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Enea, “giovani” borghesi sull’orlo di una crisi di nervi | Recensione

Recensione di Enea, il nuovo film di Pietro Castellitto, ritratto grottesco di una società borghese apatica e narcisista

Pietro Castellitto è “diventato grande”. Dopo il brillante e sarcastico esordio alla regia con I Predatori, presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia del 2020, ritorna nel 2023 all’evento, questa volta in Concorso con la sua seconda opera: Enea, pronta per arrivare al cinema dall’11 Gennaio con Vision Distribution. Sarà stato all’altezza dell’aspettativa o come Icaro, citando un altro nome della mitologia, si sarà spinto troppo vicino al sole finendo con il far sciogliere la cera delle sue ali per poter precipitare? Approfondiamo meglio nella recensione di Enea.

Enea, storia di un borghese narcisista apatico

recensione di Enea

In realtà, nel caso di Enea, bisognerebbe più parlare di Narciso, perché il personaggio scritto, diretto ed interpretato dallo stesso Pietro Castellitto, è un vero e proprio narcisista, un po’ come lo è il suo autore, che rimane il fulcro pulsante di tutto, pur mettendo in scena una sorta di dramma esistenziale dalle venature della commedia nera. 

Enea è un trentenne della Roma bene, figlio di uno psicologo infantile (Sergio Castellitto) ed una presentatrice televisiva di libri (Chiara Nochese). Trascorre le sue giornate oziando da una festa all’altra, assieme al migliore amico di sempre, Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio). 

La vita di Enea è un guscio vuoto, ovattato, distaccato. Sullo schermo ci appare costantemente perso nel suo mondo. Presente ed assente al tempo stesso. Un po’ come i suoi coetanei ed, in fondo, i suoi genitori, ostinati a portare su la maschera dell’equilibrio, della pacatezza, dello stare bene, per poi covare sentimenti “nocivi” come rabbia, odio e disprezzo.

Perennemente con le AirPods nelle orecchie e un bicchiere di alcool in mano, che sia un calice di vino o negroni o champagne, ha poca importanza, Enea “gestisce” un rinomato sushi di Roma ed è invischiato nel traffico di cocaina, spacciandola ai ragazzini della stessa Roma Nord che l’ha partorito. Eppure Enea non ci appare mai come un furbo imprenditore o uno spietato spacciatore. Non si sente il Re del mondo, anche se forse un po’ lo vorrebbe.

Al massimo potremmo definirlo Principe, un principino viziato che gioca a fare l’adulto, inconsapevole dei pericoli del mestiere, abbeverandosi solo ed unicamente della sua stessa immagine come Narciso, illudendosi di poterla fare franca, di poter dettare le regole di un gioco molto, molto ma molto più vecchio di lui. 

Enea è un rullo compressore di apatia, un “piccolo uomo” atrofizzato dal suo stesso privilegio, incapace di provare stimolo alcuno, emozione alcuna, dalla gioia alla paura, dal dolore alla rabbia, dall’amore all’odio. Travolge tutto ciò che lo circonda, andando avanti come se nulla fosse. La sua, appunto, non è crudeltà, ma un approccio completamente disinteressato all’esistenza.

Enea è un morto prima ancora di esserlo per davvero, specchio generazionale di una società contemporanea che nega i suoi difetti perfino di fronte allo specchio. Ed anche lì dove il film ci porta a pensare che forse, in fondo, per qualcuno o qualcosa, Enea possa davvero provare un briciolo di affetto, la realtà è ben diversa. Di fronte alle tragedie più grandi, di fronte ai pericoli più funesti, Enea va avanti, col suo falso sorriso sulle labbra, la testa ovattata e il mondo insonorizzato. 

L’ambizione non sempre paga

Enea Recensione Giorgio Quarzo Guarascio

Continuando questa recensione di Enea, va subito detto che la crescita artistica di Pietro Castellitto è ben visibile ed innegabile. Se I Predatori si mostrava essere un’opera molto maturata dal punto di vista tematico e della scrittura ma più fragile e meno ficcante per l’aspetto visivo, di Enea colpiscono fin da subito le sue immagini, la scelta artistica di alcune inquadrature, punti macchina quasi poetici.

La poesia stilistica di Castellitto è volutamente artificiosa, quasi come se fosse un filtro Instagram. Pietro Castellitto ci mostra porzioni di realtà maliziosa, stucchevole, frivola e superficiale. La realtà di una società dove l’apparenza conta molto più della sostanza. La FOMO dell’apparire, dell’enfatizzare “solo cose belle” anche se, spesso e volentieri, sono false, costruite a tavolino, solo per banchettare al tavolo del “io ce l’ho fatta” e non a quello degli “invidiosi”, coloro che “non possono permetterselo”. 

Ritorniamo sul concetto narcisista che nutre il protagonista di Castellitto e così tutti i personaggi che lo circondano, a tal punto di provare un profondo sentimento di invidia per chi si concede il lusso di provare qualcosa, qualsiasi cosa, come Valentino che invidia la madre depressa e con tendenze suicide. 

E, quindi, tornando questa volta ad Icaro, Pietro Castellitto si spinge ancora più su, ancora più in alto con quella che, in fondo, ed il finale ce lo conferma, possiamo definire una commedia nera. Tanto drammatica quanto paradossale e, per questo, reale. Ma a spingersi troppo contro il sole, la cera che mantiene nel nostre ali, rischia di sciogliersi. Ed è esattamente quello che accade ad Enea, tanto personaggio quanto film. Se Castellitto sviluppa una mano più precisa alla regia, la sceneggiatura è un altro paio di maniche.

