Intrattenimento

Speechless Magazine Story

Orgoglio Nerd intervista Alessandra Zengo, la direttrice e ideatrice della rivista online Speechless Magazine, una rivista sul web gratuita dedicata all'universo letterario. Dunque ora spazio alle domande!

O.N. – Ciao Alessandra e benvenuta! Iniziamo con le presentazioni. Presentati a nostri lettori.

A.Z. – Grazie mille per l'accoglienza! È un piacere e un onore essere vostra ospite. Allora, non ci sono molte cose interessanti da dire su di me. Sono veneta, sportiva, eccentrica, femminista, amante di pizza e cedrata, sognatrice pragmatica, serie tv dipendente, inglese nell'anima, collezionista di tazze e cactus, Pokemon e Dragon Ball addicted dalla più tenera età. Adoro gli animali. Un bel giorno ho riscoperto l'amore per i libri, e da allora non ho più smesso di leggere.  

O.N. – In realtà siamo qui per parlare di Speechless Magazine. Raccontaci un po’ cos’è Speechless Magazine, quali sono i suoi contenuti? Quando e come è nata l’idea di fondare una rivista letteraria?

A.Z. – Speechless è un sogno che non sapevo di avere che si è avverato, e mi ha donato (e continua a farlo) grandi soddisfazioni. Insomma, il mio cervello sforna idee autonomamente, è un organo a sé stante. Un giorno mi suggerisce di fare una webzine del blog letterario che gestisco, Diario di Pensieri Persi. Mi dico: perché no? e lo propongo alla redazione. Periodo di pubblicazione: dicembre 2011. Poi, lavorandoci, i contenuti sono diventati interamente inediti, sono stati aggiunti racconti vari di autori stranieri e italiani e si è creata una redazione autonoma. Dopo 5 mesi di lavoro, ad aprile 2012, è uscito il numero d'esordio, con la splendida copertina di Minjae Lee, giovanissimo artista coreano che ho scoperto casualmente sul web. Il responso del pubblico è stato fin da subito calorosissimo, e ciò ci ha spronato a fare sempre meglio nei numeri successivi. Grazie al successo del numero 0, abbiamo stretto nuove collaborazioni proficue, che ci hanno aiutato a migliorare il nostro lavoro, a partire anche dalle firme di redazione. Dal numero 1, con la copertina di Luis Royo (un sogno!), la Giangiacomo Feltrinelli Editore è diventata nostro primo Partner. Il progetto di Speechless è dinamico, uno spirito vitale. Parla di letteratura, editoria, cinema, musica, attualità e arte. Non ci precludiamo alcuna possibilità per il futuro, che speriamo ci riservi tante sorprese!

O.N. – Come mai hai/avete optato per un formato digitale?

A.Z. – Ci definiamo nativi digitali, appunto. Un progetto come il nostro non sarebbe mai stato possibile senza il supporto del digitale e la diffusione via web. Prima di tutto per i costi immensi, poi per l'impossibilità (quasi) di trovare un editore disposto a investire su una rivista culturale e anche per la distribuzione. Con il digitale, insomma, si abbattono i costi e abbiamo più libertà di scelta anche riguardo la grafica, la gestione del magazine e la scelta dei contenuti.

O.N. – Ultimamente la carta stampata sta lasciando il posto al formato digitale e molti hanno già espresso la loro opinione. Vorremmo sapere la tua, siccome vivi anche tu questa realtà. Quali sono i limiti e quali sono, invece, i vantaggi di pubblicare un formato digitale piuttosto che pubblicare una rivista in carta e inchiostro?

A.Z. – Grazie al formato digitale abbiamo, come ho già detto, più libertà di scelta, anche per le soluzioni grafiche, e soprattutto possiamo diffondere il nostro lavoro gratuitamente, cosa che non potremmo fare con una pubblicazione in cartaceo che avrebbe costi per il lettore proibitivi (niente a che vedere con l'euro e poco più delle riviste di gossip). Sicuramente il numero di lettori che possono entrare in contatto con la nostra realtà è maggiore, anche se solo con una distribuzione via web ci precludiamo la possibilità di raggiungere i lettori che invece non utilizzano Internet. Tuttavia il grande limite è certamente il numero di lettori che utilizzano i supporti digitali oggi in Italia. Se già i lettori italiani sfortunatamente sono pochissimi, quelli che usano tablet, e-reader e leggono in digitale sono ancora meno purtroppo, anche se il fenomeno è in espansione. Se avessimo optato per una versione in inglese, per esempio, il bacino di lettori sarebbe stato immenso, dato che in America, per il prossimo anno, si sta già ipotizzando che le cifre di vendita degli e-book supereranno di gran lunga quelle del cartaceo, per buona pace dei cultori del libro fisico. Negli States il digitale è già una realtà consolidata come anche in altri paesi europei, in particolare Francia e Inghilterra e la non così scontata Spagna, mentre nella nostra penisola ancora si arranca, con le solite discussioni Pro-Ebook/Pro-Libro-di-Carta. A mio parere discussioni inutili, dato che non è una guerra a chi ha più adepti o quale dei due supporti vincerà sull'altro. Si tratta di due modi diversi di leggere, ma che non si escludono a vicenda. Leggere un libro di carta è un'esperienza – è bellissimo riempire intere librerie di libri letti – ma avere un e-reader comporta indubbie comodità: poter portare con sé tantissimi libri con un peso minimo, poter comprare opere a un minor prezzo (anche se qui si dovrebbe aprire un'ulteriore discussione sul prezzo effettivo degli e-book) e, last but not least, non essere assillati dalla paura di rovinare i romanzi che metti dentro la borsa. Un incubo per le sovraccoperte, le copertine morbide, i bordi e gli angoli. Idiosincrasie da lettore.

