castello constatano che il sangue di Elfo non funziona. Zøg bandisce l’ingenuo elfo dal regno, ma Bean e Luci si mettono subito sui suoi passi.

Scovano Elfwood, solitamente invisibile agli umani, in cui Elfo scopre di essere tale soltanto per metà. Arrivano i cavalieri del Re che hanno seguito Beam e Luci fino a lì. Ordinano agli elfi più succosi di raggiungere assieme a loro il castello, ma l’incontro sfocia in un combattimento in cui gli elfi hanno la meglio. Il trio riesce a salvare Elfwood, ma poco dopo Elfo viene trafitto da una freccia scoccata dai soldati di Re Zøg e muore. Triste e scoraggiata, Bean torna a Dreamland, dove scopre che l’elisir di lunga vita non era destinato al padre ma alla defunta madre, Dagmar, pietrificata quando lei era bambina. Luci riesce a rubare l’ampolla, e quando Bean si accorge di avere un fazzoletto sporco di sangue di elfo, riporta in vita la madre.

La caduta di Dreamland

Nell’ultimo episodio di Disincanto la situazione sfugge di mano. Per capire questo bisogna però fare un passo indietro: Dagmar era morta per aver bevuto dal calice di vino di Re Zøg. Quella notte, l’assaggiatore era in ritardo e in un momento in cui sia lei che il Re erano distratti, la piccola Bean aveva ruotato il vassoio su cui erano appoggiati i due calici. Ora, se in un primo momento Dagmar e Bean paiono in sintonia – il cibo preferito di entrambe è la birra – capiamo che la principessa è molto diversa da sua madre. Infatti fu proprio quest’ultima a mettere il veleno nel calice del marito, per poi diventare la vittima della sua stessa cospirazione. Quando il Re lo scopre, Dagmar stappa una pozione che pietrifica la maggior parte di Dreamland e dei suoi abitanti, infine rapisce Bean. Luci, forse l’unica possibilità di salvezza per la principessa, viene catturato da Big Jo, l’esorcista che fin dalle prime puntate gli da la caccia.

Dalla sua uscita, Disincanto non ha mai smesso di far parlare di sé. Si discosta dalle precedenti creazioni dell’autore e questo è un bene. Le gag e le battute immediate sulle quali le altre serie televisive si basavano, sono poche; dunque, se siete alla ricerca di quel tipo di comicità questa serie tv probabilmente vi deluderà. Disincanto non è al livello dei Simpson o di Futurama per il semplice fatto che sono prodotti diversi. Questa volta Groening ha voluto uscire dalla propria comfort zone e mettersi alla prova con qualcosa di più profondo, con una storia potenzialmente molto complessa (e interessante) al costo di qualche cinica battuta, di cui qui, comunque, ogni tanto si sente la mancanza.

Diamole tempo!

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L’autore sembra aver voluto costruire le basi per un nuovo universo nel quale lo spettatore viene inserito passo dopo passo, un po’ per volta. Benché il massimo comune denominatore rimangano comunque Bean, Elfo e Luci, le avventure quasi sempre includono anche i personaggi minori della serie, spesso destinati a sparire in un battito di ciglia per poi ricomparire silenziosamente quando meno ce lo si aspetta. Parlo del consigliere Odval, di Chazz, del boia Stan e del mago Sorcerio. La prima stagione si conclude con una situazione di stallo che lascia gli spettatori col fiato in gola: Elfo apparentemente morto, Luci catturato, Bean con sua madre a bordo di una nave diretta chissà dove. E questo è soltanto l’inizio: il trailer della seconda stagione è esplosivo e ci sono tutti i presupposti per pensare che anche le nuove puntate lo siano. Groening ha dimostrato di avere ancora il tocco magico e il meglio di Disincanto deve ancora venire.

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Nicolò Monti

Lettore e gran bevitore di caffè, rigorosamente non zuccherato. Appassionato di storie ambientate in Scandinavia e in Islanda. Divoratore di musica nel tempo libero.

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