Il richiamo della foresta è un romanzo di Jack London pubblicato a inizio Novecento. Si tratta di uno dei classici della letteratura dell’ultimo secolo, adattato più e più volte in tanti formati differenti. L’ultima versione cinematografica arriva nelle sale italiane proprio in questi giorni, con Harrison Ford nell’iconico ruolo di Jack Thornton. Noi abbiamo visto questa pellicola in anteprima e siamo qui per parlarvene nella nostra recensione.
Di cosa parla Il richiamo della foresta?
Buck è un cane vivace e un po’ viziato che vive nella casa del giudice Miller, nel Sud degli Stati Uniti. Con la nascita della febbre dell’oro nel Klondike, si sviluppa una fortissima domanda di animali capaci di trainare le slitte sui ghiacci. Così un cittadino senza scrupoli decide di rapire Buck e venderlo a un contrabbandiere altrettanto spietato. Di qui passerà in mani sempre peggiori fino ad arrivare a quelle di Perrault, responsabile della consegna della posta sulla tratta ghiacciata.
Il rapporto con il nuovo padrone è ottimo e Buck dimostra di essere decisamente dotato per il suo compito. Piano piano guadagna il rispetto del resto della muta fino a diventarne il nuovo leader. Dopo l’inverno però dovrà dire addio a Perrault, passando per un nuovo crudele e incapace padrone, per poi arrivare a legarsi a Jack Thornton, un uomo tormentato con cui stringerà un solidissimo rapporto di amicizia.
Il racconto, similmente alla versione originale di London, procede in fasi diverse, inquadrabili a grandi linee con i diversi proprietari di Buck. Qua e là sono sparsi piccoli indizi che iniziano a preparare il terreno al rapporto che si svilupperà più avanti con Jack. Un’amicizia toccante che piano piano aiuterà l’uomo a ritrovare la propria serenità dopo il trauma che l’ha fatto fuggire a Nord portandolo fino al finale del film.
Quello che viene costruito in maniera meno solida è il richiamo della foresta vero e proprio. Sono pochi gli accenni a questa idea e quasi mai davvero marcati, comportando un’accelerazione nel finale. L’evoluzione del personaggio si percepisce comunque, ma forse avrebbe potuto essere di maggiore impatto con uno sviluppo più curato e costante.
Non abbiamo sentito il richiamo della foresta
Superati questi problemi, a conti fatti non tragicamente dannosi per l’economia del film, bisogna affrontare la questione della CGI. Il protagonista Buck (e non solo lui) infatti è realizzato in computer grafica interamente e questo rende la visione difficoltosa.
Spesso infatti questo aspetto è piuttosto evidente nei movimenti del cane e si può facilmente notare come sia sovraimposto al resto dell’ambiente. Il character design inoltre, pur restando in ambito totalmente realistico, ha degli elementi vagamente cartooneschi. Non molti e non troppo evidenti, ma sufficienti a distrarre durante la visione.
Quindi tutto male per questo Il richiamo della foresta? No, non sarebbe giusto. Bisogna infatti ammettere che dopo l’impatto iniziale la CGI non è più così fastidiosa. Che sia per un’abituarsi dello spettatore o per un effettivo miglioramento è difficile dirlo, ma resta che piano piano inizieremo ad affezionarci a questo Buck.
Inoltre, tolto qualche problema come quelli citati qui sopra, la storia nel complesso si regge e riesce a fare appassionare. Unito a un paio di scene davvero emozionanti, soprattutto durante le corse in slitta e una buona performance di Harrison Ford, il film riesce a fare il suo dovere, anche se non va oltre questo.
Pareri finali