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Questione di percezione… o sono solo stereotipi?

Qualche anno fa stavo camminando sulla spiaggia di Miyajima, un'isola sacra poco distante da Hiroshima. D'un tratto alcuni ragazzini giapponesi si sono avvicinati al nostro gruppo e, dopo averci chiesto da dove venivamo con un inglese zoppicante ma gioioso, hanno preso ad urlare “Girolamo Panzetta! GIROLAMO PANZETTA!” scoperte le nostre origini italiane.
Credo che sui nostri volti siano comparsi giganteschi punti di domanda, tra una risata e l'altra.
La domanda quindi sorge spontanea: “Chi accidenti è Girolamo Panzetta???”
A quanto pare l'italiano più famoso in Giappone dopo Leonardo da Vinci.
Non starò a raccontarvi troppo della sua vita, potete benissimo trovare tutte le informazioni su Wikipedia, la cosa che ci interessa di più è il grande successo che ha ottenuto nel Paese che ci piace tanto.
Conduttore tv e radio, doppiatore, scrittore, attore, e chi più ne ha più ne metta.
Ovviamente, come molti che diventano famosi, ha creato un personaggio: l'italiano.
“Ma è italiano” direte voi. Certo, ma la connotazione data a questa parola è quella della persona estroversa, un po' casinista, a cui piacciono la pizza e le donne. Un po', insomma, come siamo abituati ad essere visti in tutto il mondo.
Spensierati e un po' casinisti. Molto spesso approssimativi ma molto solari.
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Da alcuni viene criticato per questo, ma onestamente non credo abbia fatto questo grande danno all'Italia e ai suoi abitanti.
D'altronde loro ci amano anche per questo, per la nostra vivacità, per la passionalità riconosciuta (?) nei nostri geni.
Che poi non siamo tutti uguali, bé, le persone più sveglie dovrebbero saperlo. 
Nello stesso modo in cui noi dovremmo sapere che i giapponesi non mangiano solo sushi, le donne non sono tutte geisha (NON geishE) e gli uomini tutti samurai.
No, i giapponesi non mangiano solo sushi…
D'altronde in una società  dai tratti particolarmente rigidi e freddi, in cui prima di tutto dovrebbero venire lavoro e doveri, oltre che numerose proibizioni e regole di comportamento, una figura che -nel bene o nel male- non si adatta alle costrizioni e vive in maniera più “ distesa” non può che essere vista con un pizzico di invidia e anche come segreta aspirazione.
Spesso mi vengono poste due domande:
1. Come ci vedono i Giapponesi?
2. A loro piacciamo? (con risvolto sentimentale)
La risposta è qui in questo articolo. Sì a loro piacciamo, molto anche. Seppur spesso non riescano a capire come possiamo ragionare in un certo modo – cosa reciproca- sono molto affascinati da noi, e con noi si divertono. 
Dovremmo imparare gli uni dagli altri, assorbire gli aspetti positivi delle altre culture e cercare così di migliorarci. E questo vale non solo nel rapporto Italia-Giappone, ma dovrebbe essere una cosa globale.
Quanto alle coppie, pare, e ripeto pare, funzioni molto di più la versione lui italiano- lei giapponese, piuttosto che il contrario. Sarà forse perché le fanciulle delle nostre parti sono più abituate a impuntarsi, a lamentarsi e ad avere opinioni particolarmente forti, cosa che non è vista benissimo.
Chissà.
Per qualsiasi curiosità e domanda non dovete far altro che mandarmi una mail al mio indirizzo mail: onigiricalibro38@orgoglionerd.it
See you space cowboy!
NB (come nelle lettere): ogni generalizzazione è stata fatta in base a una concezione del gruppo sviluppatasi nella nostra nazione e nel mondo. È sempre cosa buona e giusta ricordare che non siamo tutti uguali… e
Mal che vada possiamo sempre farci un piatto di pasta in compagnia!

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Commenti

  1. Mi capitò di vederlo taaaanti anni fa in TV durante un viaggio nipponico.
    All’epoca, non so se oggi sia cambiato, faceva effettivamente un po’ la macchietta, e non intendo nelle cose che diceva (visto che parlava per lo più giapponese) ma appunto nell’atteggiamento e ogni tanto in qualche parola italiana buttata lì, immagino entrambe le cose studiate per fare il “personaggio”.
    Purtroppo non ci aiutò molto a rimorchiare. 😀

    Ricordo invece nel 2002 che insieme ad alcuni amici fummo suscitammo la curiosità di un paio di salaryman mezzi sbronzi ad un banchetto di ramen all’aperto, uno dei pochi in cui ebbi modo di imbattermi, fummo considerati “interessanti” per via della nazionalità e dei mondiali di calcio da poco conclusi, parlavano poco e male l’inglese ma tuttosommato fu un’esperienza di “socializzazione” e di apertura di persone che normalmente appaiono molto riservati (e non è una critica).

    Ma nel 2000 al primo giorno (di fatto) del primo viaggio fummo invece abbordati da un gruppo di ragazzine, credo di 1a media o di 5a elementare boh, che giravano per Kyoto con il compito scolastico (immagino per l’inglese) di “intervistare” turisti.
    Ora la cosa fu abbastanza divertente, tra alcune di loro “intraprendenti”, altre molto riservate (o molto timide) e alcune semplicemente divertite non so se da noi o dalla compagna che faceva domande cercando di farsi capire e, soprattutto di capire le risposte.
    Ma soprattutto fu un primo impatto incredibile che rompeva gli schemi a cui ci eravamo preparati e che ritrovammo subito in tante altre occasioni, il Giappone ci accolse nel migliore dei modi, con la naturalezza e la spontaneità della gioventù.

  2. Vorrei segnalare come italiani famosi in Giappone Dario Ponissi che ha partecipato al programma “Itariago” con Girolamo e che è un apprezzatissimo regista d’opera teatrale e insegna all’università di Nagoya.

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