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ON Vs. Claudio Sciarrone: oltre lo specchio

Di racconti sul leggendario antro creativo di Claudio Sciarrone ne abbiamo sentiti molti, relativi alla quantità incredibile di prop cinematografici, fumetti, rarità e cimeli collezionati in vent'anni di carriera, alla mancanza di nome sul citofono, alla trasformazione da studio di lavoro in punto di ritrovo con apprendisti, fan e amici. 
Aggiungeteci che stavamo cercando di organizzare un incontro con Claudio da mesi e capirete che quando ci siamo finalmente potuti accomodare nel sanctum sanctorum la curiosità e l'attesa erano alle stelle.
Niente di quello che sapevamo per sentito dire poteva comunque prepararci all'impatto con il semplice volume di meraviglie contenute in quello che, da fuori, appare essere un semplice capannone, grigio e anonimo: le pareti sono letteralmente tappezzate di fumetti, dvd, action figures dall'aria preziosa e rara e Claudio, con un atteggiamento di mite modestia che non riesce però del tutto a mascherare il suo orgoglio, è assolutamente pronto a raccontarci nel dettaglio la storia dei suoi tesori preferiti. In effetti, la sensazione è che non vedesse l'ora di farlo.
Passiamo così il primo quarto d'ora a rimirare la sua collezione di action figures marcate McFarlane, dalle più recenti, splendide in ogni dettaglio, a quelle della primissima edizione dedicata a Spawn, che in contrasto sembrano dei giocattolini: “Quando le ho comprate, un sacco di anni fa, non credevo ai miei occhi: rispetto a quel che c'era prima, dei veri e propri giocattoli fatti da un solo pezzo di plastica con pochi dettagli, queste sembravano perfette… ora, fra queste e quelle di oggi c'è lo stesso salto di qualità!”. Naturalmente lo scaffale dedicato alla Disney è uno dei più carichi e in questo caso l'attenzione è tutta per una statua di Topolino tratta da Runaway Brain, uno degli ultimi cortometraggi classici, in cui Topolino scambia la sua mente con quella di un mostro. “Questo è un esempio di rara decisione della Disney di uscire dai propri confini creativi: un Topolino mostruoso, cattivo e ringhiante oggi è molto difficile da trovare, e infatti di merchandising su Runaway Brain ne hanno fatto pochissimo”, ci dice Claudio, accarezzando con orgoglio la sua inquietante rarità.
La mattinata trascorre piacevolmente fra un caffè e una chiacchiera informale. Siamo qui per un'intervista in realtà, ma l'atmosfera si fa talmente rilassata che il normale botta e risposta con taccuino in mano e registratore acceso sarebbe totalmente fuori luogo. Tanto più che Sciarrone si rivela un abile e prolifico narratore di aneddoti, il che rende le nostre domande quasi superflue.
Veniamo a sapere dei suoi esordi in Disney, avvenuti da giovanissimo grazie all'insistenza di suo padre: “Finito il liceo artistico iniziai a spedire curricula in giro, ma fu mio padre a suggerire di propormi in Disney. Io scartai l'idea, pensando di non avere alcuna possibilità. Andammo avanti a discuterne per diverso tempo, finché un giorno venne da me e mi disse: 'Claudio, ti ho preso un appuntamento con quelli di Topolino per domani'. Il giorno dopo ero a un tavolo con Carpi e dalla settimana successiva ero ospite della redazione di Topolino, dove potevo esercitarmi e ricevere consigli e pareri”. Da qui, due anni di lavoro sodo e poche soddisfazioni: “Carpi non era facile da accontentare, le sue risposte tipiche erano 'non ci siamo', 'rifai', 'questo va quasi bene'. A casa ero intrattabile, rispondevo male ai miei, ero teso come una corda di violino, non riuscivo a capire cosa gli altri facessero di giusto che a me sfuggiva. Quando mi assegnarono la mia prima storia, nel '92, non mi sembrava vero!”.
La carriera di Sciarrone iniziò allora e continua a gonfie vele fra progetti vecchi e nuovi. Naturalmente un argomento su cui non potevamo non stuzzicarlo è il mai abbastanza rimpianto Paperinik New Adventures. Che ci sia una certa nostalgia per quell'avventura è evidente anche dalla cospicua presenza di poster, disegni e gustose chicche sparse per tutto lo studio. “Pikappa fu un'avventura unica: riuscimmo a superare, almeno all'inizio, tutti i lucchetti imposti da Disney perché a nessuno era ben chiaro cosa stessimo facendo: i personaggi nuovi, quelli vecchi ma riproposti in maniera così diversa, le situazioni, lo stile artistico, perfino il formato dell'albo e l'impaginazione, avevamo creato qualcosa che passava completamente sotto i radar, così il Pk Team, almeno all'inizio, doveva rendere conto quasi solo a se stesso.” Sciarrone ha un aneddoto gustoso anche per come è arrivato a essere coinvolto nel progetto: “Stavo per fare delle fotocopie, quando trovai nella fotocopiatrice uno schizzo di un Paperinik con quelli che poi sarebbero diventati i tratti di Pikappa, in particolare mi colpì il mantello in stile Spawn. Andai in giro a fare domande e venni letteralmente prelevato e chiuso in un ufficio, dove Sisto e gli altri del Pk Team mi misero a parte del progetto. Fu tutto molto cospiratorio, ma la conversazione si chiuse con 'Questo è il profilo del personaggio che ci serve per il prossimo numero: l'ideazione grafica è tutta tua'. E quel personaggio era nient'altri che il Razziatore, che doveva essere pronto per l'uscita dello 0/2, che poi disegnai io”.

