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Disincanto: l’ultimo giro di giostra | Recensione

L'avventura di Bean, Luci ed Elfo su Netflix si conclude senza fuochi d'artificio, né particolare disperazione

Con la quinta parte in uscita proprio oggi su Netflix, si conclude l’epopea di Disincanto. La serie televisiva annunciata come il nuovo grande progetto del papà dei Simpson Matt Groening, che è arrivata a chiudere il suo percorso, discostandosi in questo dagli altri show dell’autore. Com’è andato questo ultimo giro di giostra per Bean, Luci ed Elfo? Scopriamolo subito, partendo all’avventura insieme a loro…

Disincanto: su Netflix arriva lo scontro finale

Molte cose sono cambiate dalla prima stagione di questo show. Se all’inizio la nostra Bean sognava di riportare in vita la propria madre Dagmar, ora quello stesso desiderio si è rivelato un incubo. E tra mille avventure, viaggi in altri regni, nuove amicizie e chiamate all’eroismo rifiutate, è tempo che la principessa di Dreamland affronti il suo destino. E quando diciamo destino, intendiamo la Regina Dagmar.

Ci ritroviamo subito lanciati nell’azione, ripartendo dal finale sospeso della quarta parte. Il team di protagonisti dovrà trovare un modo per scalzare definitivamente la malvagia Regina e il suo consorte (il Principe delle Tenebre in persona) e riportare l’ordine a Dreamland. Un compito che forse ora, dopo anni di maturazione è finalmente alla loro portata.

Questa stagione di Disincanto è caratterizzata dall’evidente desiderio di tirare tutte le fila della serie Netflix. La sensazione è quella di assistere a un giro finale, in cui si passano in rassegna tutti i luoghi, tutti i personaggi, tutti i momenti chiave per essere sicuri di dare un ultimo momento di luce a tutti e raccogliere tutto ciò che si è eventualmente lasciato in giro.

Un passaggio necessario, perché negli anni la serie ha decisamente esteso i propri confini, passando da una semplice variazione sul tema del fantasy a un mondo complicato, con una mitologia complessa, regni differenti e una valanga di personaggi. Ed era giusto che prima che si chiudesse il sipario ognuno avesse il tributo che meritava dal pubblico.

Si è trattato di un esperimento, riuscito a metà

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Cr. COURTESY OF NETFLIX © 2023

Quando arrivò l’annuncio di questa serie ci fu (almeno per l’autore di questo pezzo) la speranza che Matt Groening potesse replicare quanto fatto con Futurama. Se quest’ultima si è rivelata negli anni una straordinaria decostruzione del genere fantascientifico e dei suoi classici, forse Disincanto poteva ripetere l’operazione con lo sguardo al mondo fantasy. In realtà questo non è davvero successo.

Questo anche per una ragione piuttosto evidente: pur condividendone l’autore, questo show è lontano dalle avventure di Homer e famiglia o della Planet Express. A partire dal fatto che c’è un vero impegno sulla creazione di una orizzontalità. Non siamo in uno status quo perenne, solo ogni tanto leggermente modificato: qui abbiamo una trama che procede e non ci sono quasi mai episodi che seguano la stessa struttura.

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È stato indubbiamente un esperimento, un modo per fare qualcosa di diverso. Ed è anche comprensibile che si sia scelta questa strada, considerato che le serie “sorelle maggiori” vengono da un’epoca televisiva completamente diversa, dove ancora “autoconclusivo” non era una brutta parola. Beanie quindi si è trovata a dover crescere in fretta e insieme a lei anche il mondo che la circondava.

Parte dopo parte, abbiamo scoperto sempre di più su Dreamland e i regni confinanti, ma soprattutto abbiamo visto i personaggi evolversi, compresi quelli più refrattari al cambiamento. Il tutto affrontando un intreccio che si è fatto sempre più complicato, a volte anche troppo per lo spirito che la serie aveva nelle aspettative del pubblico, da cui non ci si è mai davvero allontanati.

Disincanto si conclude su Netflix con eleganza, ma senza davvero brillare

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Cr. COURTESY OF NETFLIX © 2022

Forse per questi motivi, forse perché dopo non aver fatto un vero botto con la prima parte la serie si è sempre più allontanata dal discorso pubblico, fatto sta che Disincanto conclude la sua corsa su Netflix con molto meno clamore di quello che ha avuto quando l’ha iniziata.

La quinta parte riflette per certi aspetti questo mood. Un ultimo giro di giostra che è senza particolari difetti e procede linearmente verso la sua conclusione. Tira tutti i fili che doveva tirare, ci fa salutare i personaggi che dobbiamo salutare, ma lo fa senza trasmettere una particolare sensazione di “evento”.

Siamo giunti alla fine delle avventure di Bean (salvo sorprese che sono sempre dietro l’angolo) e tutto ci scorre addosso in maniera piuttosto tranquilla. Un addio senza infamia e senza lode per uno show che forse poteva sognare qualcosa di più.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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