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Dumbo: universi alternativi | Recensione

Una delle principali tendenze negli ultimi anni nei progetti di Disney è la realizzazione di versioni live action dei classici animati più famosi della sua storia. Fatta eccezione per l’esperimento legato a La carica dei 101 del 1996, con Glenn Close nei panni di Crudelia De Mon, da Alice in Wonderland in poi sono state diverse le riedizioni delle indimenticabili pellicole che hanno accompagnato la nostra infanzia. Ora tocca a Dumbo, al cinema proprio in questi giorni ed è solo il primo di tre di questi progetti che arriveranno nel 2019. Com’è andata? Scopriamolo insieme nella nostra recensione di Dumbo.

Di che cosa parla Dumbo?

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Al contrario di quanto si potrebbe pensare, la trama di questo Dumbo non è esattamente la stessa del classico animato. Il focus è spostato sugli uomini che abitano il circo dei Fratelli Medici, dove l’elefantino volante si esibisce. I protagonisti sono Milly e Joe, figli di Holt Farrier, ex-stella dello show, tornato ferito dalla guerra e per questo impossibilitato a esibirsi di nuovo.

Saranno loro a scoprire le speciali abilità di Dumbo e a farlo passare da zimbello del circo a ̶e̶l̶e̶f̶a̶n̶t̶e̶ cavallo di battaglia dello spettacolo. Il piccolo, pur soffrendo per l’allontanamento dalla madre, attira l’interesse del magnate dell’intrattenimento V. A. Vandevere, che porterà tutto il cast dello show circense nel suo parco divertimenti: Dreamland.

Per certi versi quindi Dumbo riprende la storia dove l’abbiamo lasciata nel 1941. Il percorso di crescita di Dumbo in cui scopre come imparare a volare e a credere in sé stesso costituisce solo la prima parte della pellicola. È senza dubbio un approccio interessante, che aiuta a superare il timore che questo tipo di progetti siano copie carbone degli originali con attori veri.

Purtroppo però la gestione dei tempi a livello di sceneggiatura è imperfetta. La prima parte (necessaria per introdurre i nuovi protagonisti) prende forse troppo spazio e lo sviluppo di personaggi e sottotrame è semplificato al massimo e non particolarmente approfondito, nonostante la durata di quasi due ore, piuttosto alta per un film destinato, almeno in parte, ai più piccoli.

Bimbo mio, vieni qui…

Uno degli aspetti più affascinanti di Dumbo è, come dicevamo, la rivisitazione della storia. Le vicende dell’elefantino vengono riscritte come se fossero ambientate in universo alternativo. Fatta eccezione per alcuni elementi controversi dell’originale che sono stati rimossi (primi fra tutti i corvi), lungo il film rivediamo praticamente tutti i momenti simbolici dell’originale, spesso in una chiave completamente nuova.

Il grande assente purtroppo è Tim Burton. La mano del regista, che torna ai live action Disney dopo averli praticamente lanciati con Alice in Wonderland, si percepisce davvero poco. La sua estetica e il suo stile, tipicamente molto evidenti, si sentono appena, nonostante l’ambiente circense gli offrisse non poche occasioni di dare sfogo al proprio estro.

Oltre a questo, ci sono diversi elementi che lasciano piuttosto perplessi. Come detto, alcuni personaggi si sviluppano in troppo poco spazio, evolvendosi rapidamente da una scena all’altra. Una maggiore profondità da questo punto di vista avrebbe probabilmente giovato alla pellicola. In particolare questo si riflette nella figura di Max Medici, che pur avendo un arco di per sé logico, prosegue la sua crescita ‘a scatti’, risultando differente in ogni scena. Sembra quasi che il suo sviluppo avvenga solo quando la telecamera non lo inquadra.

A funzionare è senza dubbio l’aspetto più propriamente visivo. Anche se l’estetica di Burton è appena accennata, lo stile generale della pellicola è davvero affascinante, dal look dei vari personaggi alle tante locandine degli spettacoli. Su questo si innestano le musiche di Danny Elfman, una certezza come sempre.

Pareri finali

Nel complesso Dumbo è un buon film, che non riesce tuttavia a convincere fino in fondo. L’idea di rivisitare le vicende del classico in una nuova chiave è senza dubbio un approccio vincente, ma avrebbe potuto rendere di più con una sceneggiatura maggiormente curata. Probabilmente riuscirà a farsi apprezzare dagli spettatori più giovani e dalle famiglie, più che dagli amanti dell’originale del 1941.

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