Intrattenimento

Disincanto: parliamo con Elfo, lui cosa ne penserà delle vostre cattiverie?

Dopo la nostra recensione, che potete trovare qui, ci siamo posti la domanda: Elfo che ne pensa di Disincanto? L'unico modo per saperlo e chiederlo a chi gli dà la voce! Edoardo Stoppacciaro è l'uomo che fa per noi, professionista nel settore è una delle voci più rappresentative del panorama nerd (e non) italiano. Ma lasciamo da parte i convenevoli e facciamo parlare lui. 
E per citare la serie: noi siamo eccitati e lui probabilmente è Elfo!
ON:  Edoardo, non sei nuovo al coinvolgimento in opere d'animazione, dal tuo primo ingaggio con Pixar (abbiamo indagato, eri il fratello di Remì in Ratatouille) fino a Darth Maul in Clone Wars. Ma il Fantasy ti è vicino in modo particolare e Disincanto sembra il giusto traguardo, uno dei tanti, in questa direzione. Raccontaci.
ES: Il Fantasy è un po' casa mia fin da quando sono piccolo. Crescendo, ho capito che il fascino che questo genere ha sempre esercitato su di me deriva dal fatto che, attraverso gli "assoluti" proposti dalle sue storie (cattivi che incarnano il male puro, eroi che rappresentano il bene totale, minacce che raffigurano tutto ciò che di terribile è racchiuso nella natura umana), si può vedere "la realtà in trasparenza" (per dirla con le parole di Tolkien). Il Professore diceva "Perché raccontare dell'energia elettrica quando posso raccontare il fulmine?" Ecco, tutto questo mi ha sempre comunicato in un modo diretto e potente, trasportandomi lontano dal grigiore della realtà ma dandomi nuove chiavi di lettura attraverso le quali osservarla e, a mio modo, comprenderla. Il mio lavoro di doppiatore mi appassiona immensamente e riesco sempre a divertirmi quando interpreto i miei personaggi, ma quando ho la fortuna di essere distribuito in opere Fantasy, mi sento a mio agio come raramente mi capita. È stato così con Robb Stark in "Il Trono di Spade", con l'orco Orgrim in "Warcraft" e anche col piccolo nano Ori nella trilogia de "Lo Hobbit". E per quanto "Disincanto" sia una serie umoristica, Elfo non ha fatto eccezione. 
Il Fantasy è così importante, per me, che qualche anno fa ho anche sviluppato una trilogia di romanzi intitolata "Mondo in Fiamme" il cui primo capitolo, "Una Primavera di Cenere", è stato pubblicato da La Corte Editore nel 2015. Ho recentemente ultimato la prima stesura del seguito e sto già iniziando a tessere la struttura del capitolo conclusivo. Vorrei che questa mia storia fosse il mio modo di raccontare la realtà in trasparenza, di mostrare questo nostro mondo nel quale grandi potenze si sfidano per chi è la più grande e letale, mentre le forze che davvero reggono la realtà osservano pazientemente in attesa di risvegliarsi. Nella nostra quotidianità assistiamo a tsunami che spazzano via intere città, a terremoti che mettono in ginocchio interi Stati… 
Ovviamente racconterò tutto questo in chiave fantastica, ma il messaggio per me è chiaro: ognuno si illude di essere il pilota di questo mondo, mentre in realtà non siamo che passeggeri. Mentre scrivo, spero che continuino a capitarmi bei ruoli da interpretare in altre opere Fantasy.
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ON: Elfo, anche se per proprio tornaconto, rappresenta un poì “l'angioletto buono” sulla spalla della protagonista Bean, contraltare di Luci, demone tentatore. Se tu dovessi scegliere due personaggi dei cartoon come “consiglieri” della tua moralità, a chi daresti il ruolo?
ES: Questa è una gran bella domanda. Il ruolo di mio personalissimo Lucy lo affiderei a un personaggio che ho doppiato in un anime molto bello intitolato "Psycho Pass". Lì davo la voce a Shogo Makishima, serial killer spietato, ma anche uomo di grande cultura e finissimo pensatore. Con le sue riflessioni shakespeariane ha spesso dato forma al mio voler rifuggire le regole imposte dalla società. E qualche volta, bloccato nel traffico di Roma, mi sono sentito discretamente serial killer anch'io. Il mio angelo custode, invece, ha il ciuffo biondo, gli occhialini rossi e la voce profonda di Egon Spengler dei "The Real Ghostbusters". Il personaggio creato e impersonato da Harold Ramis e poi sbarcato nei cartoni animati con le voci italiane di Mario Cordova e Claudio Capone (più, indegnamente, una breve parentesi con la mia voce) ha sempre la risposta giusta quando mi trovo in dubbio su qualcosa. Quando ero molto piccolo, il mio Ghostbuster preferito era Peter, ma è durata poco: da quando ho capito di identificarmi più con Egon, mi sono trovato spesso a domandarmi che cosa avrebbe fatto lui per uscire da una qualche situazione.

ON: Cosa vorresti dire a chi, superficialmente, sovrappone Elfo a Bart Simpsons solo per dei piccoli tratti in comune?

