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Un mondo di scuse

“Scusa”
Una parola molto semplice, che contiene tante sfumature diverse.
Può venire dal cuore oppure può essere pronunciata con leggerezza.
C'è chi si scusa troppe volte e chi non lo fa mai abbastanza, nemmeno quando dovrebbe.
Quanti sono i modi che conoscete per chiedere perdono in italiano? Forse una decina: “perdonami” “mi dispiace” tra i più utilizzati.
In giapponese credo ce ne siano almeno venti.
Per ogni situazione, per ogni errore, tantissime forme differenti dello stesso concetto. Passano metà del loro tempo a scusarsi.
In alcuni casi, in cui normalmente gli Italiani ringraziano, i Giapponesi si scusano.
ごめん – gomen-   (e nella sua versione  più educata ごめんなさい -gomenasai- o in quella più amichevole ごめんね -gomen ne-) che si usa più in generale.
悪い – warui – che è un po' come dire “colpa mia”, utilizzando l'aggettivo “cattivo”.
E poi  申し訳ない -mōshiwakenai- , 合わせる顔がない -awaserukaoganai- , 弁解の余地がない -benkainoyochiganai-,  失礼します -shitsureishimasu- e 失礼いたします -shitsureiitashimasu-, tra versioni formali,  da manuale, alcune utilizzate perché si deve, non perché si sente.
許して 下さい -yurushitekudasai- perdonami.
すみません -sumimasen-,  che utilizzi anche quando devi passare e una persona ti blocca la via, o per attirare l'attenzione in un locale affollato.
Si potrebbe andare avanti ancora a lungo.
Molte volte quando si sentono alcune formule non le si ascolta neanche davvero, ben consci che in realtà siano solo una delle infinite formalità della cultura giapponese che ovviamente si riflette sulla lingua (o viceversa?!).
Altre volte si vengono a creare delle situazioni, legate alle scuse pubbliche, che per noi avrebbero quasi dell'assurdo.
Nell'agosto del 2016 ero in Giappone e c'è stato un caso che ha occupato i notiziari e ogni canale televisivo per settimane e settimane.
Takahata Yūta, attore figlio d'arte, allora 22enne, ha trascinato un'impiegata di un hotel nella sua stanza e l'ha aggredita.
In seguito la madre, Takahata Atsuko, si è presentata abbigliata di nero davanti a fotografi e giornalisti inchinandosi in lacrime, scusandosi ripetutamente per gli atti del figlio.
Si è presa pubblicamente una buona parte di colpa.
Ho perso il conto di quante volte ho rivisto quella scena, nelle settimane che sono rimasta lì.
E ogni volta non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo.
Non so se quelle lacrime fossero vere o artefatte, così come le scuse, ma il gesto è stato compiuto.
È corretto? Non saprei dirlo.
Il genitore è responsabile della crescita di un figlio, della sua educazione, è tenuto a cercare di essere il più retto possibile per poter dare un esempio. In alcuni casi, badate bene a non generalizzare eccessivamente o ad esagerare, la causa di determinati atteggiamenti scorretti viene dalle mancanze del genitore.
Ma i figli rimangono esseri umani, ognuno a sé stante, ognuno in grado di prendere le proprie decisioni e di fare delle scelte.
L'equilibrio è instabile, il confine molto sottile.
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Cercando altri casi ho scoperto che Takahata non è stata la prima e nemmeno la più particolare. 
Il Japan times informa che nel giugno dello stesso anno, l'attrice Takashima Reiko si è pubblicamente scusata perché il marito, Takachi Noboru, è stato trovato in possesso di droghe e di conseguenza arrestato.
Ecco questa è, a mio avviso, completamente inaccettabile. 
Era imputabile di essere sua moglie e per questo chiedeva perdono davanti al Giappone.
Non si tratta di uno scherzo.
Gli estremi cui sono in grado di arrivare, a volte, sbalordiscono.
In altri casi genitori si sono presi le colpe dei figli, allontanandosi volontariamente dal mondo dello spettacolo per qualche periodo.
Un senso di colpa, credo, nei confronti della società e delle regole ferree di cui è formata. Si va così a tradire tutto un sistema che si basa sulla correttezza del singolo, una macchina perfetta che crolla nel momento in cui non tutti cooperano nella maniera adeguata.
A meno che, ovviamente, non sia un modo per dire che in realtà non è colpa loro.
Ammettere in modo plateale uno sbaglio per far si di uscirne puliti.
Credo che sarebbe ancor più terrificante.
See you space cowboy
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