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Passepartout chiude. Vuoto di cultura in RAI

Abbiamo deciso di parlarne in redazione, proprio come se fosse una notizia fresca (in realtà è di un anno esatto fa anche se le conferme sono arrivate pochi mesi orsono), per valutare l'importanza della cultura in un mezzo "popolare" come la televisione e Passepartout ci è sembrato l'esempio adatto in questo particolare giorno.

“E’ improvvisamente mancato Passepartout, nel pieno della sua salute. Lo compiangono la redazione tutta e centinaia di migliaia di affezionati suoi seguaci, la causa é da ascriversi probabilmente ad una pallottola vagante sparata durante il riordino amministrativo recente della Rai che si è trovata costretta a passare dall’ordinamento privato della sua gestione a quello pubblico più consono alle risorse erariali che la alimentano. Infatti da due anni la Cassazione aveva emesso un giudizio in tal senso, il quale è stato solo recentemente recepito per via della distanza geografica che separa le due istituzioni. Nell’attesa d’un utile chiarimento Rai ha seguito percorsi dissonanti chiedendo da un lato di iniziare la produzione 2011, indicandone i tempi di consegna e annunciandola pubblicamente nella presentazione del palinsesto, mentre dall’altro evitava di stendere un contratto che si trovava nel trivio d’una scelta dilaniante fra appalti, incarichi e acquisti.  
Le truppe di Passepartout sono state incoraggiate nel loro impegno dal direttore che le esortava a tenere puliti i ponti e lucidi gli ottoni mentre egli stesso, affezionato capitano (Paolo Ruffini), era già sulla scialuppa di salvataggio che lo portava verso un altro bastimento (La7).
Si è lavorato sodo, si è speso parecchio in risorse umane e economiche; le casse si sono svuotate. Perso ogni riferimento e dopo vani tentativi di ripresa di contatto, la ciurma, ormai senza viveri, si è dissolta nel naufragio. La pallottola vagante del caso Dandini ha fatto il resto”

Queste sono le parole del comunicato ufficiale (di un anno fa) di Phippe Daverio , giornalista, critico d'arte e presentatore di Passepartout.
Anzi in realtà dovremmo dire “ex-presentatore”, infatti l'unico programma culturale della RAI ha chiuso i battenti per questioni burocratiche dalla preoccupante connotazione “fumosa”.
Passepartout da undici anni faceva la differenza in un palinsesto fatto di reality, giochi a premi e fiction, un programma sull'arte confezionato con precisione e sarcasmo da professionisti e, a quanto pare, da idealisti.
Secondo il presentatore la politica non c'entra niente e nemmeno i “tempi che stanno cambiando” sono da prendere in considerazione, semplicemente mamma Rai ha tagliato dal palinsesto tutti i programmi che non erano direttamente sovvenzionati dalle nostre tasche.
Passepartout, anche se ideato dalla rete, era ufficialmente prodotto da Vittoria Cappelli questo permetteva a Daverio e al regista, Mauro Raponi, di avere una larga autonomia decisionale e la possibilità di richiedere ai propri “marinai” l'impossibile, di osare, di rischiare, cosa del tutto improponibile ad un impiegato RAI.
Il programma immediato, semplice e diretto aveva oltre un milione di spettatori e dava a ciascuno di loro un ampio sguardo sulle arti di tutto il mondo e di ogni tempo, senza distinzione.
Philippe Daverio riusciva a saltare da un contesto artistico all'altro senza confondere, appassionando e intrattenendo. Un esempio di didattica (lo spettatore ha paura di questa parola) e di informazione culturale che stimolava la voglia di apprendere dell'utente, format unico e ora estinto.
Gli Angela (padre e figlio), anche se ancora in gioco, non possono reggere il confronto con il metodo di Daverio, troppo cattedratici, per loro la lezione è frontale e non è efficace nei confronti di uno spettatore abituato all'Isola dei Famosi.
Ora più che mai il paese è diviso in due tipi di spettatori: quelli che “assistono” alla TV dal palinsesto imposto e pre-fabbricato e quelli che, grazie alle reti satellitari, hanno la possibilità di seguire i loro interessi attraverso i canali tematici.

Ma i canali tematici come Discovery Channel (vera perla di qualità televisiva) non sono il futuro, sono il presente è il nostro stivale che è arretrato, è il punto di vista che ci frega.
La questione è che quelli indignati da questa decisione della RAI saranno una minima parte degli spettatori totali della rete ed essi, comunque, non seguivano già gli altri Format del palinsesto ma esclusivamente Passepartot (dubitiamo che lo spettatore medio del programma di Daverio apprezzasse anche “Pechino Express”) perciò si è semplicemente allargata di qualche metro una voragine che esisteva già, profonda e ampia chilometri e del tutto irreparabile.
La notizia di un anno esatto fa, ve la ripropiano ora, per non dimenticare! Cosa ci è rimasto?

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