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Siamo dipendenti dai nostri smartphone?

Ormai è quasi un meme quello dei millennials (vedi giovini) e la loro ossessione per i telefoni, uno dei tormentoni preferiti di tutti i genitori, i nonni, gli zii, i fratelli grandi, i professori. Anzi, questo ruolo di Santa Inquisizione della telefonia mobile appartiene a tutti, senza limite di età. I nonni lo dicono dei nipoti, i genitori lo dicono dei figli, ma anche i trentenni lo dicono dei ventenni, e i ventenni lo dicono dei bambini delle elementari, lamentandosi del fatto che loro il primo telefono lo hanno avuto a 12 anni, e nemmeno andava su internet. E andrà avanti così, per sempre, ci lamenteremo sempre della tecnologia che per noi è arrivata dopo, e di come la usa chi la ha ricevuta in età più giovane. Mettiamoci l’anima in pace su questo, prima di iniziare l’articolo, perché se pensate che questa piaga sociale si fermerà appena tutti avranno uno smartphone, vi sbagliate di grosso. Ed è per questo che vale la pena parlarne. 
Ormai, infatti, è difficile vivere senza almeno un dispositivo smart, a qualunque età. Essere costantemente online, raggiungibili, e vicini al nostro smartphone è una parte così predominante della nostra vita che raramente ci fermiamo a pensare  a quanto tutto ciò sia diventato fondamentale in così pochi anni. Anzi, spesso non ci pensiamo affatto finchè qualcuno non ce lo fa notare. Fortunatamente, o purtroppo, qualcuno ce lo fa notare di continuo: sono infatti tantissime le critiche che questo radicale cambiamento di abitudini, rispetto a qualche decennio fa, attira.
Vediamo alcune delle più gettonate. Cerchiamo di scorrerle, considerarle, analizzarle, fornire contro argomentazioni se ce ne sono, e poi fregarcene come l’intera umanità fa con le critiche da circa qualche centinaio di migliaio di anni. 
Una delle opinioni più comuni è quella che, guardando lo schermo dello smartphone, non ci godiamo più  la realtà attorno a noi. Non guardiamo più la natura, i paesaggi urbani, non apprezziamo più la bellezza che ci circonda. D’altra parte, tramite l’apparecchio del male che teniamo fra le mani, possiamo vedere paesi che non vedremo mai, accedere  a più arte di quanta non ne potremo mai consumare, e scoprire nuove bellezze da andare a vedere coi nostri occhi
Una particolare declinazione di questa problematica è quella che riguarda la nostra distrazione durante le occasioni sociali. Sarà capitato a tutti di uscire con una persona (che si tratti di un appuntamento galante, o di una birra fra amici) e sentirsi ignorati e poco rispettati mentre questa passa troppo tempo a giocare a Candy Crush, o guardare le storie di Instagram. D'altronde un maleducato (o comunque una persona a cui non interessa di voi) rimane tale anche se gli togliete lo smartphone. È quasi meglio capirlo subito che non è aria. 
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Proprio le relazioni umane sono un punto assai discusso della questione. C’è chi ha trovato nei social network nuovi tipi di “socialità”: un modo per connettersi con persone dai simili interessi, per rimanere in contatto con chi non si può vedere spesso, o  avere amici a distanze prima impensabili. Ma avere uno smartphone sempre con se ha cambiato anche le relazioni vecchio stampo. Chi non ha un gruppo Whatsapp con tutti i propri amici? È come essere, ad un certo livello, sempre insieme: ci si può raccontare gli avvenimenti della propria vita senza aspettare il sabato sera al pub. Per non parlare delle relazioni sentimentali: a volte un messaggio o una foto durante una lunga giornata separati può davvero far tornare il buonumore. O ancora, la finestra sulla vita altrui che ci può fornire Instagram: una finestra con dei pesanti filtri, che non è detto racconti la verità, ma pur sempre una storia che troviamo avvincente, e a volte ci permette di mantenere uno spiraglio nella vita di persone che altrimenti perderemmo completamente di vista. Tuttavia, come ogni cambiamento, questo nuovo modo di vivere la socialità porta con sé molti dubbi. C’è chi ritiene che un rapporto vissuto così tanto tramite un dispositivo elettronico perda di genuinità, e che forse dovremmo concentrarci di più sul dedicare il nostro tempo a chi ci sta intorno, piuttosto che cercare di mantenere flebili legami con tantissime persone
Il nostro rapporto con le altre persone, però, non è l’unica cosa a creare preoccupazioni. Avere il mondo sulla punta delle nostre dita ci dà la possibilità di tenerci informati su qualsiasi cosa ci interessi, e sugli avvenimenti del mondo, in qualunque momento della nostra giornata. Questo, tuttavia, non implica necessariamente un maggiore effettivo interesse ad essere informati. Anzi, secondo alcuni avere un continuo flusso di notizie attraverso i nostri occhi ci rende più complicato il compito di discernere quelle veramente significative, e di approfondirle quanto dovremmo. Senza considerare che questo sdoganamento dell’informazione sui social network ha chiaramente portato a una minore qualità della stessa, con le fake news che sono ormai diventate un serio problema della società moderna. 
Infine, un tasto che sappiamo benissimo essere dolente per tutti. La procrastinazione. 
Alzi la mano chi non si è mai fatto distrarre dal proprio smartphone mentre studiava, o lavorava (o cercava di scrivere questo articolo), al punto di essere frustrato dalla propria improduttività. A volte abbiamo proprio la sensazione che il nostro cellulare ci porti alla procrastinazione ma, pensandoci bene, quanto di questo pensiero è vero e quanto è una giustificazione, conscia o inconscia?
Queste sono solo alcune delle tante critiche che le nostre abitudini attirano, e sono dubbi che tante grandi realtà si stanno ponendo. Una di esse è Motorola, che ha di recente pubblicato una ricerca in collaborazione con la Dr.ssa Nancy Etcoff, esperta nella comportamentistica “mente e cervello” presso l'Università di Harvard e psicologa presso il dipartimento di psichiatria del Massachusetts General Hospital. Ricerca particolarmente interessante perché analizza proprio quale sia la percezione che le persone hanno delle proprie abitudini, e cosa vorrebbero cambiare. 
Un terzo (33%) degli intervistati considera più importante il proprio telefono rispetto al relazionarsi con le persone care con cui trascorrere  del tempo. 
Oltre la metà (53%) degli intervistati appartenenti alla Gen Z (dai 6 ai 23 anni circa) descrive il proprio telefono come “il miglior amico”. 
Un terzo (35%) afferma di trascorrere troppo tempo sul proprio smartphone (44% nel caso della Gen Z) e ritiene che potrebbe essere più felice se riuscisse a ridurlo (34%), mentre tre intervistati su dieci (29%) affermano che nei momenti in cui non utilizzano il telefono “ci pensano o aspettano il momento in cui torneranno a utilizzarlo
E voi, come utilizzate il vostro smartphone, e come vorreste utilizzarlo?
Nota dell’autrice: mentre scrivevo questo articolo, ho pensato di chiedere la loro opinione ai miei followers su instagram. Le riflessioni che avete appena letto derivano dalla collaborazione di decine di conoscenti e sconosciuti, che hanno deciso di utilizzare il social network frivolo per eccellenza per dire la loro su un argomento che evidentemente gli stava a cuore.

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Giada Rossi

Laureata in Astronomia, aspirante Astrofisica. Curiosa di natura. Scrivo soprattutto di scienza, ma preferisco parlare di cani buffi.

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