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The Imitation Game: Alan Turing, macchina o eroe?

Se ora stiamo scrivendo questo articolo e voi lo state leggendo, è per merito di Alan Turing. In realtà è sempre difficile categorizzare in queste situazioni, il progresso scientifico è raramente derivante da una sola persona: verrebbe da pensare “ok, ma se non lo avesse fatto lui lo avrebbe fatto qualcun altro”. Vero. O forse no. Come si può dire? Forse se Alan Turing non avesse fatto ciò che ha fatto noi e voi avremmo comunque il computer, ma magari vivremmo sotto una dittatura. Si finisce quasi nella fantascienza, speculazioni, significative solo fino ad un certo punto, perché effettivamente nell’universo in cui viviamo Alan Turing è esistito, ha fatto ciò che ha fatto, e la sua storia va raccontata con il massimo rispetto e ascoltata con la massima attenzione. 
 E da dove si inizia a raccontare la storia di un uomo che ha dato il singolo contributo più significativo alla sconfitta del Nazismo (parole di Winston Churchill) e inventato un test per distinguere un’intelligenza artificiale da un essere umano, ancora prima che l’intelligenza artificiale fosse inventata (cosa a cui ha fra l’altro contribuito)? Morten Tyldum, regista di The Imitation Game, sapeva da dove iniziare. Da nerd appassionati di storia e informatica aspettavamo questo film da quasi un anno, ha sbalordito la critica, e anche le nostre aspettative non sono state affatto deluse. Il ruolo di Alan Turing è delicatissimo: è necessario rappresentare realisticamente la sua personalità geniale e problematica senza metterla in ridicolo o renderla una caricatura dell'uomo che era (Turing presentava molti dei tratti che vengono attribuiti agli Asperger, anche se la diagnosi non fu mai confermata). Nessuno poteva essere più adatto dell’attore che negli ultimi tempi ha magistralmente vestito i panni di personalità come Sherlock Holmes e Julian Assange. Stiamo chiaramente parlando di Benedict Cumberbatch, che con questo film dà ancora una volta prova della genialità che lo ha portato a Hollywood. Anche Keira Knightley, che solitamente o si odia o si ama, secondo noi ha dato il meglio di se nel ruolo di Joan Clarke, amica e collega di Turing, il cui rapporto con il matematico è in gran parte inventato ai fini della drammatizzazione.
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È infatti necessario premettere che in questo film l’accuratezza storica ha dovuto cedere parecchio terreno a favore della drammatizzazione, molte cose sono state rivisitate o inventate: il ruolo del Comandante “cattivo”, alcuni dettagli riguardanti l’infanzia di Turing, la natura indipendente e ristretta del progetto Hut 8 (in realtà erano in migliaia a lavorare alla decriptazione di Enigma, non una manciata di scienziati, e sicuramente non erano loro a prendere decisioni militari). Queste sono premesse che è necessario tenere a mente quando si va a vedere un film biografico, è giusto fare le dovute distinzioni fra la storia e il film, e la questione è delicata quando si parla di un personaggio di questo calibro. The Imitation Game è un film, non un documentario, è un racconto che grazie alla sua natura è arrivato agli occhi e alle orecchie di tanti e ha contribuito a rendere onore ad Alan Turing, quell’onore che è venuto a mancare quando la sua nazione lo ha ripagato dei servizi con la castrazione chimica per la sua omosessualità, per poi insabbiare la sua vicenda per cinquant’anni. A volte è necessario che l’accuratezza storica lasci spazio alla narrazione, perché certe storie possano essere raccontate, e ascoltate. Non serve essere degli storici, degli appassionati di matematica o degli amanti dei documentari per apprezzare questo film. Commovente, tratta il tema della guerra senza risultare pesante o già visto e soprattutto non cade nella banalità quando si arriva alla conclusione. Il progetto Hut 8 non è stato solo vittoria e glorie, The Imitation Game mostra molto bene quali scelte hanno dovuto fare Turing e compagni (e superiori), il dialogo con il poliziotto è più eloquente di qualsiasi altra scena nel mostrare ciò. Lo stesso vale per la questione dell’omosessualità di Turing, mai banalizzata, ha un ruolo chiave nella sua storia ma non definisce la sua identità, così come dovrebbe essere. 
Per gli appassionati delle scienze poi è impossibile non commuoversi almeno un po’ e sentirsi orgogliosi del progresso scientifico operato da Turing con i suoi studi. Romanzati sì, ma non importa, a volte abbiamo bisogno che le cose ci vengano semplificate e sbattute in faccia per sentirle davvero nostre, e commuoverci per i risultati di qualcun altro. È difficile farlo in modo delicato, ma secondo noi The Imitation Game ci riesce splendidamente, e ci ricorda che a volte “sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare”.

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Giada Rossi

Laureata in Astronomia, aspirante Astrofisica. Curiosa di natura. Scrivo soprattutto di scienza, ma preferisco parlare di cani buffi.

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Un commento

  1. Io ho trovato il film molto interessante ma IMHO il personaggio risente _troppo_ dell’influenza di alcune caratterizzazioni moderne: le opinioni sul carattere di Turing sono abbastanza divergenti da ciò che è starto rappresentato e forse presentare il personaggio come meno “estremo” lo avrebbe reso più aderente alla realtà storica senza minarne comunque l’efficacia.

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