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Il caso Kevin Hart – Le Voci dell'Idra

Inauguriamo il nostro primo "editoriale multiplo" dando spazio a tre autori di Orgoglio Nerd per parlare del mancato presentatore degli Oscar 2019!

Il commento di Gabriele: Lo Zen e l’arte di chiedere scusa

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La vicenda di Kevin Hart porta alla mente un evento recente, piuttosto simile: un’altra celebrità ha visto alcuni suoi tweet controversi emergere all’attenzione del pubblico, e per l’ondata di oltraggio, o più precisamente, per il timore di un’azienda della possibile ondata di oltraggio, è stato punito dove più conta, perdendo un contratto di lavoro da sogno e facendo notevoli passi indietro nella propria carriera. Sto parlando naturalmente del licenziamento di James Gunn da parte di Disney dopo che è tornata alla luce una collezione di tweet offensivi e caciaroni che scherzano su temi importanti risultando, per dirla con un eufemismo, di pessimo gusto.
Fra le due vicende c’è una differenza che trovo macroscopica. Della vicenda di Gunn ha parlato il nostro Mattia, facendo emergere proprio il particolare a cui mi riferisco: i tweet del regista sono stati recuperati e l’intera polemica è esplosa a causa dell’intervento di network conservatori con l’esplicito intento di danneggiare Gunn per le sue posizioni politiche sgradite.
Nel caso di Kevin Hart, invece, a scovare e pubblicizzare i suoi tweet omofobi (e su questo torniamo) sono stati giornalisti e attivisti della comunità LGBTQ, ovvero i bersagli, per così dire, delle battute dell’attore.
Sono anch’io molto infastidito da questa attuale tendenza a rimestare nel torbido alla ricerca di ombre o punti deboli nel passato dei personaggi pubblici, ma mi sembra molto chiaro che le due situazioni siano differenti: nel caso di Gunn si è trattato di un’operazione platealmente punitiva, con l’obbiettivo di attaccare un regista non grato con un pretesto qualunque; nel caso di Hart l’indignazione, esagerata o meno, appropriata o meno, mi appare più genuina e legittima.

Parliamone, dunque. La reazione è stata esagerata? I tweet sono davvero così omofobi? Certamente abbiamo visto di peggio: molte persone ancora nel 2018 esprimono pareri e utilizzano un linguaggio platealmente omofobo, in maniera talvolta esasperata e persino orgogliosa. Non mi sembra affatto il caso di Kevin Hart, tuttavia è innegabile che quelle battute siano infelici: sebbene non abbiano il livello di acredine di certe dichiarazioni di politici e uomini pubblici, fanno comunque la loro parte nel perpetrare quegli stereotipi che si sta così faticosamente cercando di eliminare dalla nostra coscienza collettiva.
C’è un ulteriore passaggio, a questo punto: Kevn Hart è cambiato, non approva più quelle battute, le ha tolte dai propri spettacoli, è in un altro punto della sua evoluzione come essere umano. Disclaimer: non ho intenzione di domandarmi se sia vero, oppure se sia soltanto un cambiamento di facciata. Stiamo parlando di un personaggio pubblico, quindi l’unico aspetto che ci interessa è proprio quello della sua facciata, paradossalmente.

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Kevin Hart è cambiato, dicevamo, e comprensibilmente ritiene di non dover più delle scuse a nessuno. Ha già affrontato il discorso, spiega, e si rifiuta di sottostare a questa sorta di ricatto, altrimenti si dovrebbe scusare ogni volta che qualcuno tira in ballo le sue vecchie routine comiche. Comprendo bene questo discorso e in parte lo condivido: le persone cambiano, dobbiamo collettivamente accettare e convivere con gli errori passati dei nostri “eroi”. Trovo poi che questo gioco di “caccia alla controversia” in cui si rimesta nel passato dei vip per metterli di fronte a vecchi scheletri nell’armadio sia un’arma con un terribile doppio taglio. Il messaggio sembrerebbe quasi essere che non importa quanto le tue posizioni evolvano, non importa se ti rendi conto dei tuoi errori: questi rimarranno parte della tua identità pubblica per sempre, e potranno essere sempre fonte di indignazione. Non dico che siamo (ancora) a questi livelli, ma ci stiamo pericolosamente avviando in quella direzione, e non mi sembra né furbo né efficace.

