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Open World: il prezzo della libertà

Recentemente ho letto una notizia riguardante Final Fantasy XV (sono ancora in lutto riguardo il rinvio dell’uscita, la cui prima data coincideva persino col mio compleanno), in cui Hajime Tabata, director del suddetto gioco, annunciava che la seconda parte dell’avventura sarebbe stata più lineare della prima, più spiccatamente open world. Dopo nemmeno un paio di giorni, Tabata ha subito rettificato, affermando che soltanto la parte finale sarà, di fatto, più lineare. Personalmente queste dichiarazioni mi hanno lasciato un po’ perplesso: cosa c’è di male nel fatto che Final Fantasy XV abbia una parte più lineare, magari per doveri di trama? Alla fine tutti i Final Fantasy hanno sempre mantenuto uno sviluppo molto guidato, per via della storia. Possibile che nella mente del videogiocatore medio si sia affermata l’idea che un gioco lineare equivale a qualcosa di banale e noioso? Altrimenti non mi spiego questa corsa ai ripari di Tabata.

Ma analizziamo dal principio la questione. I giochi a modello open world si sono diffusi sempre di più negli ultimi anni e il motivo è molto semplice: la libertà d’azione. Poter decidere dove andare e cosa fare è sempre stato il sogno di molti videogiocatori, abituati a doversi muovere in linea retta senza mai poter deviare. Questa libertà donata alla community videoludica ha presto creato un genere di successo. Più la tecnologia si è sviluppata e più è stato possibile creare mondi sempre più vasti e dettagliati. Posso dunque capire che chi era abituato a un gioco “su binari” si sia ritrovato a respirare una boccata d’aria fresca con l’avvento di questo nuovo modo di giocare. Il problema è che non è tutto oro quel che luccica. Gli open world, infatti, essendo giustamente molto più difficili da realizzare per le software house, purtroppo si trovano spesso ad avere dei difetti che rendono l’esperienza di gioco una noia mortale. Fra quelli che più frequentemente ho rilevato nella mia esperienza videoludica c’è sicuramente la monotonia delle attività secondarie, spesso poche tipologie di quest dalle meccaniche sempre uguali che alla lunga stancano. Inoltre gli spazi sono sì enormi, ma talvolta molto vuoti e con poco da fare in giro. La trama principale, infine, può risentirne, perché il mondo di gioco non è creato solo in funzione di essa, cosa che costringe gli sviluppatori a mettere dei paletti in cosa si può fare; risulta poi difficile dimostrare l’impatto che alcune quest hanno sui personaggi o sul mondo di gioco a livello globale, facendo venire meno il senso di realismo che il giocatore dovrebbe percepire. Esempio pratico: in Skyrim, una volta che si è finito salvando il mondo e diventando capo dei maghi, della gilda dei ladri e degli assassini, se poi si ruba un bicchiere per sbaglio, le guardie ti trattano come l’ultimo dei poveracci (costringendomi a fare una strage… mi dovrò pur difendere!).
Nella mia esperienza con i videogiochi di tipologia open world, purtroppo ho avuto parecchie delusioni, per questo sono sempre scettico quando ne viene annunciato uno nuovo, ma non sono affatto contrario ad essi a priori. Anzi, visto il potenziale che potrebbero avere, punto sempre ad essere parecchio esigente. Ad esempio, di recente è uscito No Man’s Sky, gioco che all’inizio mi interessava molto per la sua formula di esplorazione, ma ho subito capito che il modello proposto (senza contare le promesse non mantenute degli sviluppatori) non fa per me; perché andare in giro a esplorare e basta può divertirmi le prime ore ma sono sicuro che quella mancanza di scopo e ripetitività nelle azioni alla lunga mi stancherebbe.

Mcgefp
 
Alla fin fine l’obiettivo di un videogioco è far divertire, quindi poco importa lo stile proposto se centra il bersaglio. Certo la mia idea di divertimento non è fare mille sidequest tutte uguali dove eliminare dieci mini pony o ritrovare 5 piante di cicoria per la pozione contro i reumatismi. Oppure ancora peggio è la ricerca dei collezionabili: ormai ci si mette più a trovarli tutti che a finire il gioco principale. Spesso dunque mi capita di sentirmi oppresso da questa libertà fittizia, e ripenso ai pregi del metodo più classico su binari, più funzionale per molti tipi di gioco. Pensate a un The Last of Us: l’esperienza di gioco non sarebbe stata la stessa cosa in un mondo open world; certo avrebbe guadagnato delle ore di longevità in più, ma sarebbe stato come annacquare il vino, rendendo meno appassionante la vicenda. Per farvi comprendere meglio come, secondo me, il metodo open world deve essere trattato, voglio mettere a confronto due titoli che ho giocato quest’anno: Dragon Age Inquisition e The Witcher 3. Entrambi non hanno un'unica mappa aperta, ma diverse enormi aree completamente esplorabili ed entrambi hanno in queste enormi zone quest secondarie, punti d’interesse e segreti da scoprire. La differenza è che DA Inquisition inserisce nelle mappe cose tanto per riempirle, con side quest anonime, collezionabili piuttosto inutili da raccogliere e un’esplorazione che viene presto a noia nonostante ci siano dei paesaggi molto belli. Posso dire, invece, che Witcher 3 rasenta la perfezione, perché ha tutto quel che si può desiderare da un open world. Quest secondarie sempre diverse, ognuna con una storia curata e unica, punti d’interesse che invogliano il giocatore a esplorare e a scoprire cosa si nasconde in ogni punto sospetto della mappa, decisioni che si ripercuotono davvero nel mondo di gioco, anche con personaggi apparentemente minori. Si può dire che questo videogioco è davvero riuscito a fondere un’esperienza open world con una qualità narrativa che di solito si trova in giochi più guidati dalla trama. Tanto di cappello a CD Projekt Red.

Mi piacerebbe continuare a tessere le lodi di Witcher 3, e magari prima o poi gli dedicherò un articolo a parte perché mi piacerebbe molto parlarne con voi, ma per questo mese non voglio andare off topic. In definitiva, l’esperienza open world può sicuramente dare ancora tanto al mondo dei videogiochi, ma per far questo non bisogna considerarla come l’unica via percorribile . Per tornare all’inizio di quest’articolo, le dichiarazioni di Tabata, più che allarmarmi mi hanno dato sicurezza sul progetto, perché mi aspetto di vedere una perfetta unione di meccaniche open con quelle più lineari, così da dare il giusto spessore sia alle fasi di esplorazioni che alla trama, un po’ come è successo per Witcher 3, anche se arrivare a quel livello sarà molto dura anche per un RPG storico come Final Fantasy. Non ci resta che verificare col pad in mano che le mie speranze si avverino, il 29 novembre e non il 30 settembre purtroppo. Avete altri esempi di giochi di questo tipo che secondo voi si sono distinti dalla massa? Fatemi sapere e alla prossima.

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