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Pleistocene Park: è possibile riportare in vita specie estinte?

Nel ‘90 Crichton regalava al mondo un libro con un’idea che avrebbe conquistato l’immaginazione mondiale: una zanzara, intrappolata nell'ambra con in corpo sangue di dinosauro, sarebbe stata la chiave per riportare i dinosauri alla vita. Da questo libro nel 1993, Spielberg creò una pietra miliare nella storia del cinema, un’opera che si è imposta nei cuori di tutte le generazioni: “Jurassic Park”. Perché, diciamolo, chiunque vorrebbe avere la possibilità di vedere un dinosauro in carne e ossa, o magari un Mammut che pigramente passeggia nel parco dietro casa o una tigre dai denti a sciabola addormentata su una roccia. Riportare in vita le gloriose specie ormai estinte, che per anni hanno dominato il suolo su cui camminiamo, è sempre stato un sogno e un obbiettivo per la scienza. In molti hanno tentato l’impresa, ma il risultato è stato sempre lo stesso: un colossale fallimento con una dolorosissima frase a riassumere il tutto:” Riportare in vita animali estinti? E’ solo fantascienza”. 
Non più. Nel gennaio del 2000, la caduta di un albero ci ha privati dell’ultimo esemplare di bucardo,  un animale simile allo stambecco iberico, a cui era stato dato il nome di Celia. Il 30 luglio 2003 gli scienziati hanno usato i suoi tessuti e le sue cellule per crearne un clone e l’ormai estinto bucardo, è rinato. Per poi morire dopo sette minuti per un difetto polmonare. Una storia che  non da particolari soddisfazioni, senza dubbio, ma non siatene delusi. Il caso di Celia è la dimostrazione che un animale estinto può tornare in vita, e sebbene il bucardo fosse estinto solo da pochi anni, rimane comunque la dimostrazione che una tecnica simile, con le dovute modifiche, può funzionare.
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Numerosi altri gruppi di scienziati hanno dato il via alle sperimentazioni e la metodologia  su cui si basano è sempre quella usata per Celia: clonare l’animale estinto usando un suo stretto discendente, con genoma simile, come madre surrogato. Se i campioni cellulari sono sufficientemente  integri, si può estrarre il nucleo col DNA intatto e inserirlo in una cellula uovo non fecondata di una specie sua discendente.  Ed è proprio da qui che è nato il progetto Revive & Restore portato avanti dalla Long New Foundation in California, che per presentarsi al  mondo afferma:
"Il DNA di molte creature non più esistenti è ben conservato nei campioni esposti ai musei e in alcuni fossili. Ora siamo in grado di leggere ed analizzare l'intero genoma." “Come far rinascere le specie che non esistono più? Trasferendo le informazioni genetiche nelle cellule dei loro parenti più prossimi tuttora viventi: così, l'animale scomparso da decenni, secoli o millenni, tornerebbe alla vita grazie al suo diretto discendente in linea evolutiva.
Ed è in questo modo che gli scienziati californiani stanno lavorando, per riportare nel dall'oltretomba specie recentemente estinte come il piccione migratore o la tigre della Tasmania. Per le specie più antiche come mammut e dinosauri il limite principale è soltanto uno: trovare campioni di cellule integre e utilizzabili. Da anni nei sotterranei dell’Università di Kyoto si sta cercando di riportare in vita il mammut lanoso grazie a questa tecnica, ma con scarsi risultati. Motivazioni? Il DNA è troppo danneggiato dal tempo. Ma ecco la novità. Grazie a recenti tecniche di ingegneria genica ( CRISPS), è possibile effettuare tagli in punti specifici di una sequenza di DNA e quindi aggiungere o sottrarre elementi da molti geni. I ragazzi del Revive & Restore stanno infatti cercando di ricreare il mammut lanoso modificando, potenziando e rendendo resistente al freddo  il DNA del suo più stretto parente, l’elefante asiatico. E sono talmente sicuri di riuscirci da arrivare ad affermare: 
