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Il colore viola: un adattamento impegnativo | Recensione

Il film del 1985 è entrato nella cultura popolare e questo film cerca di riportarne in sala la potenza, riuscendoci a metà

Il colore viola non è propriamente la storia che ci immagineremmo adattata in un musical. Come sa bene chi ha letto il romanzo Premio Pulitzer di Alice Walker o visto il film del 1985, si tratta di una vicenda dura di violenza e abusi a ogni livello. Tuttavia Broadway ha raccolto la sfida e con buoni risultati. E come spesso accade con gli show che vanno così bene prima o poi giunge il momento di fare il salto sul grande schermo, con tutte le le conseguenze del caso. E così, Il colore viola chiude il suo cerchio, tornando al cinema quasi quarant’anni dopo, in una versione musical, su cui concentreremo in questa recensione. Sempre però tenendo un occhio sul passato, proprio come fa questo adattamento.

Il colore viola recensione: di cosa parla questo musical?

La protagonista di questa storia è Celie, una donna afroamericana della Georgia. Fin da giovanissima, la sua vita è stata caratterizzata dalla violenza, prima per mano del padre e poi del marito Mister a cui viene sostanzialmente venduta. È estremamente legata alla sorella Nettie, ma le due non potranno restare unite. La ragazza infatti dovrà scappare prima dalle grinfie del padre e poi da quelle proprio di Mister, dopo aver chiesto ospitalità nella casa dove vive Celie.

Il film si concentra sulla storia di quest’ultima, facendoci seguire tutte le tappe della sua vita, dall’adolescenza fino all’età adulta e oltre. Un racconto complesso, che attraversa gli anni, l’evoluzione delle dinamiche familiari e il contatto con altre figure che plasmeranno la vita di Celie, aiutandola a trovare sé stessa. Senza mai dimenticare la sorella Nettie.

Ma Il colore viola non è solamente la storia di Celie. Tra le sue figure centrali infatti troviamo altre due donne. La prima è la esuberante e incontenibile Sofia, moglie del primo figlio di Mister. La seconda è invece la storica amante di quest’ultimo, la cantante blues Shug Avery.

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E anzi, rispetto al film del 1985, questo adattamento musical de Il colore viola offre molto più spazio a questi personaggi, che non a caso si sono guadagnate un posto d’onore sul poster. E così la storia si evolve offrendo ancora più esplicitamente tre prospettive diverse su una condizione simile.

Il risultato finale è una versione aggiornata e per certi versi ampliata di quella portata in scena da Whoopi Goldberg, Margaret Avery e Oprah Winfrey quarant’anni fa. Tuttavia mantiene profondi debiti nei suoi confronti: l’influenza del primo adattamento è tanto forte quanto quella del musical teatrale, o solo leggermente inferiore.

Raccontare le emozioni in musica

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Copyright: © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. || Photo Credit: Ser Baffo

Ora che abbiamo ripassato la storia a grandi linee de Il colore viola sono chiare a tutti le perplessità sull’adattamento in musical di cui parlavamo in apertura di questa recensione. Ma nell’ultimo secolo Broadway ci ha insegnato che non c’è mai davvero nulla di impossibile e in effetti il risultato da questo punto di vista è convincente. Brani come She Be Mine, Keep It Movin o Miss Celie’s Pants oltre che The Color Purple (che chiude l’opera) sono di grande impatto. Questo anche grazie alle ottime performance fra le altre di Fantasia Berrino, Taraji P. Henson e Halle Bailey, nonostante il suo ruolo sia contenuto per ragioni di trama.

Uno dei problemi però che abbiamo riscontrato è la difficoltà – almeno in questa versione cinematografica – a conciliare la funzione d’intrattenimento dei numeri musicali con quella narrativa. Soprattutto nella prima metà de Il colore viola, si nota una fatica a unire davvero le due anime di quest’opera, quella di racconto e quella di musical. La sensazione è che la storia si metta in pausa (peraltro con una frequenza non indifferente) per lasciare spazio a una sequenza cantata che espone una svolta narrativa, quanto le emozioni e i sentimenti dei personaggi presentati in maniera molto esplicita. Con tutti i problemi della violazione del comandamento “show don’t tell.

In un periodo storico in cui il pubblico è istintivamente avverso ai musical (tanto che si sente il bisogno di “ingannarlo” tramite il marketing) questo è un problema. L’obiezione spesso deriva dal sentimento che le canzoni costituiscano una “perdita di tempo” e questo approccio rinforza tale idea. Il colore viola faticherà dunque a farsi amare dagli spettatori che già non amino i musical, portandoci a un secondo punto chiave di questa recensione.

Il colore viola: dal libro al film al musical al film ancora

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Copyright: © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. || Photo Credit: Eli Ade

Questa pellicola, lo abbiamo accennato più sopra, ha un debito evidente nei confronti della versione del 1985. Non si tratta di un segreto, anzi è stato messo in chiaro da subito, tanto che la produzione vede il coinvolgimento di alcuni nomi chiave del primo film. E fin dai primi minuti possiamo vedere il rispetto nei confronti di quel lavoro che è stato così importante, nonostante il poco riconoscimento offerto in termini di Premi.

Tuttavia, la sensazione è che questo amore abbia portato ad approcciare questo adattamento guardandolo troppo da vicino, perdendo la visione d’insieme. Che fuor di arzigogolata metafora significa che se non hai visto il film del 1985 (o letto il libro da cui è tratto) è difficile davvero comprendere questa nuova versione de Il colore viola.

Non stiamo parlando tanto della narrazione, non in senso stretto almeno. Gli elementi chiave della storia sono chiari, così come lo sono tutto sommato i vari passaggi di trama. Ma è come se questa nuova versione desse per scontato che lo spettatore conosce già la precedente (o una di queste) e quindi ci si adagia, quasi fosse un complemento delle altre, più che un’opera con una sua identità.

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Copyright: © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. || Photo Credit: Courtesy Warner Bros. Pictures

In generale si regge in piedi quindi, non si esce dalla sala con le idee confuse su cosa sia successo. Ma allo stesso tempo ci risulta difficile riuscire capire il fascino della storia di Celie, Shug, Sofia e Nettie senza averla già conosciuta. Senza aver esplorato nel dettaglio alcuni angoli che qui sono solamente accennati.

Il colore viola rimane comunque un buon film, con interpretazioni molto solide sia dal punto di vista della recitazione che del canto. Tuttavia è un prodotto che piacerà soprattutto alla sua nicchia, cioè gli amanti dei musical e del film del 1985, mentre per gli altri sarà più difficile da apprezzare.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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