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Hammamet: l’uomo nascosto dietro il politico (e viceversa) | Recensione

Debutta oggi nelle sale italiane Hammamet, film di Gianni Amelio incentrato sulla figura di Bettino Craxi. Un’opera che è sicuramente destinata a fare discutere, anche oltre gli ambienti prettamente cinematografici. Dopotutto, quando affronti un personaggio così importante, complesso e controverso, il terreno scotta ed è facile scatenare le polemiche. Ma cosa attende in sala gli spettatori che andranno a vedere Hammamet? Scopriamolo insieme nella nostra recensione del film!

Hammamet, ovvero un film sul crepuscolo 

hammamet film recensione craxi amelio favinoNon troverete un resoconto della vita di Bettino Craxi in questo film. Al di là del prologo, ambientato nel pieno della sua carriera politica, il film (come il titolo stesso svela) si concentra totalmente sugli ultimi mesi di vita dell’uomo, trascorsi in Tunisia, lontano dalle condanne. Ne nasce così un ritratto crepuscolare e malinconico di una figura che ha vissuto in maniera intensa e che ora si guarda indietro, stanco e tormentato.

Una rappresentazione che, come in molti stanno sottolineando, tende a esaltare il personaggio di Craxi. A onor del vero, non si tratta di un ritratto totalmente positivo: non si nascondono gli aspetti più duri del carattere del personaggio, né c’è un tentativo di promuovere la sua innocenza o simili. Tuttavia la figura che emerge, supportata dai dialoghi a volte fin troppo pomposi, è quella dell’eroe tragico, tormentato e costretto a fuggire per non piegare la schiena agli avversari. Non ci concentreremo sull’aderenza storica di questa rappresentazione, perché non è questo lo spazio per farlo, ma è un dato che va registrato, considerato quanto farà discutere.

Forse sarebbe stato più interessante (nell’ottica puramente narrativa) rinunciare a ogni legame con la realtà, con solo una vaga ispirazione alla vita del politico. Una strada che Hammamet per certi versi intraprende, evitando per la maggior parte del film l’utilizzo dei nomi dei diversi personaggi. Le figure sono indicate con il loro ‘ruolo’ (la moglie, il politico, il figlio…) oppure utilizzando degli pseudonimi. Questo avrebbe permesso di affrontare il racconto di questa figura al tramonto in maniera più libera, evitando all’autore, ma soprattutto allo spettatore, di doversi confrontare continuamente con i fatti reali.

Dicono che in Tunisia mi diverto!

Perché, cercando (faticosamente) di separarla dalla storia, la riflessione sulla figura giunta al tramonto della sua travagliata vita è interessante. Una rappresentazione che ci mostra il suo lato umano, l’uomo nascosto dietro il politico con tutti i suoi tic e fissazioni. Al contempo però troviamo il politico dietro l’uomo, come in un continuo inseguimento, che ancora non riesce ad abbandonare il mondo da cui è scappato.

D’altro canto, probabilmente allontanarsi dalla figura storica avrebbe potuto diminuire l’intensità dell’aspetto più affascinante del film. Stiamo ovviamente parlando dell’interpretazione di Pierfrancesco Favino, che regala una performance superiore anche alla sua già alta media. L’attore romano, supportato da un eccezionale lavoro di trucco, sparisce completamente nel personaggio, trasformandosi completamente.

Una mimesi incredibile, che da un’intensità eccezionale al protagonista. In ogni suo momento, che sia felice davanti a un piatto di pasta o sofferente per la propria malattia, il Craxi di Favino titaneggia sullo schermo. La sua figura conquista l’attenzione dello spettatore senza lasciarlo mai. Un’interpretazione che sarà sicuramente ricordata a lungo e che (insieme ad alcune sequenze piuttosto ispirate per Amelio) è forse l’unico motivo valido per la visione.

Per quanto riguarda invece il resto del cast di questo film, si può dire che le performance in Hammamet siano altalenanti. Se da una parte troviamo una Livia Rossi più che soddisfacente, dall’altra abbiamo interpretazioni decisamente meno solide, a partire da quella di Luca Filippi, che non convince.

Hammamet è il film di Pierfrancesco Favino

Hammamet è quindi un film complesso, che soffre troppo l’apparente desiderio di rilettura della figura dell’uomo politico al suo centro. Un progetto che avrebbe potuto rendere molto di più, ma che a conti fatti lascia una performance eccezionale di Pierfrancesco Favino e solo alcune scene davvero rilevanti, a partire dall’onirica sequenza nel finale.

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