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Tai chi e l’arte del combattimento

Arte marziale: la stessa espressione sembra un ossimoro. Arte e guerra, difficile immaginare due mondi più lontani. Come si può considerare il farsi a pezzi l’uno con l’altro, il massacro, come qualcosa di analogo all’eleganza e la civiltà dell’espressione artistica dell’animo umano?
A proposito di Marte e divinità classiche, in realtà la stessa mitologia ci rivela come fin dall’antichità l’uomo abbia compiuto una distinzione tra il furore guerriero che si porta sul campo di battaglia (rappresentato da Marte) e la guerra tattica e cerebrale, insomma quella fatta a tavolino nelle tende dei generali, di cui la divinità è Minerva.
Il concetto di “guerra” nel suo insieme presenta entrambi questi aspetti, la strategia e lo scontro violento. La battaglia si compie con il combattimento corpo a corpo dei singoli, sia sul fronte che nella più metaforica guerra quotidiana per la sopravvivenza e il conseguimento delle proprie missioni.
Forse gli aspetti meno violenti e più “nobili” coinvolti nelle operazioni di guerra sono l’astuzia intellettuale, legata all’abilità di manipolare l’avversario, di anticiparne le mosse, unita a un’alta dose di intraprendenza, cautela e capacità di utilizzare a proprio vantaggio qualsiasi situazione: pianificare e tramutare gli svantaggi in opportunità, un po’ quello che succede quando si gioca a scacchi.
Anche nell’antico Oriente la concezione della guerra esula dal mero scontro fisico: il trattato di strategia militare L’Arte della Guerra scritto dal generale Sun Tzu, probabilmente tra VI e V secolo a.C., è applicato in tempi moderni da strategic manager nelle politiche di gestione aziendale, ma certamente i suoi campi di utilizzo sono più estesi, potendo applicarsi a qualsiasi livello di interazione umana.
Un’arte marziale in particolare è forse la più puntuale sintesi tra combattimento fisico e forza mentale: il Tai Chi, ramo collaterale del più noto Kung Fu.
Il Tai Chi è appunto un’arte marziale che fornisce tutti gli strumenti per la difesa personale, fisici e mentali.
I principi su cui si basa sono quelli del taoismo e della filosofia cinese indissolubilmente legata alla medicina tradizionale.
L’elemento cardine è il Chi (o Qi), l’energia che pervade ogni cosa, la forza vitale, concetto nato in ambito militare per indicare la forza vitale dei soldati e poi ampliatosi abbracciando diversi campi filosofici, fino a significare anche la forza mentale del singolo.
Oltre ai miglioramenti fisici che il Tai Chi consente di sviluppare, in ambito soprattutto cardio-circolatorio, i maggiori vantaggi che si acquisiscono con la pratica di quest’arte sono il controllo sulle proprie risposte psicologiche ed emotive alle situazioni di stress e la fluidità nell’applicare la reazione più efficacie agli attacchi esterni.
Il corpo è in grado di elaborare risposte prima ancora che noi stessi ne siamo coscienti (vedi: riflessi), ed è un innegabile vantaggio per la rapidità delle stesse, ma si tratta spesso di reazioni preimpostate, scollegate dalla nostra volontà (il fuoco brucia: togli la mano).
Ma quando si presenta un problema complesso che il corpo registra e per cui elabora una reazione automatica, una reazione non ottimale puramente meccanica può rilevarsi un grosso svantaggio.
Se siamo abbastanza allerta e riusciamo a intervenire invece in maniera razionale, con tutta probabilità riusciremo a fornire una risposta adeguata, ma lenta.
La situazione ottimale sarebbe quindi lo sviluppo della capacità di rilevare gli attacchi per tempo ed elaborare la risposta che vogliamo nel minor tempo possibile, come un riflesso ma cosciente.
Il Tai Chi permette di acquisire il controllo del proprio corpo, capire e leggerne le reazioni, rendendone le risposte quanto più possibile dipendenti dalla nostra volontà.
Tendenzialmente siamo portati a non capire a fondo o a ignorare i segnali di pericolo o disagio che il fisico invia al cervello, e questo può essere una grossa debolezza; ignoriamo la prima e più affidabile sentinella sul mondo esterno. Nient’altro può metterci in guardia e nelle condizioni di  difenderci o attaccare nel momento del bisogno (se non prima).
L’applicazione dell’arte marziale in un ambito non belligerante permette di utilizzare le abilità del guerriero in funzione strategica.
Il corpo capisce le cose molto prima di noi, le risposte automatiche sono indicatori che vanno ascoltati ed è un vantaggio innegabile poter capire le intenzioni dell’avversario prima ancora che le possa apertamente manifestare, soprattutto quando non vuole manifestarle.
La sensazione che qualcuno trasmette con il suo Qi può essere utile in combattimento per anticiparne le mosse, percependo se e quando sferrerà l’attacco, oltre che dove e come.
Un buon soldato è sensibile. Sensibile e fluido come acqua, sfrutta tutte le contingenze esterne e vi si adatta per vincere, sensibile allo stato e alle condizioni dell’avversario, il Qi scorre potente in lui.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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