ES: Vorrei dire semplicemente "Guardate la serie". È vero: Elfo ha la maglia rossa e i pantaloni blu come Bart. Tra l'altro, suppongo che il riferimento sia voluto. Per il resto, però, i due personaggi non potrebbero essere più diversi. Elfo è la "vittima" ideale, puro, ingenuo fino alla nausea, cialtrone quanto basta, ma in fin dei conti troppo buono per portare avanti le sue stesse cialtronerie. Anche quando tenta di agire per vie meno pulite, lo fa quasi con inconsapevolezza, sempre con quel candore che lo rende, a mio gusto, esilarante. Ed è anche il personaggio con l'arco narrativo più completo: alla fine della prima stagione, è molto diverso dal chiacchierone naïf che abbiamo visto lasciare Elfwood nel primo episodio.
ON: Come ti visualizzi proiettato in un universo fantasy? Che razza e che classe vestiresti? Un elfo schermidore? Un umano mago? Narra le tue gesta!
ES: Nel mio passato di giocatore di ruolo ho avuto una brevissima parentesi nella quale sono stato un mago elfo oscuro. Solo una parentesi, giuro. Per tutto il resto della mia "carriera", sono sempre stato un nano. Sono anche un ex giocatore di Warhammer ("ex" unicamente per motivi di tempo) e ho sempre giocato con i Nani. Il mio esercito è ancora qui a tenermi compagnia nel mio studio. Ho provato a collezionare altri eserciti, ma niente: i Nani occupano una porzione di cuore troppo grande per poterla condividere. Sono coriacei, implacabili, brontoloni al punto di diventare irresistibilmente divertenti, hanno una bramosia per l'oro che, quando è declinata con toni drammatici, diventa uno spunto narrativo incredibilmente intenso per mostrare il loro tormento, e quando è mostrata come semplice taccagneria li rende buffi. Hanno un senso dell'onore iper sviluppato, sono capaci di gesta terribili in battaglia, ma anche di creare artefatti di straordinaria bellezza: sono guerrieri e artisti. E (cosa tutt'altro che trascurabile) sono dei mastri birrai formidabili.
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ON: Parlaci dell'incanto di lavorare a Disincanto, del dietro le quinte, dei tuoi colleghi e di come funziona una sessione di doppiaggio per Netflix.
ES:  Doppiare una serie per Netflix è tutt'altro che facile. Il fatto che le serie vengano rese disponibili "in blocco" dalla prima all'ultima puntata, ci impone di doppiarle con tempi eccezionalmente stretti (anche per gli standard già folli ai quali, ahinoi, ci stiamo tristemente rassegnando). In più, Netflix ha due richieste fondamentali e ineludibili: il testo italiano deve essere il più possibile uguale a quello originale, e le battute devono iniziare e finire leggermente prima di quelle originali (in gergo tecnico, devono essere "corte"). Queste richieste presentano non pochi problemi. La pedissequa identità del testo, in una serie come "Disincanto", ricca di battute, giochi di parole e doppi sensi, mantenere l'esatto corrispettivo italiano dei termini inglesi uccide la comicità. Pensiamo a "Frankenstein Junior", al celebre 
– "Lupo ulula!"
– "Lupo ululà, castello ululì".
Se Mel Brooks avesse imposto un adattamento letterale, nell'edizione italiana avremmo avuto
– "Un lupo mannaro!"
– "Lì il lupo; lì il castello".
La morte. Quindi, da questo punto di vista, abbiamo dovuto cercare dei compromessi che accontentassero sia la richiesta del cliente, sia la nostra deontologia professionale, perché se una battuta ci fa ridere quando la ascoltiamo in sala doppiaggio, per noi doppiatori è proprio doloroso accettare di asfaltarla e renderla soltanto una frase di servizio. Ricordo, ad esempio, che per alcune battute (forse anche per la tanto discussa "Sono perduta / Sono Elfo") abbiamo inciso tre o quattro versioni, lasciando poi la scelta a Netflix.
Quanto alle tempistiche, dover lavorare di corsa rende più complicato curare la qualità, ma cerchiamo sempre di dare il massimo anche nel poco tempo che ci viene concesso. Da questo punto di vista, avere al timone una direttrice come Francesca Guadagno è stata una grande tranquillità per tutti noi. I tempi stretti, inoltre, impongono di accorpare il più possibile i turni. Per questo motivo, abbiamo doppiato tutto in colonna separata: io avevo i miei due turni in cui doppiavo tutte le battute di Elfo nell'arco di tre episodi. Poi arrivava Rossa Caputo e doppiava tutte le battute di Bean. Poi Alessandro Quarta che doppiava tutte le battute di Lucy, e così via.
ON: Spesso accade che un doppiatore si trovi a parlare con se stesso durante una sessione di doppiaggio, interpretare più voci porta a questo in fondo. Ti è mai successo? E cosa ti piacerebbe poter dire a Elfo se potessi farci due chiacchiere?  
ES: Questo si ricollega alla mia risposta precedente. Ahimè, il più delle volte siamo soli al leggio e parliamo e rispondiamo immaginando le battute del nostro interlocutore (o ascoltandole in cuffia, se sono già state incise). L'essere tanto appassionato di Fantasy, in effetti, mi ha portato a cascare con tutte le scarpe nella storia di "Disincanto", e tra un anello e l'altro (gli anelli sono i frammenti di scena che si doppiano di volta in volta), mi è capitato di uscirmene con qualche esclamazione proprio come se stessi parlando al mio personaggio. Facendo una media, credo che la cosa che ho detto più spesso a Elfo sia stata "Ma nooooo!"… Se ce l'avessi di fronte e dovessi dirgli qualcosa (senza spoiler), gli direi "Cerca di prendere un po' esempio da Lucy".
Questa è una piccola parte di Edoardo, ma una grande parte di Elfo, salutiamo Edo e gli diamo appuntamento alla seconda stagione di Disincanto, su Netflix! 

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