Quindi comprendo Kevin Hart: è stato messo al centro di una situazione che lui trova ingiusta. Però sono anche convinto che abbia reagito a questa situazione in maniera assolutamente pessima.
Il mio discorso va su due binari differenti, che in realtà si sovrappongono: uno è etico, l’altro è tattico. Dal punto di vista etico, trovo che Hart abbia perso una grande occasione per comportarsi in maniera alta. Accettare le critiche, affrontarle di petto, ammettere di aver sbagliato e sfruttare l’occasione per trasformare questa polemica in qualcosa di positivo sarebbe stato grandioso. Abbiamo recentemente avuto un luminoso esempio di “come si fa” grazie al nostro Leo Ortolani, che ha affrontato di petto i propri errori nella rappresentazione delle transessuali in Ratman, e ha prodotto Cinzia, che è il suo pubblicissimo modo di aggiustare le cose. Ortolani avrebbe avuto tutte le ragioni per glissare sulla questione: i suoi errori sono vecchi di anni, ora è cambiato; si tratta di battute comiche, nulla di più; eccetera. E avrebbe funzionato. Ma ha scelto invece di sfruttare il suo personale percorso di crescita per offrire un’importante testimonianza ai suoi lettori, ovvero che è legittimo sbagliare, soprattutto su temi che la società e la cultura moderne stanno fagocitando in modo straordinariamente rapido. L’importante è ciò che si decide di fare quando ci si rende conto di aver sbagliato.

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Dal punto di vista tattico, allo stesso modo, Hart ha fatto un passo falso. Quella che avrebbe potuto essere la storia dell’encomiabile sforzo di un attore “riformato” per fare ammenda dei suoi antichi errori è diventata la storia di un attore che perde il lavoro dei suoi sogni perché è troppo arrogante per chiedere scusa. Di nuovo, capisco che Hart abbia già affrontato la questione, ma…non so voi, io non lo sapevo. In uno dei suoi video Hart dice che lo stesso sforzo che è stato fatto per trovare i tweet controversi sarebbe stato sufficiente per trovare le sue risposte. Reazione comprensibile, ma francamente sarebbe molto più furbo da parte sua far sì che le risposte fossero molto più facili da trovare rispetto ai tweet, e sfruttare l’enorme palcoscenico degli Oscar per affrontare la questione sarebbe stato un ottimo modo per mettere a tacere le critiche una volta per tutte, perché a quel punto nessuno potrebbe più rinfacciargli nulla. Aggiungete poi che dopo la sua prima reazione di pancia, in cui rivendicava di non aver nessun motivo di scusarsi, l’attore ha comunque finito per farlo, e capite bene il grande pasticcio che è stato fatto nel gestire l’intera faccenda.

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Insomma: chiedere scusa potrà essere fastidioso o ingiusto, ma in un caso del genere trovo che sarebbe stata la scelta migliore, sia perché avrebbe posto la luce dei riflettori su una tematica ancora delicata e importante, facendo del bene a molti, sia perché sarebbe stato uno scacco matto notevole da parte di Hart, che avrebbe alleggerito la sua carriera di questo fardello. Invece l’attore ha deciso di porre l’accento su tutte le circostanze attenuanti o i distinguo, che pure sono assolutamente legittimi, ma non è quello che si vuole sentire come accompagnamento a delle scuse. “Mi dispiace, ma…” non ha mai funzionato. Vorrei citare qui una delle migliori offerte di scuse che mi possano venire in mente, che personalmente uso come traccia da seguire in occasioni simili.

Nelle immortali parole di Ron Swanson: “I am sorry. I have been a horse’s ass. And that is the end of what I have to say”.

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