“Il progetto contempla anche il recupero dell'habitat originale nel quale la specie estinta aveva vissuto, per farla sentire "a casa".”
In Siberia infatti è stato costruito il Pleistocene Park, un habitat che ricrea alla perfezione  le steppe in cui viveva il mammut, tipiche dell’Artico nel Periodo del Pleistocene (126.000 anni fa). "Li riporteremo in vita per ripristinare la steppa dell'Artico. Uno o due mammut non è un successo, 100 mila sì"  ha detto il creatore del parco Sergey Zimov
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Insomma, la de-estinzione è possibile, anzi è già successa e gli scienziati sono talmente fiduciosi da costruire giganteschi habitat per accogliere le specie che creeranno. Ma qual è lo scopo di tutto questo? Senza dubbio varrebbe la pena solo per visitare pezzo di terra riportato indietro di 100.000 anni, con decine di migliaia di specie che abbiamo visto solo in foto. Alla Jurassic Park insomma. Ma gli esperti hanno altri obbiettivi. Primo tra tutti la tutela dell’ecosistema: con la scia di distruzione che l’essere umano sta lasciando sulla Terra, il ri-inserimento di specie estinte, secondo alcuni biologi, dovrebbe aiutare l’ecosistema. In secondo luogo, poi, le tecnologie del CRISPR, usate per ricreare il mammut, permetterebbero di aggiungere diversità genica, e quindi maggiori possibilità di sopravvivenza alle specie tuttora a rischio estinzione. Migliorandole e rendendole in grado di sopravvivere alle modifiche che noi stessi stiamo creando nei territori, saremmo in grado di tutelarle dall'estinzione. E se poi l’idea di un parco che ricrea la Siberia del Pleistocene non stuzzica la vostra fantasia, vogliamo darvi un ulteriore “chicca”. Secondo recenti studi, la specie estinta più facilmente resuscitabile sarebbe il Neanderthal: ben poche migliaia di geni ci differenziano dal nostro antenato, ed essendo l’uomo la specie geneticamente meglio compresa, sarebbe relativamente facile ricreare il DNA dell’Homo di Neanderthal partendo dai resti che possediamo. Ma le ovvie preoccupazioni etiche che bloccano gli studi sono facilmente comprensibili: il Neanderthal era un essere senziente, paragonabile a noi: possiamo quindi permetterci di ricreare in laboratorio un surrogato di essere umano, per soddisfare la nostra curiosità scientifica? 
In sostanza, quindi, riportare in vita specie estinte è tecnicamente possibile. In pratica però, nonostante gli sforzi, nessuna di esse è rimasta viva molto a lungo.  Che si tratti di Neanderthal o di Mammut, la de-estinzione potrebbe non avvenire mai. Ma gli scienziati sono fiduciosi, e se fate un salto in Siberia potete osservare il parco in costruzione pronto ad accogliere migliaia di  pelosi pachidermi tornati dall'oltretomba. Ma la domanda che vi sta arrovellando il cervello è un’altra, lo sappiamo bene. E’ quindi possibile creare un Jurassic Park? In via teorica si, le tecnologie ci sono e paiono funzionanti. Ma mancano le cellule integre per fornirci un DNA valido su cui lavorare. 
I dinosauri sono vissuti in un tempo talmente remoto che nessun campione è riuscito a conservarsi fino ai giorni nostri. Ma non disperate, una botta di fortuna potrebbe capitare,  e magari la prossima zanzara che trovano, sarà quella giusta.
Testi di Eleonora Beccari

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Commenti

  1. Attenzione! Il sistema che citate nell’articolo non si chiama CRISPS ma CRISPR. Comunque articolo molto interessante! Bravi!

  2. credo perché “riportare in vita” esseri umani probabilmente solleverebbe molti problemi etici, in più non è detto che siano uguale agli originali al livello di ragionamenti 🙂

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