Ogni volta che ci capita di parlare con qualcuno della mitica squadra che diede alla luce Pikappa, da Tito Faraci a Lorenzo Pastrovicchio, da Gianfranco Cordara al grande Bertoni, la sensazione che ne traiamo è la stessa: tutti sono molto legati a quel fumetto, ci sono affezionati almeno tanto quanto i fan. Chiediamo a Claudio cosa esattamente sia andato storto nella terza serie: “Beh, alla fine la Disney ci ha raggiunti. Il target a cui si rivolgevano le prime due serie era molto più alto e lontano rispetto alle fasce di pubblico che Disney considerava prioritarie, quindi fummo costretti ad abbassare il tiro a nostra volta, con il risultato che tutti conoscono”. Facciamo notare un particolare che ci ha colpito nella terza serie di Pikappa, che apparentemente contrasta con questo discorso: Lyla. Lyla è, soprattutto nelle storie di Sciarrone, ma non solo, molto più sexy e seducente delle serie precedenti, il che denota una malizia che sembra andare nella direzione opposta rispetto a tutto il resto.
“Vi riferite alla storia della Paperopoli parallela, vero? Sì, avete ragione. Il motivo è che se da un lato i testi e le storie erano supercontrollate, dall'altro l'ambito dei disegni era fondamentalmente lasciato nelle nostre mani, interessava meno. Quindi le piccole libertà ce le prendevamo in quel modo!”
Naturalmente il tema delle “papere sexy” è diventato protagonista della produzione di Sciarrone, soprattutto degli ultimi tempi: le sue Ugly Duckling, le brutte anatroccole, saranno presto le protagoniste di un videogioco, nientemeno che un picchiaduro.
“Mi ha sempre attirato il mondo dei videogiochi, fin da quando vidi per la prima volta le forme di Lara Croft in una pubblicità. Non potei fare altro che precipitarmi a comprare una Playstation e una copia di Tomb Raider 2 per capire di cosa si trattasse, e siccome l'ultimo videogioco su cui avevo messo mano prima di quello era qualcosa come Pong, Pac Man e i primi picchiaduro da sala giochi , rimasi completamente affascinato. Da allora sono sempre rimasto aggiornato sui videogiochi, anche se il tempo per giocarli scarseggia. Però è un linguaggio che è necessario padroneggiare se si vuole continuare a essere sul pezzo.”.
La domanda finale che proponiamo a tutti i nostri ospiti diventa l'occasione per una retrospettiva. Spieghiamo a Claudio che generalmente quando chiediamo agli autori e ai disegnatori di fumetti di dirci quale superpotere vorrebbero avere, le risposte sono tutte varianti sul tema “avere più tempo a disposizione”: il potere di fermare il tempo, il potere di rallentarlo, il potere di non dormire la notte (!)… Claudio ci riflette a lungo, poi dice: “Più che il potere di avere più tempo a disposizione mi piacerebbe avere il potere di guardare nel futuro, almeno un pochino. Mi piacerebbe poter dire al me stesso di vent'anni fa che ce la farà, che realizzerà tante cose belle e che per farlo non dovrà leccare il culo a nessuno, e mi piacerebbe sapere che i progetti che inizio oggi andranno in porto. Vivrei più tranquillo, anche se mi priverei della sorpresa!”.
L'altra domanda classica: “Qual è il tuo orgoglio nerd”, nel suo caso è ridondante: ci troviamo immersi in un mare di tesori, sceglierne uno sarebbe crudele. Perfino uscendo attraversiamo l'altro corridoio dello studio, quello dedicato ai prop cinematografici: “Questo è uno scudo usato in 300, me l'hanno venduto come prop usato nei campi lunghi della seconda unità, invece salta fuori che è stato usato dalla prima, con anche diversi primi piani!”, dice Claudio, indicandoci gongolante gli screenshot del film dove si vede il suo scudo. Appoggiata di fronte allo scudo c'è una sentinella usata in Matrix, nella vetrinetta di fronte le banconote bruciate dal Joker di Ledger, il calco della faccia di Perlman per Hellboy e un'armatura da Stormtrooper imperiale: “Chi me l'ha spedita l'ha classificata non come costume o giocattolo, ma come abbigliamento. Il risultato? Ho speso davvero un sacco di soldi per farle oltrepassare la dogana… però ne è valsa la pena!”.
Siamo sicuri di non aver visto nemmeno un quarto del ben di dio nascosto nello studio di Sciarrone, ma guardiamo l'orologio e ci rendiamo conto di aver più che abusato della sua ospitalità così, un po' a malincuore, siamo costretti a salutarci, sicuri però che ci vedremo presto!

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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