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Sydney Brenner non c’è più e la biologia molecolare è un po’ più triste

Sydney Brenner, lo conoscete? Un nome famoso, famosissimo nella biologia, un nome a cui questa branca della scienza deve tantissimo. Vincitore di un Nobel nel 2002, amico di Watson e Crick (quelli del DNA, proprio loro), compagno di studio di quest’ultimo per vent’anni. Il bambino prodigio che è stato un po’ in tutto il mondo, figlio di un calzolaio che non sapeva leggere né scrivere l’inglese, è morto qualche giorno fa, il 5 Aprile.

Sydney Brenner.
Sydney Brenner.

Chi era Sydney Brenner?

Cominciamo (come al solito) dall’inizio. Brenner era l’emblema del bambino prodigio. Entrò alla University of the Witwatersrand di Johannesburg nel 1942 per studiare medicina. Di questi tempi essere entrati a medicina è un traguardo anche due o tre anni dopo aver preso la maturità, Brenner, però, nel ’42 aveva 15 anni. Era così giovane che, alla fine degli studi, non avrebbe potuto prendere l’abilitazione per esercitare la propria professione.

Dopo essersi laureato in medicina se ne va ad Oxford. Ecco, stava cominciando la sua brillante carriera. Arriva lì con “two half ideas both of which were more than half wrong” sul DNA, quando viene a sapere che Watson e Crick erano riusciti a capirne la morfologia. Si mette in macchina, arriva a Cambridge, parla con Watson.

“This was the watershed in my scientific life. The moment I saw the model and heard about the complementing base pairs I realized that it was the key to understanding all the problems in biology we had found intractable – it was the birth of molecular biology.”

Cambiò tutto. Brenner da quel momento fu totalmente preso dalla nascita della biologia molecolare e non perse tempo. Aiutò anche lui, infatti, a delineare la forma a doppia elica del DNA. Poi cominciò a fare esperimenti su virus batteriofagi, ed ecco che che scoprì della codificazione a triplette: il DNA, quando deve essere letto per sintetizzare una proteina, utilizza un “linguaggio” per cui a tre basi azotate consecutive corrisponde un amminoacido, il mattoncino fondamentale delle proteine

Brenner, con questa scoperta, aveva aperto nuove domande. Trovò lui le risposte? No, ma  i suoi studi portarono alla successiva scoperta di molecole chiave della trascrizione e traduzione genica, come mRNA e tRNA, necessarie alle cellule per esportare e interpretare le informazioni contenute nel DNA e sintetizzare proteine.

E poi c’è il Nobel. Lui stava studiando il Caenorhabditis Elegans, una sorta di verme di circa un millimetro, a caccia di informazioni sul suo sistema nervoso. Accorgendosi che questo animale ha un numero fissato di cellule, è riuscito a notare come queste, durante la sua crescita, andassero incontro ad una morte programmata. Chiamatelo se volete il seppuku biologico. Brenner, scoprendo i meccanismi genetici di questo processo, chiamato apoptosi, vinse il Nobel, gettando le basi per la ricerca contro il cancro.

Insomma, a Brenner dobbiamo tanto, e mi piace lasciarvi con alcune parole sue, pronunciate nel lontano 2002, mentre ritirava il premio più importante di tutta la comunità scientifica.

“I am still, at the age of 76, excited by scientific research and the prospect of what can be done in biology. Science is something one is tied to for life and one should never retire from anything until one has secured one’s next job. The endless quest for knowledge will continue as long as humans exist.”

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Matteo Magherini

Matteo Magherini, noto ad alcuni come Asciugamano, è un gatto professionista. Una volta completato l’obiettivo « laurea triennale in fisica » ha deciso di scegliere la classe « fisico delle particelle » e si aggira tra un esame e l’altro intento a livellare. Appassionato di fantascienza, arrampicata e chitarre è campione nazionale di freddure.

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