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Sulle tracce del caffè: come lo prendete?

Una delle bevande preferite nelle redazioni di tutto il mondo… e noi non facciamo differenza. Con questa premessa è giunto il graditissimo invito di Epson Italia che ci ha permesso di visitare My Coffee Cluster, l’area illy all’interno di Expo Milano, di cui è Official Coffee Partner. Il padiglione racconta il percorso del caffè dal chicco alla tazzina attraverso culture, esotismo, tecniche e tradizioni dei Paesi coltivatori come: Burundi, Costa Rica, El Salvador, Etiopia, Guatemala, Kenya, Repubblica Dominicana, Ruanda, Timor Leste, Uganda e Yemen.

L’origine del caffè è avvolta dal mistero, pare abbia iniziato a crescere nella zona di Kaffa, sugli altipiani dell’odierna Etiopia. Nel 1671 il frate Fausto Naironi dedicò un trattato al caffè, in cui raccontava la vicenda di un giovane pastore etiope di nome Kaldi il quale ne scoprì accidentalmente le doti eccitanti grazie alle sue capre (ci sarebbero altri dettagli ma sorvoliamo). Appartenente alla famiglia delle Rubiacee, la pianta del genere Coffea è un arbusto che cresce spontaneamente nella foresta africana e di cui esistono circa cento specie. Le foglie, dal colore verde scuro, hanno una superficie lucida e carnosa, simili a quelle dell’alloro. La fioritura avviene più volte all’anno, in seguito alla caduta di ogni pioggia. I piccoli fiori bianchi, lasciano spazio ai frutti nell’arco di pochi giorni: una drupa rotonda del tutto simile a una ciliegia che, quando viene raggiunta la maturazione, assume una colorazione rosso vivo. Dal fiore al frutto trascorrono circa 9 mesi e dunque, in una stessa pianta, è possibile trovare ciliegie con un diverso grado di maturazione, a seconda delle piogge. La drupa contiene due semi, posti uno di fronte all’altro e ricoperti da una prima membrana argentea e da una pellicola biancastra, il pergamino, più spesso e coriaceo, a protezione del seme. Nella Coffea, è la caduta della pioggia a dare avvio, in circa due settimane, alla fioritura. In una stessa pianta, dunque, si possono trovare ciliegie con differenti colori, che corrispondono a diversi gradi di maturazione. Per assicurare una buona qualità del caffè, nei lotti non devono essere presenti chicchi non sufficientemente maturi. 

Una volta raccolti, la prima fase della lavorazione consiste nella separazione delle ciliegie da corpi estranei, successivamente le drupe vengono fatte seccare all’aperto e l’ultimo passo è la macchina depergaminatrice, che libera i chicchi spezzando il pergamino che li ricopre. I chicchi di caffè verde partono dai paesi produttori in sacchi di juta da 60 kg ciascuno e sono accompagnati da una vera e propria carta d’identità che contiene le informazioni sulla specie botanica, la provenienza, il metodo di lavorazione, la percentuale di difetti e impurità, il crivello – cioè la dimensione, il colore e il gusto. La scelta della juta non è casuale: si tratta di un materiale naturale e traspirante, che garantisce una conservazione ottimale dei chicchi. Basta un solo chicco imperfetto tra i 50 che fanno una tazzina per rovinare un espresso.

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Con la tostatura, i chicchi di caffè verde si trasformano in caffè in grani, chicchi bruni e friabili. In un cruciale quarto d’ora, la temperatura cresce gradualmente fino a circa 200 gradi centigradi: in questo intervallo di tempo si sviluppano circa 800 sostanze, responsabili del gusto e dell’aroma finale, il chicco perde il 20% del suo peso e acquista il 60% del suo volume. Nove atmosfere di pressione, 7 grammi di caffè, 30 secondi di estrazione, con un volume in tazza di 25-30 millilitri. Questo è l’espresso. (Per i più tradizionalisti ed amanti della moka consigliamo invece le istruzioni su Le Scienze del nostro amico Dario Bressanini.)

Quanto appena descritto è parte del percorso espositivo "dalla terra alla tazzina” presentato in cinque fermate principali: l'effetto serra, il trasporto, la torrefazione, l’estrazione e il bar. L’esperienza inizia all'esterno del padiglione, in uno spazio verde predisposto per ospitare piante di caffè, habitat ideale per l’emozionante mostra fotografica del brasiliano Sebastião Salgado, frutto di una spedizione tra le piantagioni di caffè durata oltre 10 anni. Grazie a contenuti video e testuali, a giochi, illustrazioni, animazioni e immagini tridimensionali, il Coffee Cluster contribuisce a divulgare la cultura del caffè in maniera assolutamente innovativa. 

Guidati da un animatore scientifico i visitatori potranno accedere a contenuti di approfondimento indossando gli Epson Moverio con un continuo passaggio fra reale e digitale: sulle lenti prendono vita uno dopo l’altro i video con le storie dei lavoratori e le animazioni che chiariscono le fasi del lavoro, offrendo un percorso piacevole e allo stesso tempo efficace. Le immagini attraverso gli occhiali si materializzano sulle pareti del padiglione, composte da imponenti container, un’esperienza incredibilmente esotica ed immersiva. Lo spazio a nostra disposizione purtroppo sta finendo mentre avremmo voluto parlarvi del nuovo prototipo di macchina illy, pensato per personalizzare il proprio caffè, ma dovrete andare di persona. 

Come è possibile vivere l’esperienza digitale al Cluster Caffè? Le visite con i Moverio si tengono ogni giorno alle 12.30, alle 15.00 e alle 17.30. È necessario prenotare collegandosi al questo link. Ma se siete veri amanti di questa bevanda potete anche sbirciare qui: Università del caffè di Trieste, il centro di eccellenza creato da illy caffè. 

Senza zucchero!

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Jacopo Peretti Cucchi

Il suo compito è occuparsi di tutti i “progetti speciali”, meglio ancora se sono segreti. Amante della buona cucina e grande appassionato di rugby e motori.

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