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L’età oscura della creduloneria: il bias di Gotham City

Anche oggi i ragazzi del laboratorio sotterraneo di Orgoglio Nerd vogliono contribuire alla diffusione della corretta informazione, fornendo qualche nuovo consiglio utile per i lettori. L’argomento di oggi sono i “bias”, termine inglese che potremmo tradurre con “pregiudizio” o “faziosità”, anche se questi termini non sono in realtà altrettanto generici. Potremmo dire di trovarci di fronte ad un “bias”ogni qual volta una persona, a causa della sua esperienza o dell’immediata risposta sensoriale (o emotiva), si trova ad avere una posizione non obiettiva e spesso nemmeno fedele ai fatti.

La domanda iniziale su cui riflettere potrebbe essere questa: la presenza di Batman a Gotham City ha davvero reso la città più sicura? O ha invece contribuito ad aumentare la criminalità? Dato che vi sono diversi bias all’interno dei fumetti, come in qualsiasi altro mezzo di comunicazione, è un buon punto per capire se ci siamo lasciati influenzare involontariamente dalla posizione del nostro interlocutore, perdendo così di vista la realtà oggettiva. Dobbiamo quindi credere alla voce fuori campo che ci dice che Batman ha reso Gotham City una città sicura o la presenza costante di super-criminali è indice di una criminalità crescente? Non troverete la risposta in questo articolo, consideratelo un piccolo compito per casa. A voi poi estendere questa pratica di ragionamento agli altri mezzi di comunicazione, cercando di intuire quali pappette precotte vi stiano cercando di propinare.

Dal punto di vista fisico, accade la stessa cosa quando si parla di temperature percepite e temperature reali: 30 gradi Celsius con 88% di umidità vengono “percepiti” come 40 gradi Celsius, mentre con il 20% di umidità potrebbero addirittura essere percepiti come 28 gradi Celsius (dipende dalla formula, in questo caso). In pratica, la nostra percezione della temperatura è sempre affetta da un “bias” che è l’umidità. Se siamo coscienti dell’esistenza di questo effetto possiamo riuscire a tenerne conto facilmente. Il problema è che molte volte siamo affetti da bias senza averne il benché minimo indizio.

Immaginiamo ad esempio che un’astronave aliena (senza troppi sensori e piuttosto pasticciona, nel nostro caso) atterri per la prima volta in assoluto in Finlandia. Data l’elevata percentuale di popolazione finlandese bionda, i nostri ospiti probabilmente penserebbero che la terra è abitata da un’unica razza senziente, dotata di capelli, occhi e pelle molto chiari. Se poi atterrassero nuovamente in Russia,probabilmente confermerebbero il dato. Il bias in questo caso è proprio una generalizzazione dettata dall’esperienza pregressa acquisita nel precedente atterraggio. Le cose poi potrebbero andare anche peggio, all’aumento delle visite sulla terra ma in assenza di un corretto campionamento della stessa, la scienza aliena uscirebbe totalmente convinta che quell’unico caso rappresenta davvero la totalità delle possibilità. Lo ammettiamo, questo fenomeno ha afflitto anche la scienza terrestre, basti pensare all’esperimento carcerario di Stanford. Un esempio diametralmente opposto potrebbe invece essere l’avversione per i vaccini: il “bias” dato dalla conoscenza dei possibili effetti collaterali può portare al rifiuto del trattamento anche in quei casi in cui questo rischio è diversi ordini di grandezza inferiore rispetto a quello di subire danni permanenti dalla malattia. O magari il recente esempio di Marte grande quanto la Luna.

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Le conseguenze più gravi dei “bias” si hanno forse però al di fuori del mondo scientifico: proviamo a pensare che l’astronave in visita abbia duemila membri dell’equipaggio, di cui due, mossi da fanatismo religioso, intenzionati a commettere una strage: si tratta dello 0.1% dell’equipaggio dell’astronave eppure sarebbe sufficiente per far percepire l’intera razza come “ostile” e “pericolosa”. Succede costantemente, l’essere umano ha una predilezione naturale per etichettare le cose ed accomunarle per similitudine (in risposta ad una sollecitazione esterna che ne genera il criterio), liberarsi di questi preconcetti è un’operazione che richiede un enorme sforzo da parte dell’individuo. Ed è praticamente impossibile da ottenere in un branco di individui, dove la correttezza del credo condiviso viene sostenuta vicendevolmente.