O.N. – Come compare sul vostro sito, dichiarate inoltre che Speechless Magazine non è una rivista on line fino in fondo e che la vostra idea è quella di trasporre un prodotto dell’editoria vecchia scuola in un formato digitale. Come fate a far coesistere entrambe le realtà?

A.Z. – Il matrimonio tra giornalismo tradizionale e informazione 2.0 è, spesso, un rapporto di maniera, trascinato, tra mugugni e rancore, per il bene dei "figli" cioè dei prodotti editoriali; testate cartacee che hanno scelto la via dell'online per sopravvivere ai nuovi media, perché si deve essere presenti anche su Internet e nei mille meandri dei social network per non soccombere, per mantenere visibilità. Una presenza che si trasforma in un contenitore di link ai "veri" contenuti che si trovano in edicola. Magazine, blog, riviste digitali che nascono e muoiono nella tensione, disillusa, di approdare alla veste inchiostrata.
Noi abbiamo cercato, stiamo cercando tra alti e bassi, successi e intoppi, di mettere pace tra le due anime del nostro magazine, che è digitale, ma con una attitudine da carta stampata. Ogni numero della rivista potrebbe essere mandato in stampa in qualsiasi momento, senza modifiche sostanziali. Reggerebbe la grafica, minuziosamente studiata attraverso mille "effetti di realtà" in grado di ricreare la magia di una rivista sfogliabile, godibile tattilmente, perfino. Non sfigurerebbero i contenuti, pensati per una fruizione di lungo respiro, costruiti secondo il passo lento dell'approfondimento e non del fast-newsmaking. È per questa ragione che abbiamo rinunciato a una versione "light" della rivista, compatibile al formato e-pub, ma mutilata dalla sua strabordante – e caratterizzante – veste grafica. Esiste un solo Speechless Magazine, continuamente in cambiamento, ma immutabile nella sua natura anfibia. Ragionando per aggiunta e non per sottrazione abbiamo creato un sito – cercando di dargli gambe proprie – e stiamo lanciando una linea di prodotti editoriali.

O.N. – Il vostro slogan è “parole che fanno rumore”. Cosa significa?

A.Z. – Significa che il nostro obiettivo è smuovere qualcosa, attraverso quello che scriviamo. Suscitare reazioni, far riflettere, pensare. Ma soprattutto far appassionare chi ci legge, senza risultare noiosi o accademici. Perché le parole vogliono essere ascoltate, vogliono avere uno scopo. Ecco perché parole che fanno rumore, anche se l'espressione è un ossimoro e le parole sono silenti. La citazione di De Sanctis è emblematica: "La parola è potentissima quando viene dall'anima e mette in moto tutte le facoltà dell'anima ne' suoi lettori"
(Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana). Ed è proprio quello che cerchiamo di fare ogni volta che scriviamo per la rivista, dando il nostro meglio e condividendo gratuitamente il frutto del nostro lavoro di mesi.

O.N.
– Cosa pensi del panorama letterario, in particolar modo quello italiano, al momento?

A.Z. – Difficile spiegarlo in poche righe. L'editoria italiana, al momento, non se la passa benissimo.

O.N. – Cambiando completamente argomento, hai una tua definizione di Nerd? Cos’è per te essere Nerd?

A.Z. – Facile a dirsi! Uno spirito Nerd per me può essere associato alle seguenti parole: libro, tastiera, pagine, imparare, tecnologia, intelligenza, demodé, sciatteria esteriore per una eleganza intellettuale, insomma.

O.N. – E ti senti Nerd?

A.Z. – A dire il vero non ci avevo mai pensato. Molti dei punti che contraddistinguono un nerd mi sono propri: l'amore per i libri, per la lettura, il fatto che io faccia parte della generazione 2.0, la passione per alcuni videogiochi e anime cult, il fantasy, la fissazione per serie tv e film di nicchia, etc. Però più che definirmi Nerd, direi che sono ancora un'apprendista.

O.N. – Infine, domanda di rito, qual è il tuo “Orgoglio” Nerd?

A.Z. – Il mio orgoglio Nerd è essere multitasking. Sono elettronica, ma romantica. Posso fare decine di cose contemporaneamente come un coltellino milleusi: controllare le mie redazioni via pc, leggere tre libri e due e-book nello stesso momento, aprire il frigo e farmi un panino, ragionare sui prossimi numeri di Speechless, pensare ai prossimi progetti da realizzare e magari anche riflettere su come conquistare l'universo. Mi piace conoscere, informarmi, approfondire e sperimentare. Anche questo è il mio Orgoglio Nerd.

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