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Lone Sloane: Un fumetto innovativo dal passato

Quando capita di riscoprire una gemma di qualche decennio precedente rileggendola con gli occhi del XXI secolo, può capitare di emozionarsi parecchio.
Come nel caso di Lone Sloane, fumetto francese creato da Philippe Druillet nel 1966 e di recente ripubblicato in Italia da Magic Press.
Ma che cos’è un fumetto, soprattutto se scritto nel 1966? Una storiella stereotipata forse? Con dei supereroi che compiono grandi imprese, nel corso di vicende magari un po’ banali?
Inutile negarlo, è questo che comunemente si tende a pensare quando si nomina un “fumetto”; la sua non esclusione a priori dal novero delle potenziali opere letterarie degne di rispetto è una lunga battaglia che negli ultimi anni ha finalmente iniziato a dare frutti, anche se conquistati con fatica.
Un altro luogo comune è che il fumetto si sia evoluto solo di recente e che tutto ciò che abbia preceduto gli anni ’80 sia un po’ naive, poco strutturato e imperdonabilmente di serie B.
La realtà è ben diversa e Lone Sloane ne è un ottimo esempio.
Il fumetto come genere, se così possiamo definirlo, consiste dell’unione e della coesistenza di un messaggio verbale con le immagini: strumento dalle potenzialità vastissime. E Druillet ha sfruttato appieno il mezzo sperimentando in modo innovativo.
Ha rappresentato un cambio epocale che ha precorso i tempi. Molto sperimentale, di ispirazione escheriana negli ambienti, con diversi piani che si intrecciano e rincorrono. Si fa sentire anche una consistente influenza lovecraftiano, con una forte impronta onirica e mostruosa.
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Il genere è fantascientifico, Lone Sloane è un eroe impegnato a esplorare lo spazio, perseguitato politico in fuga, dagli strani poteri e gli occhi rossi.
L’esplorazione delle galassie si presta come ottima scusa per sperimentare senza freni con la rappresentazione del reale e dell’irreale, giocando con le percezioni visive.
Il dettaglio è trattato con una grande cura, Druillet infatti disegna tavole di grandi dimensioni per poi ridurle successivamente.
Il lettering è particolarissimo, purtroppo nell’edizione italiana il risultato non è particolarmente soddisfacente.
Il sapore è d’altri tempi, con un linguaggio che a tratti può risultare un po’ antiquato già nell’originale inglese. Ma l’innovazione dei disegni e della narrativa, che può effettivamente risultare complessa e un po’ ostica, risulta ancora oggi d’avanguardia.
A livello di tematica sono affascinanti i riferimenti a un impero ormai decadente e profondamente corrotto, con equilibri di potere instabili tra l’imperatore e l’ordine religioso di riferimento.
La critica all’ordine clericale che di fatto pratica le indulgenze: assolvere l’anima dei gestori di bordelli e case da gioco dietro pagamento, sconfinando nella pratica mafiosa del “purificare con il fuoco” l’attività se lo scotto non viene pagato.
La crudeltà delle lotte nelle arene di Delirius che richiamano i gladiatori dell’antica Roma degenerata, con i suoi insaziabili vizi, fa da sfondo alla caccia continua cui l’eroe deve sottrarsi grazie alla sua sovrumana abilità e astuzia.
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