Come evitare di farsi imboccare a pappetta riscaldata ad alto contenuto di preconcetti? La risposta è semplice e può diventare anche un gioco interessante. Per ogni messaggio che vi viene proposto, cercate di scavare voi stessi delle strade alternative e vedete se vi portano allo stesso punto. Non a mani nude: ci sono affidabili mezzi che vi possono aiutare nella vostra sfida, confermati e condivisi da centinaia se non migliaia di esperti, per ogni singolo campo del sapere. Se poi un giorno vorrete diventare esperti a vostra volta, non dimenticate di costruire e distribuire i vostri attrezzi a chi vorrà seguire i vostri passi, alla ricerca della verità. 

Perché una risposta preconfezionata non avrà mai il sapore di una bella risposta fatta in casa, come quelle di una volta.

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Commenti

  1. L’articolo si potrebbe riassumere in ‘La memoria genetica/ancestrale non la puoi cancellare’.
    Tutto qui.

  2. Mi spiace, direi proprio di no… Non solo non si fa’ menzione della memoria genetica/ancestrale (tra l’altro concetti differenti) ma non vi è proprio nessun punto in cui si dica che il bias è aprioristicamente definito. La maggior parte dei bias sono dovuti a società ed educazione.

  3. Certo, se lo dici tu.
    Però resta il fatto che quello che ho detto non è possibile smentirlo.
    Altrimenti non è possibile che da piccoli si sappia già avere un rapporto orale col capezzolo o chi per lui quando nessuno può insegnartelo.
    O sai ciucciare o muori.

  4. Yep, non c’è ombra di dubbio che esistano una serie di istruzioni scritte nel codice genetico, come anche la paura dei serpenti. Questo non significa che il concetto sia allargabile “ad libitum” a quella fascia dello scibile che richiede qualcosa di più complesso di un insieme di un riflesso. Leggere non è un bisogno primario e richiede un utilizzo “elevato” delle capacità celebrali, non si può pensare che una attività del genere sia legata ad una memoria genetica “essenziale” che lavora sugli istinti basici.

    Semplificando: la memoria genetica funziona bene, ma non sulle operazioni complesse in quanto queste ultime richiedono un maggiore apporto “cosciente”. La genetica non è una scusante per l’ignoranza.

    Ovviamente questa è la mia opinione, ma diversamente dal QI (http://www.nature.com/nature/journal/v388/n6641/abs/388468a0.html) non vi sono prove che si possa ereditare una tendenza alla creduloneria (o all’ignoranza).

  5. Mi pare che il concetto di Bias sfugga un po’ in questo caso. L’esempio della temperatura percepita è fuorviante, in quanto si sta parlando di Bias psicologici (e l’umidità non è la risultante di un preconcetto), ed anche in termini statistici, l’umidità non è un Bias di distorsione, ma una variabile. Condivido al 100% il messaggio di fondo dell’articolo, ma l’articolo in sé lo trovo un po’… Confusionario. La creduloneria non passa solo dai bias o dalle euristiche (tengo conto che hai parlato di bias e spero ci capiamo), ma anzi, Euristiche, bias, pregiudizi, passano dalla creduloneria, che è una “Forma mentis” molto più ampia. Stavo scrivendo un articolo simile giusto ieri, e mi sono fermato proprio perché stavo cadendo nello stesso errore di ragionamento che (secondo me) hai fatto tu. Parlare solo di scorciatoie mentali è riduttivo in questo caso, perché implicherebbe il fatto che la mancata ricerca della verifica dei fatti sia dovuta solo a dei processi di risparmio cognitivo che sappiamo essere automatichi, mentre in realtà la Creduloneria (Prendiamolo come termine scientifico :p ) la definirei più come un Atteggiamento in quanto tale, e dunque un ampissimo discorso in cui il pregiudizio ed il bias sono solo una delle tre componenti (Cognitiva, Comportamentale ed Affettiva).
    … Scusa lo sproloquio, come ti ho detto, ne stavo scrivendo proprio ieri e mi hai dato una scintilla XD

  6. Ahimé Valerio… Concordo con te. L’idea iniziale era decisamente più concisa, ne è però seguita una divagazione che ha portato poi ad un taglio netto e un articolo che, lo ammetto, non soddisfa neppure me. Hai centrato probabilmente il problema che non riuscivo a discriminare io. Grazie per il commento, cercherò di fare di meglio la prossima volta 🙂

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