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Dora e la città perduta: storia di bersagli mancati | Recensione

Parliamo di questa curiosa pellicola ispirata alla nota serie animata per i più piccoli

Dora l’esploratrice è uno degli show animati per i più piccoli maggiormente amati e conosciuti in tutto il mondo. La protagonista, la scimmietta Boots e tutti i i loro amici sono una vera e propria icona per i bambini statunitensi e, in maniera minore, anche per quelli italiani. Davanti a un successo del genere è ovvia la nascita di spin-off, nuovi progetti e addirittura trasposizioni cinematografiche. È così che è arrivato in sala Dora e la città perduta, film tratto proprio dalla serie animata (e da quella che l’ha seguita). Un concept che ha incuriosito molti fin dalle prime immagini e trailer e che ora debutta anche in Italia. Vediamo un po’ com’è andata nella nostra recensione

Di che cosa parla Dora e la città perduta?

Il film si apre in Sud America, dove la piccola Dora e la sua famiglia vivono. I genitori sono infatti esploratori e sono alla ricerca di Parapata, leggendaria città perduta Inca piena di tesori. Non è una giornata di avventure però, ma di addii: la piccola Dora deve infatti salutare suo cugino Diego che, insieme alla propria famiglia, andrà a vivere a Los Angeles.

Dopo il prologo, ci troviamo con una Dora sedicenne che, durante una delle sue classiche avventure nella giungla, scopre un indizio chiave per la riscoperta di Parapata. I suoi genitori tuttavia decidono di andare da soli alla ricerca della città: è tempo che la ragazza faccia nuove amicizie con persone della propria età. Dora abbandonerà quindi la giungla, andando a vivere insieme alla famiglia di Diego per affrontare una nuova sfida: il liceo. Tuttavia i pericoli nella sua vita non sono finiti e il richiamo di Parapata è sempre presente…

Come si può intuire, la storia raccontata in questa trasposizione di Dora l’esploratrice è piuttosto classica e lineare. La nostra protagonista, cresciuta nella giungla, faticherà inizialmente a integrarsi con la nuova realtà. Saranno fondamentali le avventure che vivrà al fianco dei suoi amici, grazie alle quali riuscirà a scoprire di più sul mondo e su sé stessa. Un modello classico, quello del pesce fuor d’acqua, che però può sempre essere capace di divertire e anche emozionare, se ben gestito. Ma già qui le cose non funzionano.

Perché Dora e la città perduta è un film che fatica a trovare la propria strada. Nei primi minuti sembra andare verso una storia liceale, dove la giovane dovrà affrontare le differenze tra la vita nella foresta e quella della ‘giungla scolastica’. Dopo poco però il tutto si trasforma in un film d’avventura, lasciando da parte l’aspetto cittadino. Focalizzato sul cercare di adattare entrambe le serie animate più famose di Dora, il film non da una risoluzione soddisfacente a nessuna delle sue due anime (in particolare quella ambientata a Los Angeles, appunto). E da qui troviamo in nuce il grande problema di questo film.

Con chi stai parlando, Dora l’esploratrice?

C’è una difficoltà di fondo nel cercare di analizzare questo film ed è il suo target, il bersaglio a cui ci riferiamo nel titolo. Guardando la pellicola infatti, non è assolutamente chiaro a chi sia indirizzata. Troviamo infatti momenti in cui è capace di giocare bene con le caratteristiche della serie animata originale, ironizzando su quelle che solo un pubblico prescolare può apprezzare. Oppure ancora, in una sequenza onirica il film guida lo spettatore nelle atmosfere del cartone stesso, con una soluzione simpatica. Idee interessanti, che un pubblico di adulti può apprezzare, ma che difficilmente colpiranno i più piccoli.

D’altro canto però si abbandona a delle ingenuità che difficilmente saranno digeribili dai più cresciuti. Un esempio è la presenza della volpe Swiper (peraltro doppiata da Benicio del Toro in lingua originale). Personaggio chiave della serie animata originale, non poteva certo mancare nel film. Tuttavia, al di là della CGI non sempre all’altezza, una volpe parlante stona terribilmente con l’atmosfera tutto sommato realistica mantenuta dalla pellicola.

Questo genera confusione nello spettatore adulto, nonché un continuo cambio di tono della pellicola. I villain passano continuamente da mercenari senza scrupoli a scagnozzi pasticcioni e viceversa, senza che nessuna delle due identità attecchisca davvero.

Ma è un cartone animato o un film?

Un altro esempio è quando Dora nelle su avventure nella giungla si trova ad affrontare un salto (e la conseguente caduta) esattamente come se fosse in un cartone animato. O ancora, la scelta dei suoi genitori di allontanarla dalla giungla, incredibilmente rapida e immediata senza alcun motivo che ne giustifichi l’urgenza.

Ci sarebbe da aprire un intero paragrafo poi sulla scena in cui viene affrontato lo spinoso tema dei bisogni fisici nella giungla, ma preferiamo lasciare correre. Tutte cose che probabilmente possono sicuramente divertire un target prescolare, ma che lasceranno perplessi e imbarazzati i sopracitati adulti (ma anche i giovani adulti probabilmente).

A questo si accompagnano alcuni problemi che, a prescindere dal target del film vanno evidenziati. Personaggi abbozzati e lasciati da parte, una CGI traballante, errori di continuità molto palesi e in generale una realizzazione approssimativa. Una maggior cura in post-produzione avrebbe aiutato molto (sebbene non potesse risolvere tutto).

È un peccato da una parte perché la giovane Isabela Moner si impegna molto nella parte principale e regala una prestazione apprezzabile. Meno convincente il resto del cast, fatta eccezione per Michael Peña ed Eva Longoria, sebbene mai davvero da bocciare.

Dora l’esploratrice, and Friends, e la città perduta e poi?

Dora e la città perduta avrebbe potuto quindi essere un discreto film per i più piccoli fan della serie Dora l’esploratrice, ma anche un divertente gioco autoironico per chi è già cresciuto, ma quello show lo conosce in prima persona o per le visioni dei fratelli minori o dei figli.

Come il cane con la carne in bocca delle fiabe però, la pellicola sulla giovane avventuriera pecca di ingordigia e cerca di avere tutto, ritrovandosi con niente. Il risultato finale è quindi un discreto pasticcio che non sa a chi rivolgersi, lasciando lo spettatore spaesato e confuso. Un vero peccato, soprattutto considerando gli spunti interessanti mostrati qua e là lungo la pellicola purtroppo non sufficienti a salvarla.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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