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The Great Wall: una breccia ad Oriente

Quando vediamo per la prima volta il trailer di un film d’azione, ripieno di scene di lotte fantasmagoriche ed effetti speciali da fine del mondo, il nostro senso dell’ignoranza pura pizzica. Questo genere di film è di sicuro una delle categorie preferite per chi ama andare al cinema con un gruppo di amici gustandosi gli immancabili pop corn più bibita; un’occasione per distrarre il cervello da pensieri come la disquisizione dei massimi sistemi o il ricordarsi di comprare il dentifricio il giorno dopo. Per fare una pellicola di questo tipo però, non bastano sequenze d’azione spettacolari random, incollate l’un l’altra da uno straccio di trama. Non che la storia sia il punto focale, anzi, ma bisogna saperla amalgamare bene insieme a tutti gli altri elementi che compongono un film, in modo che i personaggi risultino carismatici allo spettatore, e l’empatia provata per essi nelle scene d’azione sia maggiore. 

Questa volta è toccato al noto regista orientale Zhang Yimou mettersi alla prova, cercando di creare un mix originale tra il film d’azione e il monster movie. Il regista tenta di fondere lo stile da blockbuster americano, con un tocco d’azione, colore e coreografie “made in China”. Poteva essere un mix vincente sulla carta, ma dopo aver visto in anteprima The Great Wall possiamo dire che dal regista di Lanterne Rosse e Hero ci aspettavamo molto di più.
Fra gli anni sessanta e settanta in Italia esisteva un filone detto dei “contro”, film per il grande pubblico in cui si mettevano in contrasto illustri personaggi, e a volte uscivano scontri improbabili come Zorro contro Maciste, indubbiamente delle perle del trash. Ai tempi dei primi trailer in redazione si scherzava ricordando questo filone e pensavamo a un film in cui Jason Bourne e l’armata cinese affrontano i draghi dell’Apocalisse. Credetemi, fosse stato così quest’articolo avrebbe un tono molto più entusiasta.

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Nel film vediamo Matt Damon e un suo compare, esperti mercenari, cercare di arrivare in Cina per trovare la polvere nera (ovvero la polvere da sparo) e poi commerciarla in Europa. Tra varie vicissitudini, finiscono per arrivare davanti la Grande Muraglia dove vengono catturati, e in seguito, assistono alla prima battaglia dell’armata di difesa cinese contro un esercito di mostri simili a lucertoloidi. Inutile dire che grazie a un colpo di fortuna riescono a liberarsi e dimostrare il loro valore contro le suddette creature. Il resto del film continua su un binario molto prevedibile che non riserva nessuna sorpresa nemmeno nelle scene finali. Uno dei difetti più grandi del film sta proprio nella sua storia, che accenna diverse sotto trame, come l’origine dei mostri chiamati Taotie (presi dal folklore cinese), la storia di William Garin (il personaggio interpretato da Matt Damon) o quella del comandante Lin Mae (interpretato dalla bella Jing Tian), e altre questioni che vengono accennate per dare un contesto credibile alla vicenda, ma che poi non vengono approfondite abbastanza da risultare interessanti per lo spettatore. 

Altro problema che abbiamo notato è il fatto che, pur di dare risalto al personaggio di Matt Damon, l’esercito cinese dimostra una capacità strategica pari a quella di uno "slowpoke", facendosi buggerare più volte dalle strategie dei Taotie (che non sono semplicemente dei mostri senza cervello ma hanno una spiccata intelligenza), e ogni volta arriva Matt Damon a salvare la situazione. Senza contare poi la presenza di svariati cliché facilmente evitabili: uno su tutti, il mostro dominante che una volta ucciso fa morire anche il resto dell’orda, questo senza nemmeno avere un minimo di spiegazione logica. Anche gli attori non brillano per le loro performance, ma la colpa è dovuta soprattutto dal poco spessore dei personaggi interpretati. Di The Great Wall salviamo almeno le scene d’azione, spettacolari e con un tocco preso direttamente dai film di arti marziali cinesi di cui Zhang Yimou è maestro; gli effetti speciali, specialmente delle creature che si muovono con una ferocia realistica; la fotografia, che ci offre delle scene panoramiche davvero mozzafiato.

The Great Wall poteva essere un’ottima occasione per unire due stili di fare cinema di due paesi culturalmente molto diversi fra loro, ma il lato americano della pellicola prevale troppo anche sulle scelte registiche di Zhang Yimou, che confeziona soltanto un prodotto pieno di cliché come tanti altri in giro.

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