Il film si presenta bruscamente diviso in due parti: una prima ora molto definita, ben focalizzata su un tema, quello dell’apatia e del grottesco sociale, ricca di freddure, personaggi insopportabili ma che al tempo stesso arrivano con grande potenza, come per esempio il Gabriel di Matteo Branciamore e il Giornado di Adamo Dionisi.

Lo stesso Enea, del resto, è un personaggio che mal si tollera sullo schermo, quasi aspettando che da un momento all’altro la vita possa tirargli un tiro mancino, essendo portati a credere che i potenti, i malvagi, la fanno sempre franca. Ma Enea non è un potente, non è un malvagio. Semplicemente è un viziatello apatico e, per questo, ancora più insopportabile. In questo senso Pietro Castellitto da un’ottima prova interpretativa. 

recensione di Enea

Quando Enea inizia a crollare? Quando la cera della sceneggiatura di Pietro Castellitto si scioglie? Nella seconda ora di film. I temi si sovrappongono, la carne sul fuoco viene aumentata a dismisura, la sfacciata esuberanza registica rimane ma è la storia a perdere di mordente.

Quello che si mostra come un grottesco ed ironico affresco sociale, diviene qualcosa di poco definito e che sfugge al controllo del suo “creatore”, un giovane autore che mostra più “cazzima” di tanti registi più blasonati e che, in fondo, non ha paura di sbagliare, peccando di presunzione tanto quanto il suo protagonista. Eppure l’andare troppo oltre le proprie capacità, ma non perché non ci sia talento, piuttosto perché manca l’opportuna maturità per potersi approcciare ad una storia così camaleontica, finisce con l’essere un’arma a doppio taglio.

Ed è così che Enea diventa una storia fin troppo elaborata e stratificata, a tal punto da fare il giro e diventare un involucro vuoto, proprio come il suo protagonista. Ambizioso, si. Pretenzioso, pure. Castellitto fa il passo più lungo della gamba e finisce per inciampare su sé stesso, riprendendo l’equilibrio un attimo prima di cadere. Un film che cambia drasticamente aspetto e finisce col trascinarsi, essere confuso, distogliere l’attenzione dal focus principale a tal punto da chiedersi: “Sì, ok… ma quindi, cosa vuoi dirmi?”.

Il “Vietnam” di Pietro Castellitto

recensione di Enea

Enea è un film ironico, un film ambizioso, una disamina su una Roma Nord che Castellitto riprende come se fosse il Vietnam, mostrando un enorme sarcasmo nei confronti delle sue stesse metaforiche dichiarazioni di qualche anno fa e sul polverone generato di conseguenza.

Una pellicola che esalta (non necessariamente in positivo) i suoi personaggi maschili, regalandoci una delle più belle, malinconiche e struggenti interpretazioni con il Valentino di Giorgio Quarzo Guarascio, ma gratta solo la superficie della complessità femminile, sprecando potenziali ottimi personaggi, come quello di Eva interpretato da Benedetta Porcaroli. 

Un gangster movie sull’apatia, sulla società delle apparenze, sul narcisismo patologico, dove non esistono vinti e vincitori. O forse sì. Esistono personaggi respingenti ma dai sentimenti universali, ricchi o poveri che siano. Va detto, però, che essendo ricchi fa un po’ più rabbia vederli piangersi addosso di fronte ad una degustazione da 500 euro a testa, bevande escluse.

Una pellicola sulle conseguenze delle proprie azioni, che urla ad una fittizia ribellione e desiderio di libertà giovanile mentre si canta a squarcia gola Bandiera Gialla o Maledetta Primavera, quasi a voler demistificare il significato reale di queste canzoni, dandogli un’appropriazione differente. Concetto che alla destra è molto caro, basti pensare alla strumentalizzazione di Tolkien da parte di Fratelli D’Italia. Ovviamente Castellitto lo fa con giocosità, volendo evidenziare il paradosso di fronte. Esattamente come il testo di Renato Zero, Spiagge, che dopo questo film non sarà più lo stesso. 

Pietro Castellitto passa troppo velocemente dall’essere un giovane autore interessante ad un giovane autore che crede di essere già arrivato; ma del resto, essere giovani, vuol dire anche questo. E tutto questo è abbastanza da rendere Enea un film, seppur imperfetto, deragliato e pretenzioso, una rilevante opera seconda.

I predatori
  • Castellitto, Pietro (Autore)

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Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti, nata a Martina Franca nel maggio del 1991, è una critica cinematografica televisiva, scrittrice e content creator. Dopo essere cresciuta a cinema horror, vampiri e operetta, si è formata a Roma, specializzandosi in storia del cinema, sceneggiatura e critica. Dal 2015 al 2022, è stata penna e volto del sito Lega Nerd, ricoprendo il ruolo di capo redattrice nella sezione Entertainment dal 2019 al 2022. Collabora regolarmente sia su riviste online che cartacee, ed è presente come inviata, moderatrice e speaker presso i principali Festival e Fiere. Attraverso il suo profilo @GabrielleCroix su Twitch, TikTok ed Instagram condivide e divulga l’amore per la pop culture con la sua community e pubblico di appassionati. Ha partecipato all’antologia “Emozioni da giocare” (Poliani, 2021) e “Moondance – Tim Burton, un alieno ad Hollywood” (Bakemono Lab, 2023). Da sempre appassionata di mostri, attualmente è a lavoro su diversi progetti che riguardano la rappresentazione del mostruoso nella società. “Love Song for a Vampire – Etologia del Vampiro da F.W. Murnau a Taika Waititi” (Bakemono Lab, 2023) è il suo primo libro, e non ha intenzione di smettere.

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